Dall’acclamatissimo Ripley ad un Zingaretti ‘carcerario’ l’offerta di stagione delle serie tv si tinge di oscurità e intrigo
Aprile, il più crudele dei mesi… sembra proprio di sì, guardando le uscite seriali di queste settimane in bilico tra pioggia e sole, l’estate che verrà e l’inverno non ancora del tutto passato.
A proposito di crudeltà, la serie imperdibile del momento è Ripley (su Netflix). Nei panni di Tom Ripley, magnifico personaggio creato da Patricia Highsmith nel 1955 (e portato sugli schermi tra gli altri da Alain Delon, Dennis Hopper e John Malkovich), questa volta c’è Andrew Scott e il mix di fascino letale e repulsione, amore e avidità, ossessione e paura è semplicemente perfetto. Merito del talento di Steven Zaillian (regista e sceneggiatore) e di una fotografia in bianco e nero (firmata da Robert Elswitt) che abbacina e perturba, e riesce a tenere alla larga ogni sospetto di folklore meridionale – quello che aveva reso insopportabile la versione di Anthony Minghella, del 1999, con Matt Damon, Jude Law e Gwyneth Paltrow. Qui nel ruolo dell’incauto playboy Dickie c’è l’incolore Johnny Flynn ma la sua fidanzata Marge ha il volto inquieto di Dakota Fanning, e nel cast ci sono anche Margherita Buy e Maurizio Lombardi (eccellente nei panni dell’ispettore Ravini).
Su AppleTv+ è appena arrivata un’altra serie interessante per molti motivi, a partire dall’identità del protagonista: Colin Farrell (anche produttore). Si tratta di Sugar, tentativo di rivisitazione contemporanea di uno dei personaggi più sfruttati da cinema e tv: il detective privato. Farrell è John Sugar, disincantato investigatore californiano incaricato di ritrovare l’amatissima nipote di un leggendario produttore hollywoodiano, Jonathan Siegel. Un incarico semplice in apparenza che finirà col complicarsi perché nella famiglia Siegel tutti sembrano avere un’inquietante propensione alla menzogna. Del resto, anche il protagonista, una sorta di Philip Marlowe cinefilo, nasconde più di un segreto.
È tratta da una storia vera Anthracite, miniserie francese in sei episodi da poco disponibile su Netflix. Ambientata in un’immaginaria cittadina sperduta in mezzo alle Alpi francesi, si ispira esplicitamente a un tragico fatto di cronaca: il suicidio di massa dei membri di una setta, la OTS, Ordine del Tempio Solare, avvenuto nel 1995 sull’altopiano del Vercors, non lontano da Grenoble. Trent’anni dopo una donna viene ritrovata morta nello stesso luogo, uccisa con lo stesso rituale, e passato e presente sembrano pericolosamente entrare in rotta di collisione. A dipanare l’intricata matassa ci penserà Ida (Noémie Schmidt), un’eccentrica detective-nerd specializzata in investigazioni online e cold case, con l’aiuto di un giovane rapper.
Direttamente ispirata a una tragedia che ha segnato la recente storia europea anche la serie da poco disponibile su Disney+ Ci vediamo in un’altra vita. Basata sul libro-intervista Nos vemos en esta vida o en la otra, realizzato dal giornalista spagnolo Manuel Jabois, ricostruisce l’attentato jihadista a Madrid del 2004 – il più sanguinoso commesso sul suolo europeo – dal punto di vista di Gabriel Montoya Vida, detto Baby, che allora aveva appena 16 anni e aveva partecipato al trasporto dell’esplosivo servito ai terroristi per fabbricare le bombe che esplosero l’11 marzo 2004 a bordo dei quattro treni in viaggio tra Alcalà de Henares e la stazione di Atocha, causando 193 morti e duemila feriti. Baby fu il primo a essere condannato per gli attentati e con le sue testimonianze contribuì al maxi-processo del 2007 a carico dei membri del Gruppo Islamico Combattente Marocchino, autore della strage.
Di tutt’altro genere Mary & George, appena sbarcata su Sky e ispirata anch’essa a una storia vera: quella di George Villiers e di sua madre Mary, pronti a tutto – dalla seduzione all’omicidio – pur di garantirsi l’ascesa sociale che la loro ambizione ritiene indispensabile. Il tutto alla corte del figlio di Maria Stuarda, re Giacomo VI di Scozia divenuto poi Giacomo I d’Inghilterra. Sette episodi che pescano a piene mani da un libro uscito nel 2017, dello storico Benjamin Woolley, The King’s Assassin: The Fatal Affair of George Villiers and James I. Intrighi e scandali, sesso e veleni, in bilico tra Bridgeton e La favorita, con due eccellenti protagonisti: la magnifica Julianne Moore e il sempre più interessante Nicholas Galitzine.
Per gli appassionati di fantascienza (e soprattutto di videogiochi) la serie da vedere è naturalmente Fallout, sbarcata da pochi giorni su Prime Video e già in odore di cult. Liberamente reinterpretata (da Jonathan Nolan e Lisa Joy) a partire da un videogioco apparso venticinque anni fa e da allora diventato un vero e proprio oggetto di culto, è un’esplorazione della Terra dopo l’apocalisse, tra lussuosi bunker sotterranei, cinici esperimenti sociali, zombie, mutanti, lande desolate e paesaggi radioattivi. Una serie visionaria, bizzarra, complessa, che fra l’altro ci regala la possibilità di rivedere il Kyle McLahan di Twin Peaks.
Di tutt’altro genere Franklin, miniserie Apple TV dedicata a Benjamin Franklin, ovvero una figura tra le più affascinanti della storia americana. Inventore famoso in tutto il mondo per i suoi esperimenti elettrici, patriota, politico, rivoluzionario, una certa fama da libertino e un grande carisma personale, Franklin viene raccontato in un momento molto particolare della sua vita, quando nel dicembre del 1776 gli viene affidata una missione di assoluta importanza. Deve recarsi in Francia, a Parigi, e convincere Re Luigi XVI e la sua corte che la neonata Rivoluzione Americana non ha i giorni contati, e che l’appoggio dei francesi può essere decisivo per battere gli inglesi. Un prodotto sontuoso, che non esita a prendersi delle libertà rispetto alla realtà storica dell’epoca e forse a tratti esagera volendo a ogni costo strizzare l’occhio al pubblico di oggi. Ma nei panni di Franklin c’è nientemeno che Michael Douglas, uno di quegli attori che da solo vale la visione.
A proposito di attori che da soli sono capaci di conquistare il centro del palcoscenico, segnaliamo infine la seconda stagione di Il re, con Luca Zingaretti di nuovo nei panni di Bruno Testori, direttore del carcere di San Michele finito a sua volta detenuto, almeno fino a quando il capo dei servizi segreti (Fabrizio Ferracane) fa cadere le accuse e lo reintegra nel suo ruolo. In cambio deve far parlare un magistrato (Thomas Trabacchi) finito in carcere perché accusato di omicidio. Insieme a Zingaretti, affascinante campione di un’idea di giustizia a dir poco discutibile, tornano Isabella Ragonese, Anna Bonaiuto e Barbora Bobulova. Otto episodi in onda su Sky e in streaming su NOW: due nuove puntate disponibili a settimana dal 12 aprile. Gran finale il 3 maggio, anche per vedere se verranno lasciati dei nodi aperti in modo da garantire la possibilità di una terza stagione.