Si è conclusa il 24 maggio la selezione del 2016, tra la fervente aspettativa degli gli autori in finale, dei lettori e degli editori. Sì, perché il premio Calvino pare svolgere un’autentica operazione di mediazione tra queste categorie, oltre alla missione culturale per la quale è stato fondato.
Un’indagine nel sommerso della narrativa italiana
Elisabetta Pierini e Cesare Sinatti hanno vinto ex aequo la ventinovesima edizione del Premio Calvino.
Si è conclusa il 24 maggio la selezione del 2016, tra la fervente aspettativa degli gli autori in finale, dei lettori e degli editori. Sì, perché il premio Calvino pare svolgere un’autentica operazione di mediazione tra queste categorie, oltre alla missione culturale per la quale è stato fondato.
Gli autori inediti. Quelli che faticano a trovare un canale di comunicazione con gli operatori del mondo editoriale, quelli che spediscono manoscritti alle case editrici e attendono pazienti, per mesi, risposte che non sempre arrivano.
I lettori. Sono la vera anima del premio. Ogni anno, più di una trentina di lettori provenienti da ogni categoria, seleziona le opere finaliste.
Gli editori. Il premio offre a volte l’occasione d’oro servita sul piatto, senza dover dragare il sommerso narrativo alla cieca. La fiducia nella selezione del Calvino è così forte che non sono mancati casi di romanzi prima rifiutati dagli editori e pubblicati in seguito alla vittoria. Come racconta Francesco Maino in un’intervista, Cartongesso ha girato per circa otto anni collezionando parecchi rifiuti con le più svariate motivazioni, per trovare il suo destino editoriale soltanto nel 2012 dopo la vittoria del Calvino.
L’esordiente che decide quindi di spedire il proprio manoscritto, visto e rivisto decine di volte, e mettersi in corsa con più di seicento agguerriti candidati (numeri sempre in crescita nelle ultime edizioni) affronta mesi di attesa.
Ottobre. Per l’ultima edizione del premio, il termine per la presentazione dei testi è stato fissato il 7 ottobre. Mentre l’esordiente nutre le sue speranze nei lunghi mesi che separano la spedizione dalla pubblicazione dal verdetto, un certo numero di lettori (quest’anno quarantadue) si dividono le opere e iniziano la lettura.
Il presidente Mario Marchetti spiega come le opere vengano lette integralmente, anche quando si tratta di un numero sproprositato di pagine o di una saga fantasy interminabile: tutto viene letto per intero e al di fuori dai criteri utilizzati dalle case editrici, i lettori sono liberi da calcoli sull’immediata vendibilità dell’opera o possibili linee editoriali. Non ci sono limiti di genere letterario, che si tratti di una memoria autobiografica, di un testo meticcio tra diversi generi, di un resoconto o di una cronaca: l’importante è che sia un testo che abbia veramente qualcosa da dire e lo faccia con una certa qualità. Non è nemmeno determinante che l’opera sia nella sua forma perfettamente compiuta o abbia una struttura senza sbavature, ma conta che l’autore dimostri capacità nel narrare e convinca con le proprie motivazioni e con un punto di vista originale.
Aprile. Mentre lo scrittore esordiente tormenta amici e familiari, compie ricerche su ricerche per capire se la sua opera rientrerà nei gusti della giuria, nel frattempo resa nota dalla segreteria del premio, i quaranta lettori si incontrano per scambiarsi i manoscritti. Dopo un sistema di letture incrociate, si riuniscono tutti e discutono, si accapigliano e si infervorano per mandare avanti le opere che hanno preferito, tentando di convincere gli altri della bontà del proprio giudizio. Dirimere la faccenda tra più di seicento scritti non è certo affar semplice.
Maggio. Un bel giorno le riletture terminano e le discussioni raggiungono un accordo: la decina dei selezionati è pronta per passare nelle mani della giuria.
I membri cambiano ogni anno, ne hanno fatto parte tra gli altri Natalia Ginzburg, Cesare Segre, Antonio Moresco, Silvia Ballestra, Carlo Lucarelli, Gianrico Carofiglio, Michela Murgia.
Le fatiche dei giurati terminano alla fine di maggio, quando vengono proclamati i finalisti che, tra incredulità e salti di gioia, iniziano a vedere il proprio futuro da scrittori.
Questa l’avventura che ha reso noti al grande pubblico nomi come Susanna Tamaro, Marcello Fois, Francesco Piccolo, Paola Mastrocola, Mariapia Veladiano, per citarne solo alcuni.
Il premio Calvino è una cosa seria. Fondato a Torino nel 1985, poco dopo la morte dello scrittore, (tra i fondatori Norberto Bobbio, Natalia Ginzburg, Lalla Romano, Cesare Segre) il premio ha la missione di continuare il lavoro di talent-scout che Calvino svolgeva presso Einaudi.
