Gran cast (Giallini e Mastandrea al top) per il miglior film di Paolo Genovese, “Perfetti sconosciuti”: divertendo col graffio rinasce la commedia all’italiana
“Tutti gli esseri umani hanno tre vite: una pubblica, una privata e una segreta”, diceva Gabriel Garcia Marquez. E se un tempo quell’esistenza inconfessabile era ben protetta, nell’archivio della nostra memoria, oggi passa, inevitabilmente, attraverso i nostri telefonini: “Quante coppie si sfascerebbero se uno dei due guardasse nel cellulare dell’altro?”. Benvenuti nel mondo dei Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese, che sono amici da una vita ma in fin dei conti si conoscono a malapena. E benvenuti nel mondo dove gli uomini sono come i pc – “prendono i virus, si impallano e riescono a fare solo una cosa per volta” – e le donne, invece, “assomigliano ai Mac: eleganti, costose e multitasking”.
Interno notte. Prendi tre coppie di amici (più un “non accompagnato”) e mettili una sera a cena. Può sembrare una cena come tante altre, ma invece non lo sarà, perché la padrona di casa propone di mettere i telefonini sul tavolo e accettare di leggere sms, chat e ascoltare le chiamate di tutti a tutti. Pubblicamente. E quello che era iniziato come un passatempo quasi innocente, diventa un vero e proprio gioco al massacro, in cui i piccoli, sporchi segreti di ognuno vengono a galla.
Lo diciamo subito, a scanso di equivoci: Paolo Genovese firma il suo miglior film: c’è qualcosa di Carnage e della commedia francese, in questa cena dove tutto è il contrario di tutto. Ma poi quel qualcosa finisce per esser declinato in maniera italiana, popolare, romana perfino, con continui riferimenti ai temi caldi del nostro presente, dai lavori precari alle difficoltà relazionali.
Il piatto forte è la sceneggiatura, scritta dallo stesso regista insieme a Filippo Bologna, Paolo Costella, Paola Mammini, Rolando Ravello: i dialoghi sono precisi, mai banali, cattivelli, comici al punto giusto. Perfetti sconosciuti è un film di scrittura, concentrato sulle dinamiche che, sms dopo sms, distruggono le certezze e le vite dei protagonisti.
Il resto lo fa l’intesa del meglio degli attori di casa nostra. A partire dal mattatore della situazione, Marco Giallini, nei panni di un chirurgo plastico che nel rapporto con la figlia è più bravo della moglie Kasia Smutniak, psichiatra in crisi. Poi Valerio Mastandrea (da applausi) e Anna Foglietta, sposati da anni e con due bambini, per finire con la coppietta ancora in luna di miele Edoardo Leo e Alba Rohrwacher, navigato tassista lui, timido veterinario lei. A loro si aggiunge l’amico da poco separato (Giuseppe Battiston), che deve presentare agli amici la nuova fidanzata.
Progressivamente verranno svelati i segreti di ciascuno, sino ad arrivare a un finale inaspettato, alla Sliding Doors, amaro ma necessario nel sottolineare l’ipocrisia dei protagonisti. E, in qualche misura, di tutti noi. A Genovese perdoniamo la fin troppo scoperta retorica dell’eclissi lunare e anche qualche controcampo di troppo. Perché ha girato una bella commedia all’italiana, nella migliore accezione del termine.