L’Orchestra Sinfonica di Milano sceglie per questo particolare periodo dell’anno l’opera forse più mistica e spirituale di Wagner della quale mette in scena in forma di concerto il secondo atto. Sul podio il direttore d’orchestra spagnolo Pablo Heras-Casado
Nell’aria sempre più pungente dell’inverno fa capolino il Natale – o Santo Natale, come usava dire mia nonna. E di santo domani giovedì 15 e venerdì 16 arriverà anche una delle opere più religiose della storia della musica occidentale. L’Orchestra Sinfonica di Milano, infatti, proporrà il secondo atto del Parsifal wagneriano insieme alla trentottesima sinfonia di Mozart, la cosiddetta Praga, offrendo la rara occasione di ascoltare dal vivo, più ancora che la musica del genio musicale di Salisburgo, già tanto celebrato, quella del non meno geniale compositore di Lipsia. D’altra parte si sa, o almeno si crede di sapere, che la sua musica è “difficile”. Le opere di Wagner sono affascinanti, non si può negare, ma complesse, lunghe e a tratti faticose.
Ma Wagner suscita anche tanto fermento intorno a sé, fermento testimoniato da tre volumi recentemente scritti da altrettanti importanti musicologi: l’americano Alex Ross, il francese Jean-Jacques Nattiez e il nostro, last but not least, Federico Capitoni. Tre tomi, i loro, che affrontano l’opera e il pensiero wagneriano secondo diverse prospettive, dal presunto antisemtismo a una più generale riflessione sull’impatto che le sue partiture hanno avuto sulla cultura occidentale. Eppure la sua musica è ancora relativamente sconosciuta, come se la sua figura affascinasse il nostro immaginario più di quanto non facciano i suoi celebri leitmotiv o le sue raffinate orchestrazioni.
Per questo può essere utile avvicinarsi alla musica di Wagner direttamente, senza troppe mediazioni. Non era Calvino che sosteneva che uno scrittore dovesse essere giudicato dai suoi scritti e non dalla propria vita? E, allora, addentriamoci nella sua opera.
Parsifal è una partitura imponente, certo, ma non solo per le dimensioni. Sotto la bacchetta del Maestro spagnolo Pablo Heras-Casado, direttore d’orchestra versatile che si trova a suo agio sia nel repertorio sinfonico e operistico sia nella musica contemporanea, potremo seguire la lucidissima conduzione che, nota dopo nota, ci dischiude i segreti del Parsifal.
A livello compositivo Wagner aveva sviluppato una tecnica piuttosto originale di chiara derivazione tedesca, molto rigorosa e moderna, simile (non sembri questa considerazione irriguardosa) a quella che ora siamo abituati a seguire al cinema: pochi temi ben riconoscibili associati ad altrettanti personaggi, luoghi o entità in generale.
Anche nel Parsifal, ultimo lavoro del musicista, un dramma mistico che ha avuto una lunga gestazione, i temi si intrecciano senza soluzione di continuità formando una trama sorprendentemente fitta e affascinante. La storia riprende la leggenda del Sacro Graal che Wagner aveva già affrontato molti anni prima nel Lohengrin. Questa volta il cavaliere Parsifal dovrà sconfiggere Klingsor (Samuel Youn), un mago cattivo, per poter riprendere la lancia che ferì Cristo sulla croce e, così facendo, guarire il re Amfortas, proprietario del Sacro Graal. Nel secondo atto, proposto all’Auditorium in forma di concerto, Parsifal dovrà fronteggiare le fanciulle-fiore di Klingsor, in una scena iniziale memorabile. Dopo aver resistito alle loro tentazioni, riuscirà a sconfiggere lo stregone ottenendone la lancia e facendone sparire il castello costringendolo a fuggire. E in tutto questo dovrà anche vedersela con la complessa e fatale figura di Kundry (Marina Prudenskaya).
Famoso per aver restituito vita ai miti e alle leggende folkloriche germaniche, soltanto nell’ultima parte della sua vita Wagner si rivolse al cristianesimo, guadagnandosi anche le critiche (aspre ma ben note) dell’ormai ex-amico Nietzsche. L’Olandese volante, L’anello dei Nibelunghi, I Maestri cantori di Norimberga, Tristano e Isotta sono tra i titoli più celebri della sua produzione tra i quali certo c’era l’imbarazzo della scelta. E invece è stato selezionato in modo del tutto appropriato per il periodo prenatalizio un lavoro religioso e spirituale quale è Parsifal.
Come ricordavamo all’inizio, inoltre, al secondo atto dell’ultima opera di Wagner sarà affiancata la superba sinfonia in re maggiore di Mozart, che non ha certo bisogno di presentazioni. Ma, in proposito giova qui riportare quanto opportunamente ricordato nelle note di programma: “Secondo Adorno, l’ultimo Wagner ricava la qualità di uno stile della vecchiezza che secondo l’espressione di Goethe ‘rinuncia all’apparenza’. Lo stesso si potrebbe dire anche dell’Ultimo Mozart e delle sue ultime Sinfonie.”
In copertina: Pablo Heras-Casado