L’ottimo regista di “Il profeta” e “Dheepan” racconta una enclave libera e multietnica tra le torri dell’Olympiades. Sulla sua giostra salgono una ragazza cinese scontenta, un professore di lettere dongiovanni, una studentessa di legge in fuga e una cam girl disinibita. Il loro carosello è senza regole e seducente, ripreso in un bianco e nero che si tinge di tutti i colori del corpo e dell’anima
Èmilie (Lucie Zhang), protagonista del nuovo film di Jacques Audiard Parigi, 13Arr, è da tempo in rotta con la sua famiglia cinese: ma non guadagna abbastanza per essere indipendente, e così le tocca abitare nell’appartamento della nonna, molto malata e ricoverata in una residenza per anziani. Per far quadrare i conti decide di subaffittare una stanza a Camille (Makita Samba), professore di lettere un po’ svogliato e con una certa propensione a consolarsi fra le braccia della collega di turno. Fra i due scocca l’amore, o forse no, forse è solo sesso. O magari è qualcosa di ancora diverso, e c’è solo bisogno di respirare un po’ e prendersi del tempo.
Intanto, sulla giostra dell’amore e del desiderio salgono anche Nora (Noémie Merlant), studentessa di legge in fuga dalla provincia e incerta sul futuro, e Amber Sweet (Jehnny Beth), cam girl disinibita e apparentemente cinica, pronta a mostrare il proprio corpo nudo a chiunque ma non a rivelare i propri sentimenti. Amici e amanti, passioni ed emozioni si dispongono sui vari ripiani di questo carosello e disegnano a poco a poco un mondo liquido e seducente, rigorosamente ripreso in bianco e nero ma ugualmente capace di dipingere tutti i colori dell’arcobaleno.
Il titolo originale, Les Olympiades, è più preciso, ma incomprensibile per chi non conosce questo pezzetto di Parigi, situato nel cuore del 13° arrondissement ma rinserrato come una sorta di alto fortino di cemento, isolato rispetto al resto del quartiere. Un quartiere che negli ultimi due decenni è cambiato moltissimo, da quando la costruzione della Bibliothèque Nationale de France voluta da Mitterrand ha portato nuova linfa in quest’area di periferia a ridosso della Senna e già protesa verso la banlieue. Ma le torri dell’Olympiades erano già lì (risalgono agli inizi degli anni Settanta) e sono sempre state un’enclave prevalentemente orientale all’interno di un arrondissement decisamente multirazziale. Una dozzina di torri disposte intorno a un’enorme spianata, e quelle più alte prendono il nome delle città che hanno ospitato i giochi olimpici, da Sapporo a Città del Messico, da Helsinki a Tokyo.
Un universo verticale e grigio, privo di particolare bellezza ma aperto verso il cielo, e da cui Audiard è ben deciso a non uscire. Infatti, il resto della città praticamente non si vede: qualche vagone della metropolitana, uno scorcio di via, un angolo di marciapiede, nulla di più. Corse e rincorse, dibattiti e fughe, slanci in avanti e timidi movimenti all’indietro sono ritagliati, più che inquadrati, da una macchina da presa che incalza i personaggi, non lascia scampo, non si distrae mai, eppure si rivela capace di uno sguardo morbido, lieve come una carezza.
Nella sua lunga e magnifica carriera Jacques Audiard ha spesso parlato di violenza e crimine, dissodando e incendiando i territori del polar, fin dai tempi del crudele Il profeta. Ma gli è già capitato di parlare di amore e di sesso, per esempio con Un sapore di ruggine e ossa, melodramma raffreddato e privo di sentimentalismi, a tratti impietoso. Qui, grazie anche alla sceneggiatura firmata insieme a Céline Sciamma e Léa Mysius, il regista francese sembra aver imparato un’inedita leggerezza, uno sguardo lieve, capace di sospendere il giudizio e di far muovere i suoi attori (tutti giovani, sconosciuti e bravissimi) con magnifica disinvoltura. Spesso si utilizza l’aggettivo “liquido” per parlare della nostra società, ecco, il film di Audiard sembra possedere proprio questa capacità “liquida” di cogliere la cangiante mutevolezza dei sentimenti, la fragilità dei destini individuali, la palpitante forza degli intrecci di amori e disamori. Tra cielo e terra, tra destino e libertà.
Parigi, 13Arr. di Jacques Audiard, con Lucie Zhang, Makita Samba, Noémie Merlant, Jehnny Beth, Anaïde Rozam