Pensare come una montagna è un programma culturale diffuso che nel biennio 2024-2025, alla sua terza edizione, coinvolgerà, oltre agli spazi museali, il territorio della Provincia di Bergamo, dalle zone prealpine ai paesi delle valli bergamasche, fino ai parchi urbani del capoluogo e dei Comuni della pianura. Intento del progetto è creare un percorso di condivisione di esperienze artistiche per riflettere sui temi della sostenibilità e della collettività, oltre ad avviare un dibattito sul ruolo dell’istituzione artistica nel contesto locale, alla luce della prossima apertura della nuova sede di GAMeC.
Nel panorama dell’arte contemporanea italiana, il progetto Pensare come una montagna, promosso dalla GAMeC di Bergamo, si impone come una proposta radicale che ridefinisce il rapporto tra istituzione museale, territorio e pubblico: locale, o forse meglio autoctono, come internazionale. Sabato 8 febbraio 2025, con l’inaugurazione del terzo ciclo della rassegna biennale, è diventato evidente come questa iniziativa non sia solo una serie di mostre ma un vero e proprio esperimento curatoriale che espande il concetto di museo diffuso, coinvolgendo le valli bergamasche e trasformando il paesaggio stesso in spazio espositivo.
L’idea fondante della rassegna si ispira a A Sand County Almanac di Aldo Leopold, testo di riferimento per il pensiero ecologico contemporaneo, che invita a osservare la natura con una consapevolezza sistemica, capace di superare la visione antropocentrica. Tradurre questo concetto in un progetto artistico significa aprire il museo alla complessità del territorio, innescando connessioni tra pratiche artistiche, memoria collettiva e trasformazioni ambientali. È una sfida concettuale, ma anche logistica e curatoriale, che colloca GAMeC tra le istituzioni europee più sperimentali nel campo dell’arte pubblica.
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Il programma della giornata inaugurale ha offerto un itinerario attraverso alcuni luoghi simbolo delle valli bergamasche, sottolineando la volontà di portare l’arte contemporanea fuori dai circuiti tradizionali e di inserirla in un dialogo aperto con il contesto locale. A Zogno la visita alla centrale idroelettrica ha posto l’accento sul rapporto tra energia e paesaggio. Qui è stato proiettato MUT di Giulio Squillacciotti, un artista e regista italiano con un film che esplora il tema del silenzio nelle comunità montane. suggerendo una riflessione sulla perdita delle narrazioni orali e sulla fragilità della memoria collettiva. Squillacciotti lavora tra videoarte, documentario e narrazione visiva. Il suo lavoro esplora la costruzione della memoria culturale e le tradizioni orali, spesso con un approccio che intreccia realtà e finzione. La proiezione di MUT riflette proprio su questi temi, utilizzando il paesaggio montano come spazio di sospensione e perdita del linguaggio. La scelta di presentarlo alla centrale idroelettrica di Zogno enfatizza il contrasto tra la modernità industriale e l’eredità delle comunità locali,un artigianato faticoso e sofferto creando un cortocircuito tra passato e presente.
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Sempre a Zogno, presso Il Cinema Trieste abbiamo assistito alla proiezione del lavoro di Agnese Galiotto, che si snoda lungo la rotta migratoria naturale che attraversa l’Italia e si estende sino al nord Africa, nei percorsi seguiti da molte specie di uccelli. Come il trensito unano di esodi tra paesi, come uccelli migratori che però quando catturati vengono inanellati, schedati.Un corridoio di volo che connette diversi ecosistemi, sottolineando quanto questi fenomeni, il movimento costante, la ricerca di un approdo, la precarietà dell’identità in uno stato di continua trasformazione.
Migratori si concentra sulla complessa interazione tra essere umano e natura, ma la narrazione suggerisce anche una riflessione sul rapporto tra osservazione scientifica e libertà animale.
Il progetto di Galiotto si muove così tra il lirico e il documentario, senza mai cadere nella retorica. Piuttosto, invita a una riflessione profonda sul senso dello spazio e del tempo, sulla condizione dell’erranza come stato esistenziale, sia fisico che interiore. In un’epoca segnata da migrazioni forzate e da identità sempre più fluide, Migratori assume una risonanza universale, diventando un’opera che parla tanto dell’individuo quanto della collettività.
