Fino al 25 marzo è possibile visitare presso Osservatorio Futura di Milano la mostra “At the end, it was just a speck of dust, trying to affirm its existence”, bipersonale dei giovani artisti Jimmie Milani e Giulia Querin. Parafrasando la citazione di Adam Harper sulla nascita del Vaporwave, i due artisti dialogano in modo totalmente libero ed imprevedibile che nasce dalla necessità – libera e quindi utopica – da parte delle opere di trovare arbitrariamente una posizione e affermare la propria ragione d’esistenza.
In un piccolo e intimo vano – che con la serranda tirata giù appare come un garage o un ripostiglio – si cela Osservatorio Futura, spazio omonimo al duo di curatori che lo gestisce composto da Francesca Disconzi e Federico Palumbo. Prende vita al suo interno una programmazione di mostre e progetti privi di appuntamenti fissi, gli eventi si susseguono senza un calendario preciso sul filo della volontà e necessità di espressione dei due fondatori. Lo scorso 22 febbraio ha inaugurato una mostra che molto riprende, casualmente o intenzionalmente, dal nome dello spazio: At the end, it was just a speck of dust, trying to affirm its existence, bipersonale di Jimmy Milani e Giulia Querin. Un granello di polvere che cerca di affermare la sua esistenza ci rimanda subito alle micro-particelle presenti nello spazio che fluttuano in quello che mai potrebbe essere definito ‘vuoto’ cosmico, proprio per via della loro presenza. Ci rimanda però anche a noi stessi, eternamente ignari di come e perchè siamo finiti su questo pianeta, esseri viventi che ogni giorno necessitano di uno scopo per giustificare la propria presenza all’interno di questo universo. Lo spazio-vetrina, visibile dalla strada e soprelevato rispetto a essa da un gradino, ci svela da fuori soltanto una piccola porzione di pavimento e la parete centrale. Cospargono il suolo piccoli oggetti di ceramica che senza un apparente ordine giacciono. Appaiono lì quasi per caso, come se fossero caduti accidentalmente dalla tasca di qualcuno. Tornano i granelli di polvere, immobili ai nostri occhi ma in continuo movimento, mutamento… forse quando nessuno li guarda cambiano ordine, si spostano.
Stelline, nuvolette smaltate e strane manine ondulate sono le forme che assumono i lavori in ceramica realizzati da Giulia Querin; si raggruppano in mucchietti vicino agli angoli della sala e qualcuno si arrampica sulle pareti, una stella è arrivata persino fino al soffitto. Ma è quando ci troviamo al centro dello spazio e ci guardiamo intorno che una miccia si accende e illumina il contesto nel suo complesso. Due tele di grandi dimensioni, firmate da Jimmy Milani, si osservano dalle pareti opposte della sala, sotto di loro due strisce di neon le cospargono di luce. La tensione fra i due poli è palpabile e i fasci luminosi la accrescono. Una lo specchio dell’altra, assistiamo all’incontro tra un soggetto e il suo alter ego, tra la copertina di un libro e l’universo immaginifico descritto al suo interno: siamo quasi di troppo, sembra di disturbare. Alla nostra destra una figura abbozzata sfoglia le pagine di un manuale, il tratto è ormai tipico degli ultimi lavori dell’artista, linea blu e linea rossa formano immagini che sembrano uscire dalla tela nel tentativo di rompere la bidimensionalità propria del medium pittorico. Intorno a lui nuvolette stilizzate – che ricordano quelle a terra – recitano tra le più importanti formule di fisica teorizzate. Lo sfondo, forse vero protagonista del quadro, magma violaceo ottenuto dai due colori primari utilizzati, immerge l’intera scena nell’ignoto cosmico: nel nulla, nel tutto. È un autoritratto che, citando il titolo, sogna di comprendere i limiti dell’esistenza. Il suo opposto inscindibile è una tela nera sulla quale avviene qualcosa in bilico tra un’esplosione e un vortice che risucchia la materia circostante.
Con un moto oscillante viene voglia di tuffarsi dentro al quadro, facendosi aspirare dalle trame della tela concentrate al centro del perimetro. Ancora una volta è evidente il tentativo di giocare con una terza dimensione spaziale, in questo caso meno evidenziato dalla tecnica pittorica, ma risolto perfettamente nell’apparato installativo della mostra. Nonostante i lavori dei due artisti siano molto diversi tra loro, si legge una chiara sinergia: le grandi tele di Milani sembrano esondare dai confini del telaio tramite le ceramiche di Querin, un big bang che avviene sotto molteplici punti di vista: il continuo rinvio all’universo, il titolo della mostra, la scelta iconografica operata dai due artisti, il nome dello spazio. I rimandi appaiono estremamente naturali e per nulla forzati, siamo catapultati in un’altra dimensione con un atteggiamento simile a quello della realtà immersiva, effetto operato senza alcun ausilio della tecnologia. All’interno dello spazio minuto tutto è dilatato, siamo allo stesso tempo giganti e granelli di polvere, materia astrale e formiche che zampettano su un piccolo pianeta. Dove andiamo non si sa. Ma continuiamo a fluttuare.
In coperetina: installation view di “At the end, it was just a speck of dust, trying to affirm it’s existence”, bi-personale di Jimmy Milani e Giulia Querin, foto di Davide Dambra