Si comincia bene, anzi benissimo, il 19 gennaio con l’americano di origine indiana Vijay Iyer, acclamato musicista della scuderia Ecm. Ma nella rassegna “Pianisti di altri mondi” al Franco Parenti fino a maggio le fuoriclasse e i fuoriclasse che lambendo o no la musica afroamericana si librano negli spazi della libera musica contemporanea non mancano
La giornata è la stessa: domenica. L’ora, pure: le undici del mattino. Il luogo, ancora un teatro di prosa, ma che sventola bandiera altra: non più la sala perbenin-berlusconiana del Manzoni, bensì lo spazio rosso del Parenti. Identico lo spirito della musica, perché la testa è sempre quella: Gianni Gualberto Morelenbaum.
Pianisti di altri mondi, rassegna che parte domenica 19 nel curioso abbraccio fra Teatro Franco Parenti e la venerabile Società del Quartetto – nata nel 1867 come antidoto alla tirannia dell’Opera -, sono “7 + 1 concerti tra jazz e sonorità d’oggi” in conclamata continuità con l’Aperitivo in Concerto che Gualberto s’inventò un bel mazzo di anni fa al Manzoni. Rassegna chiusa nel 2017, dopo aver consolato i jazzofili e gli amanti della libera musica contemporanea per 31 stagioni.
Pianisti di altri mondi è un torrente inabissato che rispunta nella combinazione di realtà che qualche tempo fa nemmeno si sognava potessero pensare cose in comune. Due donne di ambienti, culture e profili lontanissimi l’avrebbero “fortemente voluta”: Ilaria Borletti Buitoni, presidente del Quartetto, e Andrée Ruth Shammah, motore frenetico del Parenti. E anche questo dice quanto sia strano sentirsi innamorati a Milano.
Veniamo al dunque. I Pianisti di altri mondi che vengono a suonare per sette domeniche nella Sala grande del teatro – 19 gennaio, 9 e 23 febbraio, 15, 22, 29 marzo e 5 aprile – con finale notturno il 22 maggio in riva alla piscina detta Bagni misteriosi, sono una sventagliata di solisti che, in comune con gli artisti storici con cui il Quartetto storicamente lavora, hanno solo il pianoforte. Vengono da tutt’altre sponde della musica, ma questo non deve allarmare: per l’inizio del nuovo corso, Gualberto garantisce di essersi mosso con “passo felpato”. I musicisti sono tutti campioni di incroci etnomusicali, ma nel segno di una serena sintesi di forme e stili capace di non turbare troppo i fedeli del Quartetto.
C’è però da conquistare, o almeno riallacciare i rapporti con i tanti, tantissimi, che si nutrono di jazz, di composizione istantanea, di improvvisazione, di culture sporche e transgenerazionali, e che a Milano sono stati lasciati soli a coltivarsi le loro insane passioni. E per questo la platea del Parenti può molto.
Il primo pianista transgenico (19 gennaio) è Vijay Iyer, quarantanovenne da Albany, Stati Uniti, che da buon esponente delle generazioni di mezzo coltiva molte culture alte e basse, popolari e non, della scena internazionale Ė di ceppo spurio, muove dalla lingua afroamericana ma assimila tutto quel che l’America affastella da cent’anni sulle musiche del mondo. Non suona “polemico” o dimostrativo Iyer, ma essenziale e “composto” anche all’interno del suo eccellente Sestetto. Non poteva non piacere a Manfred Eicher, che l’ha messo in lista nella sua Ecm e ne ha prodotto album come Far from Over, Mutations e A Cosmic Rhythm with Each Stroke insieme alla tromba di Leo Smith.
Il modo con cui Iyer intende la musica va d’accordo molto con quello di Jason Moran (che suonerà il 5 aprile): li ascoltate insieme su YouTube durante una lezione concerto che li mette a specchio in un duetto tutto da godere.
Non occorre sollecitare attenzione alle quote rosa in rassegne “open minded” come questa, e la prima donna che Pianisti di altri mondi offre, la potrete ascoltare già il 9 febbraio. Si chiama Vanessa Wagner, ha 46 anni, è francese, diplomata con onore al Conservatorio di Parigi, già premiata e registrata da etichette di pregio, ascoltata a Romaeuropa in un contesto visivo di grande qualità del messicano Murcof. Anche Vanessa Wagner esibisce la sua diversità fin nei fondamentali: ha pedigree classico, suona Liszt, Satie e Ravel, ma anche se stessa e Arvo Pärt. Il primo video che di lei galleggia su YouTube la riprende mentre con mano ampia e leggera suona il tema del film Lezioni di piano di Jane Campion assai meglio del suo autore Michael Nyman (che a confronto spietato potete vedere, nei collegati di YouTube, duro e meccanico perfino mentre legge la sua stessa musica).
Delicato e sognante è anche il contesto semi-coreografico del video, ripreso all’aeroporto di Orly. Buon aggancio per la seconda donna della rassegna, Lisa Moore (15 marzo). Classe 1960, australiana “based in New York”, Lisa Moore suona, interpreta, compone, scrive testi, canta e costruisce con immagini le ambientazioni che danno respiro semiteatrale a molte sue esibizioni. Per Milano annuncia un recital puro con escursioni da Glass a Ligeti, da Rzewsky a David Lang (e video di Isabel dos Santos).
Tre davvero “di altri mondi” sono gli altri maschietti che scendono tra febbraio e marzo al Parenti: Yonathan Avishai, il 23 febbraio, con un programma che per Nuovo Mondo intende il ragtime di Scott Joplin, ma anche il “tango brasileiro” di Ernesto Nazareth, “compositore al quale si sono ispirati anche Darius Milhaud e Heitor Villa-Lobos”, annota Gualberto; Timo Andres (22 marzo), trentacinquenne del Connecticut, pure “based in New York”, nei cui orizzonti convivono Woody Guthrie e Charles Ives, l’improvvisazione e il comporre pezzi per la Boston Symphony (vedetelo anche su YouTube con quartetto d’archi alla Carnegie Hall, in repertorio minimalista alla Kronos Quartet); e il 29 marzo Simon Ghraichy, epitome vivente del sanguemisto in cui nuota la rassegna. Classe 1985, francese di nascita, libanese e messicano di origini, gioventù in Canada, studi a Helsinki e Parigi (dove vive), discograficamente “attenzionato” perfino dalla Deutsche Grammophon, Ghraichy ha scelto per il recital di Milano un viaggio dalla Spagna di Albeniz a Cuba, Puerto Rico e Messico.
La chiusura è per collettivo, con Dado Moroni, Aaaron Goldberg, Danny Grissett ed Emmet Cohen a celebrare su due gran coda a due, quattro e anche otto mani Charlie Parker e la cultura afroamericana tutta. E siccome saremo quasi in estate (22 maggio), il pubblico rimasto fedele ai Pianisti di altri mondi si meriterà una boccata d’aria nel parco-piscina detto Bagni Misteriosi.
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