Osessione 2: parole, parole, parole

In Interviste, Weekend

Con chi giocare se non con Alessandro Bergonzoni? Il quale si è prestato volentieri e da par suo al nostro ossessivo questionario di Proust…

Nome: Alessandro

Cognome: Bergonzoni

Età: 56

Professione: Artista

Segni particolari: colmo

Altri particolari: un certo sentore

Se dico la parola ossessione ti viene in mente…
Ritmo, battito, rumba plenaria, compulsione capace e sorella, mai nemica, energia frequenza, vibrazione.

La parola è un’ossessione?
Assolutamente no, lo è il pensiero che mi e la fa danzare; la parola resta colei che: colei che è agìta, colei che cabra, colei che abita e trasloca mentre abita, colei che sparla di te alle spalle chiedendo alle spalle ali, sapendo che si cabra a suon di battiti e battiti e battiti…

Ossessione positiva o negativa? O ambivalente?
Sto al gioco: ambivalentemente né negativa né positiva. Qui non si tratta di bello brutto buono o cattivo, caso mai di tuono o attivo, di gangli per i fulmini ( e non parafulmini) di tellurica dell’altro e dell’alto, di ben altra terra, ben altri vasi e soprattutto altri davanzali.

Perché?
Perché la parola è pura emanità, si ripercuote, se corrente circola, e scuote. È granchè che s’accende, la deflagra, la alluna (e viceversa).

Quando è nata la tua ‘ossessione’ personale per le parole?
Tutti continuano a credere che io ami le parole, ma il tema è che le parole amano chiunque ci si metta in frequenza e le capti, come detto sopra, è la frequenza che fa esaltare la parola che l ‘accende che la ” nasce o la muore”.

Com’è diventata la tua espressione artistica?
Non lo è diventata (la mia espressione artistica è comprensiva d’altro). Ma sembra così a quelli che credono di vedere gli alberi con gli occhi (propri) e non riescono a vedere gli alberi con gli occhi (cioè proprio le pupille tra i rami…)

Che cosa ti ossessiona in teatro (nel tuo e in quello degli altri)?
In quello di molti, nel senso più triste, mi ossessiona di noia lo stantio di chi trova fascino nelle tavole del palcoscenico e magari ci vorrebbe morir su, tutto quel retoricume tra attore camerino quinte e varie balle, compreso la maschera e il vero, la persona e il personaggio. Nel mio invece, un po’ del resto.

La parola che più ti ossessiona?
Nel senso della meraviglia è infinire.

La parola che non sopporti?
Sfida? Valori? Attualità? Informazione? Sogni? Ironia?

La parola più abusata?
Quella in bocca a chi crede che si parli solo con quella.

La parola che si adatta al tempo presente?
Benbuio.

Una parola buona per noi di Cultweek…
Lineadinonfine.

Foto: courtesy Alessandro Bergonzoni

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