Paolo Licata racconta con intelligenza ed empatia la povera Sicilia anni Sessanta dell’emigrazione e delle tradizioni antiche. E il difficile incontro tra Lucia e la nonna che si occupa di lei (i genitori sono in Francia) con amore e durezza, senza risparmiarle esperienze poco adatte alla sua piccola età
Picciridda, titolo del nuovo film di Paolo Licata con Marta Castiglia, in dialetto siculo, significa “piccolina” e si dice spesso alle bambine. Come viene ripetuto varie volte alla protagonista di questo film. Picciridda è come viene chiamata Lucia, una bimba di Favignana, dove la storia è ambientata alla fine degli anni Sessanta, periodo in cui molte famiglie italiane emigravano all’estero in cerca di un lavoro e di una vita migliore. Cosi fanno anche i genitori e il fratellino di Lucia: un giorno d’estate si trasferiscono in Francia e lei resta a vivere in paese con la nonna, una donna dai caratteri scuri e dai modi alle volte crudi, pesanti. La vita, per Lucia, scorre lenta tra banchi di scuola, giri in spiaggia con la sua amichetta e lavori di casa con la nonna. Ma ogni tanto scappa, fa di testa sua, incontrando “persone non gradite”, come una zia che da tempo ha perso i contatti con la nonna per cause che la picciridda non conosce.
La sua storia è raccontata con cautela, con un silenzio alle volte disarmante, talmente puro da far quasi rumore. Sono pochi, ormai, i film senza colonne sonore vere e proprie, la musica ormai è una presenza costante. In Picciridda quasi non ce n’è, in sottofondo si sentono solo il rumore del mare e le voci, gli scricchiolii degli animali selvatici. Lucia è una bambina che non sa star ferma, la nonna è una donna forte, ai suoi occhi un po’ cattiva, sembra quasi non avere più emozioni dentro di sé. Eppure, se si osserva meglio il susseguirsi delle immagini, si noteranno cose che potrebbero far cambiare idea su questo punto. Le emozioni non sempre si comprendono attraverso le parole, a volte sono visibili solo attraverso i gesti, gli sguardi. La nonna adora Lucia ma non sa come dimostrarglielo, glielo lascia intendere facendole mangiare un uovo a colazione la mattina di un giorno molto importante, o sistemandole la cartella prima di andare a scuola.
Ma il film non parla soltanto di Lucia e della sua attesa di poter raggiungere i genitori in Francia: è anche uno spaccato della storia d’Italia durante gli anni del boom economico, e fa entrare lo spettatore in un mondo colmo di tradizioni profonde che sono in voga ancora oggi. Per esempio il rito della vestizione dei defunti di cui si occupa spesso la nonna di Lucia, circondata dalle donne piangenti vestite a lutto. Si vede come era diversa l’Italia, all’apparenza più pulita, piena di luce e di colori chiari. Raccontato così, potrebbe sembrare un film molto semplice, ma non lo è per niente. Lucia vive nella semplicità e nell’umiltà di una famiglia non abbastanza abbiente per poter continuare a vivere in Sicilia, e attraversa anche esperienze non adatte a una bambina della sua età. Subirà umiliazioni e silenzi incompresi, le sembrerà di dover affrontare tutti i cambiamenti da sola: ma non è così.
Quello di Licata è un film crudo, sottile, magnifico. In alcuni punti da pelle d’oca per l’emozione. Si esce dal cinema con gli occhi lucidi e anche un po’ di amarezza, soprattutto pensando al sottotitolo Con i piedi nella sabbia. Se il film parla di Lucia e della sua storia, perché non chiamarlo semplicemente Picciridda? La risposta a questa domanda è semplice, ma allo stesso tempo dura da digerire, perché la storia di Lucia è stata vissuta, e viene vissuta ancora, da troppe bambine. Film di denuncia quindi? Forse no, ma film che fa riflettere. Da vedere assolutamente.
Picciridda – Con i piedi nella sabbia di Paolo Licata, con Marta Castiglia, Tania Bambaci, Katia Greco, Lucia Sardo, Ileana Rigano