Paolo Rossi a Versailles: il celebre attore italiano si ispira a Molière nello spettacolo in scena al Piccolo Teatro Strehler
Uno spettacolo perennemente in prova, una continua alternanza tra realtà e finzione, un omaggio alla Commedia dell’Arte: tutto questo è Molière: la recita di Versailles, in scena fino al 24 gennaio al Piccolo Teatro Strehler. Lo spunto nasce dalla curiosa Improvvisazione di Versailles, commedia scritta da Molière nel 1663 in poche ore, facendo seguito alla richiesta di Luigi XIV di realizzare uno spettacolo tutto nuovo in pochissimo tempo per allietare la sua corte.
In un contesto di schermaglie e rivalità fra compagnie operanti all’epoca, l’autore di fiducia del Re Sole ne approfitta per dire la sua sull’arte drammatica e sui teatranti, inventandosi un soggetto che vede lo stesso Molière protagonista, insieme alla sua compagnia, alle prese con le prove di uno spettacolo e con le problematiche che gli attori devono affrontare quotidianamente, quali la creazione del personaggio, la memorizzazione del testo, la recitazione, la convivenza dietro le quinte.
Dopo la riscrittura a sei mani realizzata da Stefano Massini, Paolo Rossi e Giampiero Solari, al testo originale di aggiunge un livello ulteriore che amplifica il gioco di specchi: entrando in scena, Paolo Rossi si presenta come se stesso alla guida della sua compagnia, ma ben presto diventa Molière che dà direttive ai suoi commedianti, i quali mettono in scena testi dell’autore francese. Come una matrioska che si apre e si chiude, il passaggio da un livello all’altro è continuo, in un vorticoso gioco di specchi tra passato e presente, tra realtà e finzione, arricchito da scene improvvisate che ne rendono ancora più imprevedibile la configurazione.
Per quanto questi virtuosismi pirandelliani siano inizialmente godibili, nella seconda parte dello spettacolo peccano di ripetitività, oltre a generare momenti di smarrimento nello spettatore. Probabilmente per questo motivo gli autori hanno sentito il bisogno di inserire una pedante introduzione esplicativa, un “manuale d’uso della serata”, alleggerita dagli aneddoti comici e dalla personalità istrionica di Paolo Rossi.
Ed è proprio il comico friulano a reggere sulle sue spalle l’intero spettacolo, in cui il brio del protagonista spicca nelle scene di raccordo in solitaria e nei brillanti duetti con Lucia Vasini, mentre restano in secondo piano, nonostante la bravura degli attori, le scene corali delle prove.
Il capocomico Rossi/Molière trascina così lo spettacolo in un’atmosfera da commedia dell’arte, e la regia di Solari sottolinea questo riferimento inserendo in scena un palco in legno, con ai due lati lo spazio per i musicisti (I Virtuosi del Carso, che suonano dal vivo) e per il bivacco degli attori in pausa, alla maniera dell’Arlecchino strehleriano.
Con una gigantografia del volto di Molière sullo sfondo a mo’ di Santo protettore, tra una prova e l’altra si (s)parla di chi il teatro lo fa e lo vive. E se nel ‘600 i destinatari di questi commenti non proprio lusinghieri erano le compagnie rivali di Molière, o in generale i detrattori di quest’ultimo, ai giorni nostri Rossi coglie l’occasione per lanciare frecciatine alle lobby e ai circuiti teatrali, agli artisti adulatori, agli onnipresenti teatranti che attendono fuori dalla porta delle Istituzioni.
Terminate le due ore che Molière aveva a disposizione, scandite da un timer che scorre sul fondale per tutta la durata della pièce, si chiude il ciclo di prove e con esso lo spettacolo, di cui ricorderemo soprattutto la bravura di Paolo Rossi e di Lucia Vasini (eccezionale nelle scene mimiche con maschera) e i deliziosi aneddoti sulla vita teatrale che ci hanno fatto sorridere.
Molière: la recita di Versailles, in scena fino al 24 gennaio al Piccolo Teatro Strehler