Una mostra intelligente a Palazzo Reale per indagare i rapporti tra Pablo Picasso (1881-1973) e l’arte classica.
Di mostre su Picasso se ne possono fare di tutti i tipi: il gigante del Novecento è stato certamente il più versatile e geniale degli artisti del secolo scorso.
Questa che si svolge a Milano, a Palazzo Reale – e che rientra nell’ambito delle iniziative Picasso-Méditerranée –, ha una sua peculiare coerenza. Dire Mediterraneo vuol anche dire il mondo dell’arte classica. E il rapporto che Picasso ebbe con questa è il tema di Picasso Metamorfosi.
Il riferimento del titolo va alle Metamorfosi di Ovidio – magnificamente illustrate da Picasso nel 1931 – che è il più completo compendio del racconto mitologico dell’antichità.
Il rapporto tra l’arte classica e l’opera di Picasso è noto ed evidente a tutti sebbene l’artista non sia mai andato in Grecia. Pablo assorbe la classicità soprattutto attraverso il Louvre, grazie agli esempi di due altri artisti amati come Ingres e Rodin e ai suoi viaggi in Italia – fondamentale quello del 1917 a Roma e poi a Napoli e, soprattutto, Pompei con Cocteau e il coreografo Léonide Massine. E poi alla sua cultura, le sue letture e la sua prodigiosa memoria visiva.
Picasso comincia i suoi studi di disegno alla scuola d’arte di La Coruña dove la famiglia si è trasferita nel 1894. La scuola possiede un’importante collezione di calchi di gesso di sculture provenienti dai principali musei. Ed è copiando questi calchi che si rivela lo straordinario virtuosismo dell’artista. Nel 1904 si trasferisce a Parigi. Proprio in quegli anni il museo del Louvre sta subendo una importante trasformazione e modernizzazione. L’artista lo visita continuamente.
Il suo debito alla tradizione classica dell’arte antica è evidente nella composizione di alcuni suoi capolavori, a partire da Guernica. I riferimenti grafici e compositivi di molte sue opere ai fregi del Partenone del British Museum, che Picasso conosce dalle riproduzioni fotografiche, e all’Arianna addormentata, di cui il Louvre possiede una copia, e alla Testa e torso del Minotauro dei Musei Vaticani (entrambi in mostra) sono molti e molto noti. Ma la cosa più notevole di questa mostra è la testimonianza della ricerca di Picasso – anche nella classicità – dell’elemento “anticlassico”.
Decine di libri e mostre hanno descritto l’importanza della cosiddetta “arte negra” sull’arte europea dell’inizio del Novecento e su alcuni artisti in particolare. Evidente come la sua primitiva bellezza consentisse un riferimento per la rottura dei canoni tradizionali dell’arte figurativa.
Meno evidente è invece il grande debito che Picasso contrae verso l’aspetto “anticlassico” dell’arte classica. E in questo senso le collezioni del Louvre costituirono veramente una specie di laboratorio vivente: basta pensare per esempio alle statuette cicladiche – risalenti al 2700-2300 a.C. – che, disprezzate fino alla fine dell’Ottocento come arte rozza e approssimativa, alcuni studiosi e archeologi francesi cominciano proprio in quegli anni ad acquisire e valutare. Le sculture iberiche “greco-barbariche”, trovate per primi da archeologi francesi. Le geometrie e le figurine stilizzate della pittura vascolare greca di cui il Louvre possiede una collezione eccellente.
La mostra esprime come, fin dalla svolta delle Mademoiselles d’Avignon, Picasso si rivolgesse a questi modelli più che all’arte africana. In mostra sono presenti alcune figurine iberiche del IV-II sec. a.C. e alcune teste di calcare della stessa origine che sono appartenute a Picasso. Episodio singolarissimo: due teste, trafugate dal Louvre e acquistate da Picasso con la mediazione di Apollinaire nel 1906, furono restituite dopo lo scandalo scoppiato per il furto della Gioconda nel 1911.
Ma la mostra testimonia anche altri e più sottili rapporti tra l’artista spagnolo e l’arte classica. La passione di Picasso per il tema del Ratto d’Europa diventa ossessiva intorno agli anni 1936-1937. La storia del mito è nota: Zeus si trasforma in una giovenca per attirare la giovane Europa. Dalla violenza che ne segue nasceranno tre figli tra cui Minosse. La scelta di questo tema in quegli anni ha un connotato drammaticamente autobiografico: Picasso si sta separando da Ol’ga Chochlova, è in crisi con Maria Thérèse Walter, una ragazza di diciassette anni che gli ha appena dato un figlio, ha da poco conosciuto Dora Maar. Dal mito di Europa e attraverso il figlio Minosse nasce quello del Minotauro che diventerà un simbolo del pittore stesso: da Minosse al Minotauro e alla minotauromachia si svolge infatti una teoria grafico-pittorica che ha attraversato tutta la vicenda dell’artista.
In mostra non vi sono opere di Picasso clamorosamente note; alcuni dipinti, molte carte, molta – bellissima – grafica. Ma è questo rimando/confronto (a volte clamoroso) con opere dell’antichità che fa dell’esposizione una visita importante per indagare il percorso di Picasso.
La divisione in sezioni rende agevole e comprensibile un allestimento particolarmente riuscito. Mitologia del Bacio mette a confronto Picasso con i suoi riferimenti obbligati nel percorso verso il classico: Ingres e Rodin. Picasso e l’Antico svolge la ricerca dell’artista dalle Metamorfosi di Ovidio ai miti del Fauno, del Minotauro, di Zeus. Il Louvre di Picasso esprime il percorso di indagine e scoperta dell’artista nel mondo dell’arte classica. Antropologia della ceramica antica narra l’eccezionale vicenda di Picasso ceramista (creò più di 4000 manufatti), dalla produzione personale a quella scaturita dall’incontro con Suzanne Ramié, la grande ceramista che Picasso conobbe nel suo atelier di Vallauris e con la quale collaborò per diversi anni. Questa sezione propone degli accostamenti davvero sorprendenti.
Quando si esce da una mostra ben fatta su Picasso la sensazione è sempre quella di essersi confrontati con un artista universale. E prende significato una delle sue tante citazioni che accompagnano l’esposizione: “Io non mi evolvo, sono. In arte non c’è né passato né futuro”.
Picasso Metamorfosi, Milano, Palazzo Reale, fino al 17 febbraio 2019.
Mostra prodotta da Comune di Milano e MondoMostre Skira.
Immagine di copertina: Pablo Picasso, Nu couché [Nudo disteso], 4 aprile 1932, olio su tela, 130×161,7 cm, Paris, Musée National Picasso.
Credito fotografico: © RMN-Grand Palais (Musée national Picasso-Paris) /Adrien Didierjean/ dist. Alinari. Copyright: © Succession Picasso, by SIAE 2018