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Arrivati poi Serina al monastero locale nel Chiostro della SS. Trinità ormai al calare della luce e tra un po’ di nevischio. Il sito ha ospitato il progetto vincitore del Premio Bonaldi per la curatela, che quest’anno ha premiato Greta Martina con Fossi io teco; e perderci nel verde, un’indagine sulla relazione tra paesaggio, letteratura e identità culturale. Greta Martina, vincitrice del Premio Bonaldi per la curatela, è una figura emergente nel panorama curatoriale. Il suo progetto Fossi io teco; e perderci nel verde dimostra un approccio raffinato e letterario alla curatela, investigando il paesaggio come elemento identitario e narrativo. Numerosi gli artisti coinvolti: Attila Faravelli, Enrico Malatesta, O Thiasos TeatroNatura (Sista Bramini, Camilla Dell’Agnola, Nora Tigges), Umberto Pellini, Nicola Ratti, Lorenzo Silvestri, Valentina Viviani e Felicity Mangan, che in occasione dell’inaugurazione ha presentato la performance Listening Between the Mountain. La decisione di ambientare la mostra in un monastero di Serina sottolinea un’interessante strategia curatoriale: spostare l’attenzione dall’opera d’arte in sé alla relazione che essa instaura con il luogo, un principio sempre più centrale nella museologia contemporanea.
A seguito della meravigliosa seppur orobica accoglienza ricevuta a Serina presso il monasteri quasi come una processione abbiamo attraversato il paese nel buio e freddo della serata per arrivare al cinema CineTeatro Il Portico.
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Qui è stata presentata Paraflu di Michela de Mattei e Invernomuto, un’opera che interseca cultura popolare, estetica industriale e immaginario alpino. Un intervento che richiama la necessità di decodificare il paesaggio contemporaneo attraverso l’arte, mettendo in discussione le narrazioni consolidate. Michela de Mattei lavora tra scultura, installazione e video, con un’attenzione particolare agli immaginari collettivi e alla cultura materiale. La sua opera Paraflu, realizzata con Invernomuto (duo artistico formato da Simone Bertuzzi e Simone Trabucchi), gioca sulla sovrapposizione tra iconografie industriali, culture underground e mitologie contemporanee. Invernomuto è noto per il suo approccio multidisciplinare che mescola sound art, cinema sperimentale e antropologia visiva. Presentare Paraflu a Serina, un luogo carico di storia montana, aggiunge livelli di lettura che spaziano dal passato prealpino e boschivo alla rilettura delle estetiche della modernità. Ciò che distingue Pensare come una montagna da molte altre iniziative legate al territorio è la sua capacità di inserirsi in un dibattito globale.
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La GAMeC sta posizionando questa rassegna all’interno di un network internazionale di progetti che ripensano il museo e la curatela in chiave espansa, seguendo esempi come la Biennale di Taipei o il programma “Art as Environmental Action” del MoMA PS1. L’arte contemporanea diventa uno strumento per rileggere lo spazio, per riattivare paesaggi e comunità, e per ripensare il ruolo stesso dell’artista nel XXI secolo. La riscoperta di certi territori sotto un certo aspetto più poetico però mi è parso suggestionasse più chi ha scoperto o ri-scoperto questi territori. La saggezza che in alcune riprese è emarsa da parte di chi questi luoghi li vive quotidianamente è disillusa e disincantata, quasi più autentica. In un momento in cui il rapporto tra arte, ambiente e territorio è al centro delle discussioni internazionali, GAMeC propone un modello che potrebbe essere replicato altrove, trasformando le valli bergamasche in un laboratorio a cielo aperto. Il vero invito al pubblico non è solo quello di visitare le opere, ma di vivere il territorio attraverso l’arte, di partecipare ai prossimi appuntamenti con uno sguardo aperto e di lasciarsi attraversare da questa nuova, necessaria, prospettiva: pensare come una montagna.
In copertina: Michela de Mattei e Invernomuto, Paraflu, 2025, film Still, courtesy gli artisti