Il cantautore siculo-brianzolo torna con “Molti Mondi”, un disco a sorpresa fatto di due anime opposte e complementari. Abbiamo fatto due chiacchiere sul disco, ma anche sui suoi progetti futuri, concerti compresi
È il 21 dicembre, e il pensiero è tutto rivolto alla playlist per il pranzo di Natale. Così, mentre cerco qualche chicca per stupire parenti e amici a tavola e al tempo stesso soddisfare le mie orecchie, ecco che vedo comparire sui social un post che mi fa drizzare le antenne:
Sorpresa di Natale 🎅 / No teaser, no preview, no release party 🚫MOLTI MONDI è il nuovo album di One Boy Band e da oggi…
Pubblicato da One Boy Band su Venerdì 21 dicembre 2018
One Boy Band, alias Davide Genco, alias la voce dei LoveShowerLove nonché l’ideatore e frontman della Into the Wild Night, pubblica a sorpresa Molti Mondi, secondo lavoro dopo l’ottimo esordio 33 giri di boa. Conoscendolo e avendolo sentito suonare in diverse occasioni, mi aspetto ukulele, loop station e in generale quel mood allegro ma con tinte quasi grunge che caratterizzava il primo disco. E invece mi trovo di fronte a qualcosa di completamente nuovo.
Quattro brani eseguiti in due versioni diverse. Nel Mondo A i pezzi sono carichi di elettronica, con drum machine, vocoder, synth; nel Mondo B, invece, sembra di stare seduti di fronte a Davide, in un’atmosfera più che intima, ad ascoltare come nasce un brano dei suoi.
E allora abbandono almeno momentaneamente il mio progetto di playlist natalizia e mi immergo nell’ascolto ripetuto di questo disco, che al primo ascolto stupisce, al secondo intriga e al terzo conquista definitivamente. E così è inevitabile, alla prima occasione, scambiare due parole con l’autore stesso.
Davide, un album inaspettato, sotto tutti i punti di vista. Eppure, ascoltandolo, si percepisce che questi pezzi non sono affatto casuali, ma anzi nascono da un bisogno preciso.
Dopo il grosso investimento – emotivo ed economico – fatto su 33 giri di boa, avevo deciso di prendermi una pausa come One Boy Band e limitarmi a proporre online delle piccole cose ogni volta che ne avessi avuto l’urgenza. Non pensavo però che avrei avuto nuove idee per canzoni così presto, ma è quello che è successo, in maniera molto naturale. A portarmi a scriverle è stato un mix di bei concerti visti in giro per l’Europa e di esperienze di vita inattese che ho voluto identificare con delle parole chiave.
Come nascono i brani di Molti Mondi? In genere dalla versione pop/rock si passa al remix, invece tu spingi prima l’elettronica e poi la versione “suonata”. L’impressione è che per certi versi la parte elettronica sia quella più “vera”, e quella acustica invece sia quella che riporta questi brani all’atmosfera più intima e cantautorale che già avevamo visto nel primo disco.
Casa nasce da un giro che mi è entrato in testa di notte, Velocità è stata scritta dopo aver visto un bagnatissimo concerto dei Dinosaur Jr, Perdita è la prima canzone che ho scritto in fingerpicking e Tecnologia è arrivata pure di notte.
Di solito lavoro molto sulla struttura e sui testi dei brani prima di registrarli, mentre questa volta ho registrato subito dei provini molto grezzi per capire in primis meglio io cosa stavo scrivendo. A quel punto sono andato a vedere un concerto dei Nails And Castles, gruppo di amici dove milita Marco Chiodi, il bassista della mia guitar band, i Love Shower Love. Lì ho capito che la sua capacità con synth e tastiere avrebbe potuto trasformare i brani in qualcosa che non avevo mai fatto prima. Gli ho mandato i provini e dato carta bianca: quello che ne è uscito mi è piaciuto immediatamente, perché trovo sia riuscito a isolare quale fosse l’idea che sorreggeva ogni canzone e giocarci per valorizzare il brano e farlo diventare altro dall’idea originaria.
