Il chitarrista americano, classe 1967, porta al Teatro Franco Parenti un quartetto inedito tutto newyorkese
Peter Bernstein ha elaborato un linguaggio che sa essere moderno con discrezione. È, questa, una caratteristica che lo accomuna agli altri musicisti attivi a New York — Brad Mehldau fra tutti — che insieme a lui, a partire dai primi anni ’90, hanno impresso un nuovo corso al jazz americano.
Dotato di una vena forse meno eclettica, definirlo un tradizionalista sarebbe ingiusto: nella sua musica, sulla lezione dei maestri del passato, gli stilemi del jazz contemporaneo si innestano con naturalezza, quasi dissimulati, a creare un “mainstream” nuovo e perfettamente autocosciente.
Un linguaggio che Bernstein ha dimostrato di saper maneggiare con grande disinvoltura sul palco del Teatro Franco Parenti, il 22 marzo, per il secondo appuntamento della rassegna mattutina domenicale Jazz al Parenti, quarta tappa di una breve tournée italiana che lo vede a capo di un quartetto inedito, con Sam Yahel al pianoforte, Omer Avital al contrabbasso e Gregory Hutchinson alla batteria.
Con loro, tutti praticamente coetanei, il chitarrista ha già collaborato più volte — in particolare con Hutchinson, che lo accompagna sin dal suo secondo disco come leader, Signs of Life (1995)
La combinazione, quasi un all-stars, si rivela felice: mentre Bernstein improvvisa con la fluidità e l’eleganza che lo contraddistinguono, riducendosi quasi al silenzio in fase di accompagnamento, Sam Yahel — qui al piano, ma attivo soprattutto come organista — mostra grande intelligenza nell’interplay e un particolare gusto per il fraseggio spezzato. L’estroso Avital (già passato a Milano recentemente con il suo conterraneo trombettista Avishai Cohen) e l’impeccabile Hutchinson formano una sezione ritmica che dall’up-tempo alla ballad non perde mai un colpo.
Nella scaletta, che procede spedita e (questo sì) molto tradizionale nella precisa successione degli assoli, spicca Jive Coffee, un tema orecchiabile in 5/4, di sapore leggermente funky, che Bernstein ripropone spesso dal vivo.
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La sala gremita apprezza e costringe il quartetto a un doppio bis. Prima di cominciare l’ultimo pezzo (Sideburn, un blues vivace), Hutchinson scherza con il pubblico: «This is the last one, okay?».
La rassegna Jazz al Parenti prosegue domenica 12 aprile, sempre alle 11, con il Lew Tabackin Quartet
Peter Bernstein Quartet al Teatro Franco Parenti