Il pianista, colto e sofisticato, si cimenta con la trascrizione. Perché, dice, anche suonando, basta mettere più o meno “pedale” in un passaggio e tutto cambia
Trasformare tutto perché nulla cambi, diceva pressappoco Günter Grass su chi traduce. E in musica come funziona? C’è chi cita e adatta, chi rubacchia o traspone, chi riorchestra, magari sontuosamente o al contrario per asciugare, chi invece reinterpreta e crea davvero qualcosa di nuovo.
Anche il giovanissimo Orazio Sciortino – sofisticato compositore, pianista colto e talvolta direttore d’orchestra – si occupa continuamente di trasposizioni «perché – dice – la composizione stessa è in fondo un atto di riscrittura: il compositore obbligatoriamente trascrive quello che ha in testa».
Ma Sciortino si spinge più in là, fino all’unicità di ogni esecuzione, che traduce di volta in volta diverse intenzioni musicali con variabilità incalcolabile: «Basta mettere più o meno pedale in un passaggio e tutto cambia, anche questo è in qualche modo già trascrivere». Sembra Testori nel finale di Sdisdoré, che avverte il pubblico che lo spettacolo, così come è stato visto, non sarà mai più ripetuto.
Ovviamente il valore di una trascrizione dipende da quanto c’è di personale. «Ad esempio Kurtág nelle trascrizioni dei corali di Bach mette pochissimo di suo: ci lavora tra una composizione e l’altra, anche in periodi di crisi creativa». Invece Busoni, che di Bach reinterpreta la Ciaccona per violino, stravolge il pezzo completamente e cambia il sistema di riferimento, «perché non è interessato a un’operazione filologica, ma a una rilettura attraverso il suo stesso sguardo». Un altro maestro di trascrizioni è Liszt: «nel Requiem per piano solo è molto rispettoso dell’originale mozartiano, mentre al contrario nelle parafrasi vuole proprio intervenire».
Ovviamente una trascrizione vale «se è una trascrizione d’arte, in cui si cerca di rendere l’idea del timbro originale degli strumenti, oppure al contrario se diventa una sfida orchestrale: in questi casi pare che il compositore cerchi se stesso attraverso il testo altrui, come Respighi con Bach, o Ravel con Mussorgsky, curiosamente entrambi incaricati da Koussevitzky per degli adattamenti oggi di repertorio».
Questo vale per chi ascolta, ma come gestire due autori contemporaneamente quando si suona? Forte di un raffinato programma con diverse trascrizioni, eseguito a Milano nella cornice déco di Villa Necchi Campiglio il 6 di febbraio, Sciortino ha parecchi esempi a disposizione. «Con la Ciaccona di Bach-Busoni sono più su Busoni, anche se mantengo la gestualità di Bach, mentre con Respighi – in programma le Cinque antiche danze e arie per liuto – penso al pianismo barocco, anzi vivo l’esecuzione come se avessi di fronte un complesso barocco da dirigere».
Ma anche come compositore Sciortino conta nel suo catalogo diverse esperienze di trascrizioni, ognuna con un suo specifico scopo e con un diverso intervento artistico. «Ad esempio, nonostante esistano già altre trascrizioni della Suite dal Rosenkavalier di Strauss, io ne ho aggiunta una per pianoforte riassemblando quello che volevo io e sforzandomi di ricreare con il pianoforte gli effetti orchestrali, mentre nei tre pezzi di Ravel da L’Enfant et les sortilèges ho potuto tenere conto dei gesti pianistici del suo repertorio: le trascrizioni riescono meglio quando il compositore ha scritto anche per pianoforte». E ancora con il lavoro fatto per Sur le tombeau de Pergolesi Sciortino ha usato «alcuni frammenti, ma come citazioni in filigrana rese il più opache possibile, quasi delle evocazioni; un’operazione paragonabile a quella sulle canzoni per liuto di John Dowland da Thomas Adès nel suo Darkness Visible».
Legalmente esiste una commissione Siae che definisce proprietari vecchi e nuovi e spartisce i meriti con pesi e misure, in base alla fedeltà rispetto all’originale. Così un’opera può restare al proprietario iniziale, passare al nuovo o ritrovarsi sospesa tra gradi intermedi di affidamento congiunto – come i Quadri da un’esposizione, che cito in italiano, nel dubbio perenne tra russo e francese.
Società del Quartetto, Recital di Orazio Sciortino, Villa Necchi Campiglio