Da un suo libro, Giancarlo De Cataldo ha tratto con Graziano Diana un interessante documentario sul “Presidente più amato dagli italiani”, che a distanza di tre decenni resta un modello di buona politica e integrità morale. Con varie testimonianze: Napolitano e Bonino, Lerner e Scalfari, Venditti e Zoff
Pertini – Il combattente ripercorre le tappe più significative nella biografia del Presidente della Repubblica più amato dagli italiani: un cittadino di impareggiabile coerenza, socialista per tutta la vita, antifascista indomabile, esiliato e pluricarcerato durante il ventennio mussoliniano, infine partigiano, dirigente politico e protagonista della nuova Repubblica fino a diventarne il settimo presidente, dal 1978 al 1985. Uno spaccato di vita pubblica e personale raccontato con linguaggi diversi, dal documentario alla fiction, fino alla riflessione storica e pedagogica. Un ritratto mai convenzionale di un grande combattente, appunto, che ha attraversato il Novecento e le sue più laceranti contraddizioni: due guerre mondiali, il fascismo, il terrorismo. Ma anche le speranze del boom economico, e di una nuova geografia mondiale che si affacciava a metà degli anni ’80.
Il docufilm è stato scritto e diretto da Graziano Diana e Giancarlo De Cataldo, autore del libro Il combattente – Come si diventa Pertini da cui il film è tratto, qui anche narratore, in sottofondo alle immagini, della vita di Pertini, ricostruita poi attraverso i racconti di testimoni politici illustri o giornalisti di nome, come Giorgio Napolitano, Emma Bonino, Gad Lerner, Eugenio Scalfari, e di personaggi dello spettacolo e dello sport come Antonello Venditti, Ricky Tognazzi e Dino Zoff.
I due registi creano un ensemble di racconti e aneddoti che ci portano ad esultare con il Presidente per il trionfo dell’Italia ai Mondiali di calcio del 1982, e a giocare a scopone sull’aereo del ritorno con Enzo Bearzot, Franco Causio e Dino Zoff. Assistiamo agli innumerevoli incontri con gli alunni delle varie scuole che andavano a fargli visita al Quirinale, perché Pertini era solito sottolineare l’importanza del dialogo con i giovani. Ma conosciamo anche un Presidente più intimo, che racconta il suo rapporto con la moglie Carla Voltolina, incontrata ai tempi della guerra partigiana. E ci commuoviamo con lui guardando le bare delle vittime della strage fascista alla stazione di Bologna del 1980, o di fronte al pozzo artesiano dove l’anno dopo trovò la morte il piccolo Alfredino Rampi, tragedia che tutta l’Italia poté assistere in una pionieristica ma discutibile diretta televisiva durata 18 ore, che stravolse per sempre il rapporto fra informazione e spettacolo.
Il documentario, focalizzato soprattutto sul periodo presidenziale, non tralascia però la sua vita precedente: l’adesione al Partito Socialista di Turati nel primo dopoguerra, l’opposizione al fascismo per cui venne perseguitato e costretto all’esilio in Francia, la cattura e l’incarcerazione dal 1929 fino alla caduta del regime, nel 1943. E subito dopo il suo ruolo di dirigente all’interno del Comitato di Liberazione Nazionale, l’arresto da parte delle SS e l’evasione dal carcere di Regina Coeli, assieme a Giuseppe Saragat, che gli permise di evitare la condanna a morte.
Emergono chiaramente dal film l’opposizione convinta di Pertini al Duce e la sua grande integrità morale, e l’intransigenza dimostrata quando, durante i giorni del carcere, si infuriò con la madre per la richiesta di grazia, fatta a Mussolini, a favore del figlio. L’episodio viene riproposto nel film grazie ad alcuni fotogrammi della pellicola Il giovane Pertini, realizzata da Franco Rossi nel 1993, dove a interpretare il futuro Presidente era l’allora sconosciuto Maurizio Crozza.
Attraverso il montaggio di classici spezzoni di repertorio Rai, ma anche usando linguaggi innovativi come la graphic novel, Pertini – Il combattente, supportato da un’interessante colonna sonora di artisti di generi ed epoche diverse, ricostruisce le pagine salienti della vita del settimo Presidente della Repubblica Italiana in una chiave un po’ pop: adatta a chi questo aggettivo se l’è visto affibbiare all’età di ottant’anni.