Riccardo Gazzaniga (vincitore nel 2012) racconta le proprie vicissitudini letterarie precedenti al Premio su uno dei Diari del Calvino: “Continuo a partecipare a concorsi letterai e ne vinco diversi, qualcuno mi segnala, altri mi ignorano. Presenzio a tragicomiche premiazioni tra enormi cavoli-verza, illusionisti falliti, attori vestiti da malavitosi, buffet in cui ci si batte all’arma bianca, tra signore strizzate in abiti sintetici e uomini con cappello. Eventi a cui gli scrittori famosi sono sempre invitati e non arrivano mai. Purtroppo non trovo alcun varco per il mondo dorato dell’editoria”.
Ecco, in queste parole c’è tutto quello che il premio Calvino non è: non è un’illusione, non è una messinscena, non si rischia di vincere enormi cavoli-verza. E’ un premio letterario i cui vincitori hanno ottenuto contratti di pubblicazione con case editrici come Einaudi, Feltrinelli, Giunti, Guanda, per citarne solo alcuni.
Da L’indice dei libri del mese apprendiamo alcune notizie sui partecipanti e sulle opere finaliste. I nove finalisti sono stati selezionati quest’anno tra seicentossessanta partecipanti, cinque su nove del centro Italia, gli altri del nord; il sud poco rappresentato.
“Nessun testo consolatorio e super commerciale”, le opere scelte affrontano per lo più temi sociali ed esistenziali. Questa la selezione della giuria 2016 composta da Filippo Tuena, Christian Raimo, Niva Lorenzini, Angelo Guglielmi, Paola Capriolo.
Elisabetta Pierini vince con L’interrutore di sogni, un romanzo ambientato in un quartiere residenziale ai giorni nostri. Dentro villette a schiera e vite agiate si muovono esistenze paralizzate da una sostanziale infelicità. La motivazione della giuria dice così: “L’interruttore dei sogni è una moderna favola realista, in cui le due diverse dimensioni sanno creare un equilibrio che ne rafforza le specificità. Della favola, il testo possiede la dolcezza e, insieme, l’aspra corrosività nei confronti dell’esistente. Del realismo, la sottile ricostruzione di un ambiente suburbano ormai universale. Il quadro senza remissione che ne emerge è reso con rara efficacia da una lingua attenta e precisa”.
Ex aequo, Cesare Sinatti con La splendente, rivisita in chiave nuova il mito classico di Elena, regina di Sparta. La giuria sarebbe rimasta colpita dall’originalità con cui l’autore fa rivivere i personaggi classici. “Dà corpo e voce, con una lingua essenziale e nitida, a una fitta galleria di protagonisti dell’epica omerica ed extraomerica. Ogni frammento di mito diviene qui narrazione sospesa tra quotidianità e stacco visionario, in cui la competenza dello studioso lascia spazio all’intensa e inedita rivisitazione di fatti legati alla bellezza e all’orrore, chiamandoli a confrontarsi con i traumi del nostro presente”.
Menzione speciale per Il perturbante di Giuseppe Imbrogno che affronta la tematica inquietante, anche se non nuova, del controllo a cui sono sottoposte le nostre vite da parte di chi detiene il potere informatico.
Menzione speciale anche a Branchia di Martina Renata Prosperi che incrocia la storia di due “diversi”, una ragazza anoressica sul piano realistico, e un ragazzo senza polmoni, sul piano della finzione.
L’Italia popolare, la fabbrica e la borgata sono i temi affrontati da Alessandro Pierozzi ne La serrata, e da Eugenio Raspi con Inox.
Adil Bellafqih, con Baratro, costruisce la sua storia all’interno di un ipotetico Centro per la rieducazione alla democrazia e al libero mercato, sullo sfondo di un’Italia devastata dal disastro ambientale.
T-Trinz di Alessandro Calabrese è una storia immersa in un universo provinciale emiliano privo di orizzonti, tra bande di ragazzi in una fine d’estate. Infine, Claudia Cautillo, con Il fuoco nudo, narra l’amore scottante e ricambiato di un parroco per una bambina.
Nonostante la proclamazione dei vincitori e finalisti la XXIX edizione del Premio Calvino non è del tutto finita.
Giugno. Entro la fine del mese verrà pubblicata, sul sito del premio, la lista delle opere segnalate dal comitato di lettura.
Luglio. Tutti gli autori, esclusi i premiati e i segnalati, riceveranno una scheda analitica sulla propria opera; punti deboli della narrazione e della lingua o scelte felici che meritavano di essere sviluppate. “Consigli utilissimi per andare avanti” dice Elisabetta Pierini, una delle vincitrici di quest’anno. “Il mio unico lettore è sempre stato mio marito che non è un appassionato di letteratura, grazie alle schede ho capito come migliorare. Ho partecipato al premio quattro volte, una volta sono arrivata in finale, quest’anno finalmente ho anche vinto”.
Immagine di copertina by e-codices