Il premio fotografico dedicato ad Amilcare Ponchielli festeggia 10 anni e 10 fotografi con una mostra allo Spazio San Fedele di Milano, in vista della prossima edizione
Dieci fotografi, dieci storie, dieci anni: li celebra il Premio Ponchielli, istituito nel 2004 dal GRIN – Gruppo Redattori iconografici nazionali – in onore di Amilcare Ponchielli (1946-2001), primo photoeditor italiano. Un modo per promuovere la migliore fotografia giovane e italiana, raccolta non solo in un libro, ma anche in una mostra che verrà inaugurata stasera alle 18.00 alla Galleria San Fedele di via Hoepli.
Una delle cose più interessanti di questo premio è la varietà dei progetti vincitori, sia nei temi, sia nei linguaggi. Ogni anno trionfa una storia completamente diversa dal precedente: dalla prima edizione del 2004, vinta da Alessandro Scotti con De narcoticis, un atlante fotografico del traffico illegale di droghe, a Umumalayika di Martina Bacigalupo, vincitrice 2009 col racconto di una giovane donna del Burundi rimasta senza braccia dopo terribili violenze domestiche.
Dal progetto di Giorgia Fiorio, che in 7 anni ha cercato documentare i luoghi e i volti della spiritualità di tutto il mondo, con Il Dono, a quello di Massimo Siragusa, che con sguardo autoriale e irreale ha raccontato in Tempo Libero un’Italia colorata di ozio e svago. E ancora, il lavoro sui luoghi abbandonati dalle mafie, Corpi di reato (2012), firmato Tommaso Bonaventura e Alessandro Imbriaco e Fedeli alla tribù (2007), analisi della vita adolescenziale in varie parti del mondo di Lorenzo Cicconi Massi.
Come si decreta il vincitore? «Ogni anno – mi spiegano le photoeditor Giovanna Calvenzi e Elena Ceratti – riceviamo tra le 200 e le 250 candidature. Tutti noi membri del GRIN di concerto ne selezioniamo 15, poi visionati da un’altra giuria». Quest’ultima, formata da tre membri del GRIN, Mariuccia Stiffoni Ponchielli (moglie di Amilcare), un fotografo professionista, uno sponsor e un gallerista e presieduta da un direttore di giornale, sceglie a chi destinare il primo premio. E proprio il fatto che ogni anno la giuria sia diversamente assortita determina la diversità dei progetti vincitori. «Nel 2013 per esempio – racconta Mariateresa Cerretelli, presidentessa di GRIN – il presidente era Mario Calabresi, dotato di particolare sensibilità per la fotografia di reportage: si è scelto infatti di premiare Battle to death di Fabio Bucciarelli, lavoro coraggioso realizzato in Siria».
«Ricevere un riconoscimento da parte di chi si occupa quotidianamente di fotografia e ha uno sguardo da professionista – confessa Paolo Woods (1970) – è una soddisfazione grandissima». Per Woods e per altri fotografi vincere il Ponchielli ha significato una svolta. In termini di visibilità, per esempio: Paolo ha potuto pubblicare il suo libro in 11 lingue.
In termini economici, anche. Grazie al premio in denaro i fotografi sono in grado di allestire una mostra e di proseguire con il proprio progetto. È il caso di Andrea Di Martino, che ha continuato a girare l’Italia per La messa è finita, alla ricerca di chiese sconsacrate: «Alcune sono diventate dei teatri o delle discoteche – spiega di Martino -, ma quella che più mi ha colpito è stata una chiesa trasformata in autofficina». Chi si sarebbe aspettato che un luogo della spiritualità venisse adibito a luogo del pratico per eccellenza?
A volte si vedono anche fotografie “staged”, come quelle del bel Baby Blues di Guia Besana: un lavoro in anticipo sia sui cambiamenti sociali che sulle tendenze della fotografia. «Negli anni abbiamo iniziato a includere fotografie “staged” – spiega Giovanna Calvenzi – perché si tratta di un tipo di immagine che una testata potrebbe pubblicare: si può dire che siamo stati più lungimiranti del Word Press Photo, prevedendo già anni fa che la fotografia era in via di evoluzione». L’importante è sapere che cosa si sta giudicando, se stage photography o fotogiornalismo diretto e senza interpolazioni: nel giudizio conta poi la capacità narrativo-informativa del progetto.
L’ultima edizione, con giuria presieduta da Ferruccio de Bortoli, ha premiato un progetto sulle migrazioni climatiche – Environmental migrants: the last illusion: l’autore, Alessandro Grassani, verrà incoronato vincitore il prossimo 19 marzo alla Galleria Bel Vedere. In quell’occasione si assisterà al rito annuale secondo cui il vincitore dell’edizione precedente consegna una fotografia del proprio progetto al neo-premiato, come in un ideale passaggio di testimone.
Per fare tutto questo servono dei soldi – come sempre. Grazie al crowfunding di Kiss Kiss Bank, però, sono stati raccolti in 75 giorni oltre 8mila euro. Chissà che altri se ne possano raccogliere, per un progetto che merita…
La mostra di Alessandro Grassani, vincitore 2014, Galleria Bel Vedere, dal 19 marzo al 12 aprile 2015.
Foto: Alessandro Scotti, Afghanistan, Badakhshan, Coltivatore di pioppo prega per la bontà del raccolto