Il cultissimo a firma Cocciante si ispira a Hugo e ritorna in Italia, ancora con la coppia Di Tonno-Ponce
Nella fantasia di Victor Hugo la cattedrale di Notre Dame è testimone di un melodramma amoroso. Più di due secoli dopo la pubblicazione del romanzo il mito dell’infelice Quasimodo ha ispirato numerose traduzioni artistiche. Alcune delle riletture più rappresentative si esprimono negli allestimenti teatrali-musicali di Riccardo Cocciante e Luc Plamondon e il loro fortunato Notre Dame de Paris, e sui palchi di Broadway con l’aggiornata edizione del musical The Hunchback of Notre Dame, ravvivato dalle musiche di Alan Menken e i testi di Stephen Schwartz, già autori del commento sonoro dell’omonimo film Disney.
Lo stesso soggetto in drammaturgie disposte entrambe a valorizzare specifiche sfumature, senza perdere di vista il riferimento originale, pur entro prospettive diverse. Solo la versione di Cocciante e Plamondon, infatti, opta per una totale aderenza al romanzo, trasformando le sequenze narrative principali in numeri musicali estesi. L’intenzione di The Hunchback of Notre Dame preferisce invece scrivere ex novo e suggerire: ecco perché il finale si allontana dal lungometraggio di animazione di partenza e recupera alcuni elementi dell’epilogo scritto da Hugo; si riscopre addirittura un personaggio minore, Jehan, il fratello di Frollo, reinventato nel ruolo del padre di Quasimodo; in generale gli altri elementi sviluppano le tematiche e il soggetto già affrontati nella pellicola animata ma il linguaggio teatrale obbedisce a un’impostazione nuova, concentrata, come per Notre Dame de Paris, su un accostamento di quadri, in un’ottica minimalista, contrapposta alla solennità registico-scenotecnica del musical francese. La rappresentazione disneyana predilige un approccio più raccolto, riducendo l’assetto scenografico a circoscritti momenti sfarzosi, affidando così al tessuto sonoro il potere di incantare e espandere l’atmosfera, mentre Cocciante e Plamondon si basano su un forte impatto drammatico e visivo. Musica e regia si muovono di pari passo per esaltare l’anima malinconica della matrice romanzesca, come in un elogio dell’ombra, lambita dalla luce fioca dell’amore di Quasimodo per Esmeralda. I toni oscuri non mancano certo anche nell’allestimento di Broadway ma il rapporto tra luci e ombre è molto più pacato a favore di un inno di speranza, sussurrato ma incisivo.
Il confronto tra le due rivisitazioni riguarda soprattutto il processo drammaturgico nella definizione dei personaggi e delle loro modalità interpretative. Quasimodo, Frollo, Esmeralda, Febo, Clopin e Gringoire hanno modo di presentare storie in maniera esaustiva grazie all’intreccio di Notre Dame de Paris; di volta in volta ciascuno offre in scena le proprie aspirazioni, dolori, sogni e preghiere, ritagliandosi uno spazio realizzato appositamente. Ciò accade ugualmente nel lavoro di Menken e Schwartz, però in relazione al personaggio del gobbo, indiscusso protagonista, a cui è dedicato il musical e un prologo sulle sue origini; nello stesso tempo la sua interiorità si pone al centro dell’azione ma non annulla il valore degli altri personaggi, semplicemente collocati in dimensioni distinte tra loro: l’aggraziata Esmeralda disneyana, ad esempio, assume un significato simbolico fondamentale, sia di desiderio fisico sia di amore puro, e tende dunque a raggiungere la stessa importanza del protagonista; anche Frollo ha un percorso approfondito però ciò non si può dire per Febo, rappresentato in accezione positiva rispetto al personaggio originale, e inserito in pochi ingressi, spesso per rafforzare il coraggio nei momenti più conflittuali. È interessante che tra i personaggi il libretto di The Hunchback of Notre Dame introduca sullo sfondo un gruppo di soldati, zingari, popolani, statue della cattedrale, per narrare o interagire specialmente con Quasimodo, secondo il procedimento performativo del coro greco. Durante lo svolgimento della vicenda spesso gli attori si riferiscono ai loro personaggi in terza persona, per un attimo fuori dall’immedesimazione, evocando un leggero effetto di straniamento brechtiano.
Non esiste musical senza l’intervento dominante delle canzoni e della loro funzione narrativa. Assoli, concertati, cori imponenti scorrono parallelamente nell’uno e nell’altro intreccio. Da un lato si riconoscono delle somiglianze notevoli tra i brani, dall’altro si nota la scelta musicale specifica da parte dei compositori. Nel primo caso ci sono canzoni simili per contesto ma non necessariamente per stile (Rhythm of the Tambourine e Esmeralda/Belle. Topsy Turvy/La Fête des fous e Le Pape des fous . The Court of Miracles/La Cour des miracles ) e in successiva istanza si può trovare una serie di brani simili a livello testuale o concettuale, legati specialmente ai monologhi cantati dai protagonisti (God Help the Outcasts/Ave Maria païen. Top of the World/Ma maison, c’est ta maison. Hellfire e Tavern Song/Être prêtre et aimer une femme e Tu vas me détruire. Made of stone/Dieu que le monde est injuste. Dettagli dei due finali.). A un livello complessivo sia Notre Dame de Paris che The Hunchback of Notre Dame puntano al virtuosismo rispettivamente tramite il ricorso a sonorità pop moderne, ricche di note enfatiche e, in parte a un tentativo filologico nella maestosità della musica gregoriana in sottofondo, in parte a un lirismo crescente e all’uso ponderato di leitmotiv, cari alla poetica “menkeniana”.
Con una versione stilisticamente più classica, Alan Menken e Stephen Schwartz scegliono uno sguardo sentimentale accanto alla ricostruzione più audace e graffiante di Riccardo Cocciante e Luc Plamondon; tuttavia le due rappresentazioni passano in rassegna, ora accennando, ora soffermandosi, tutti gli aspetti che questa tragica storia d’amore contiene, da quelli romantici a quelli arditi. Ciò vale anche per il musical disneyano, più ottimista, come indica il “main theme” Someday, ma capace di mostrare anche il buio e di adottare un approccio maturo nella scrittura dei testi e nella raffigurazione dei personaggi. Il contenuto emotivo del testo di Hugo, al di là della cornice estetica, è dunque restituito in entrambe le opere nella sua sensibilità; gli amori tormentati di Quasimodo ed Esmeralda raggiungono il cuore del pubblico e lasciano un segno profondo, ovvero un traguardo meritato per la passione autentica, che si può indubbiamente percepire nei lavori di questi quattro artisti.
Notre Dame de Paris, fino al 27 marzo al Teatro Linear Ciak