E poi…
Nel frattempo, stavo ascoltando tantissimo Eels, il cui padre morto prematuramente è stato l’ispiratore dell’Interpretazione a Molti Mondi, che sostiene l’esistenza di più universi basati sulle nostre molteplici scelte (si ispira a questo concetto anche il film Mr. Nobody): da lì è nata l’idea di concepire il disco come un “multiverso”, proponendo entrambe le versioni dei brani nella loro veste elettronica e in quella originaria. L’idea di mettere prima la parte elettronica è voluta: così come nelle relazioni con le persone prima esce fuori la nostra sovrastruttura e poi quello che siamo veramente, volevo riprodurre lo stesso tipo di dinamica nell’esperienza di ascolto del disco.
Quindi anche il processo di registrazione è stato immediato, giusto?
Sì, devo dire che le registrazioni vere e proprie sono state comunque molto rapide, io e Marco abbiamo lavorato da remoto e ci siamo visti solo per una parte di vocoder. Sulla parte “intimista” ho gestito tutto io: per mantenere al massimo questo senso di immediatezza e “confessione” mi sono imposto strettissimi limiti sulle sovraincisioni.
E dal vivo, invece, come pensi di affrontare questa duplice identità dei brani?
Sto lavorando a degli arrangiamenti che prendano le cose migliori dei pezzi da Mondo A e da Mondo B, creando una “fusione” che sia anche riproducibile con gli strumenti che abitualmente suono come one man band: loop station, chitarre, ukulele. Sto anche cercando di introdurre più campionamenti vocali e una drum machine nel live set.
Molti Mondi per certi versi amplia gli orizzonti rispetto al precedente: a quali artisti ti sei ispirato? Azzardiamo i Bon Iver, soprattutto nella loro versione più recente.
Sicuramente l’ultimo Bon Iver è stato il riferimento più evidente: non è un caso che prima di registrare il disco proprio con Marco fossimo stati all’Haven – grosso festival estivo danese organizzato da membri dei The National – dove erano headliner. Abbiamo incontrato Justin Vernon la sera prima del live mentre chiacchierava con un amico bevendosi una pinta di birra sul molo, io mi sono limitato a salutarlo e a schiacciargli un cinque. Ma importantissimo è stato per me anche l’ultimo disco dei Low, Double Negative, che portava avanti in maniera molto solida questa idea di decostruzione dei brani in studio.
Il 2018 è stato un anno importantissimo per te (con l’esplosione della into the wild night). Iniziare il 2019 con la tua parte più “intima” cosa significa? Che progetti hai per quest’anno? Senza dimenticare i Love Shower Love.
D. La Into The Wild Night è stata un’esperienza probabilmente irripetibile, con tutti quei sold-out nei più grandi locali italiani del Nord e Centro Italia. Ma, ti confido in esclusiva, non so ancora quanto andrà avanti con me, ci sono degli aspetti che devo chiarire.
Cominciare il 2019 con questa cosa molto intima ha significato per me riappropriarmi delle mie origini di musicista e della mia vera identità, per dire anche a chi mi ha cominciato a seguire nel 2018 che mi piace anche altro, che sono anche altro. Tutti siamo anche altro, no? (Molti mondi, again)
Per quanto riguarda i miei Love Shower Love, inaugureremo l’anno con una manciata di date in giro per l’Italia per portare ancora dal vivo i brani di Common Useless Mistakes.
Rispetto ai miei live come One Boy Band, l’uscita a sorpresa del disco ha portato a un buon riscontro in termini di streaming e sto cercando di proseguire con questa attività promozionale “fatalista”: concerti solo se l’occasione/ l’evento ne vale la pena e se sono messo in condizione di far risaltare i brani al meglio. Vedremo, spero che il 2019 mi stupisca in positivo.
Di certo le premesse ci sono tutte.