Passata l’elezione, passate le prime fiammate di protesta, come si vive adesso nella ‘normale’ era Trump? Non è cambiato molto, a parte l’ansia nel seguire le notizie, nella vita quotidiana di una famiglia etero, bianca, benestante. Tranne una cosa: la voglia di stare dalla parte di chi adesso ha paura
Mi sono spesso chiesta, in questi ultimi mesi, cosa sia cambiato nella mia vita dalla vergognosa vittoria di Donald Trump. La risposta è: non molto. Certo, c’è più ansia in generale. Spesso trovo Dan alle tre di notte con gli occhi sbarrati a fissare il soffitto, ancora incredulo e profondamente spaventato. Siamo diventati tutti un po’ più ossessionati dalle notizie, che arrivano fitte e sono sempre negative, sempre a botte di tweet pazzoidi scritti da Trump nei suoi momenti di rabbia contro attori, politici, che lo rendono ancora meno presidenziale di quel che già è.
Ma dire che la mia vita, il mio quotidiano sia davvero cambiato sarebbe sbagliato: Dan continua a lavorare e a guadagnare bene, io continuo a scrivere a non guadagnare una lira, i ragazzi a scuola fanno tutti e tre cose molto interessanti. Il vicinato è sempre cordiale, il supermercato ha sempre gli stessi prezzi, possiamo viaggiare dove e come vogliamo, i nostri diritti non sono in pericolo di essere violati. Certo, siamo bianchi, benestanti e eterosessuali. Non è molto strano che non siamo noi a sentire sulla nostra pelle i cambiamenti che stanno avvenendo.
Mi viene immediatamente in mente, con un profondo senso di colpa, il famosissimo sermone di Martin Niemöller, un pastore protestante che passò gli ultimi anni della sua vita in un lager nazista:
Prima vennero per i comunisti, e io non dissi nulla perché non ero comunista.
Poi vennero per i socialdemocratici e io non dissi nulla perché non ero socialdemocratico
Poi vennero per i sindacalisti, e io non dissi nulla perché non ero sindacalista.
Poi vennero per gli ebrei, e io non dissi nulla perché non ero ebreo.
Poi vennero a prendere me. E non era rimasto più nessuno che potesse dire qualcosa.
L’amministrazione Trump è già arrivata per gli immigrati, con il primo ban e ora con il secondo, con angoli un po’ più smussati rispetto al primo, ma pur sempre spaventoso. Leggo da qualche parte un consiglio che gira nei social network indirizzato a tutti i camerieri e gli aiuto cuochi che lavorano nei ristoranti di New York, quasi tutti immigrati illegali. Si dice che verso le 23 girano per la metro agenti che chiedono documenti a chi ha la pelle un po’ scura, e che se vengono trovati senza, vengono portati via. Il consiglio è di tornare dal lavoro in bicicletta, o di andare a piedi, e a noi bianchi di intervenire e aiutare chi viene fermato. Leggo di persone con visto regolare fermate agli aeroporti, di gente che scappa a piedi fino al Canada, dove il governo ha più volte detto che accoglierà chi ha bisogno. Leggo di persone che vivono nel terrore di essere deportate.
Anche io sono immigrata, ma sono di quelli che vanno bene; sono europea, sono bianca e cattolica. Ma se fossi di pelle più scura, di religione islamica e con un passaporto diverso da quello europeo, non sarei più così tranquilla come lo ero prima della vittoria di Trump.
Anche Obama, non dimentichiamocelo, è stato poco clemente con gli immigrati che vivono qui illegalmente: durante la sua amministrazione ha deportato più gente lui di tutti i suoi predecessori. ABC, uno dei canali televisivi americani, ci ricorda che nel periodo tra il 2009 e il 2015, sono stati ‘rimossi’ più di due milioni e mezzo di persone entrate negli Stati Uniti illegalmente o rimaste oltre il limite massimo consentito dal loro visto. Trump, però, non vuole semplicemente continuare questo trend e aumentare il numero di persone da deportare, ma che ha aggiunto alla questione “deportazione” un dettaglio gravissimo: per lui gli immigranti sono tutti criminali. Questo non solo mette in pericolo anche chi è qui legalmente, ma in qualche modo giustifica atti di violenza da parte di chi è razzista. Trump, è stato notato da tutti, è stato estremamente lento nel denunciare tutti gli atti di vandalismo e aggressione, che sono aumentati clamorosamente, contro le minoranze, compresi i latinoamericani, i musulmani e gli ebrei di questo Paese, e non ha nascosto durante la sua campagna politica, quello che pensa dei musulmani, molti dei quali non possono entrare negli Stati Uniti e dei messicani, che “vengono qui a violentare e a commettere crimini”.
L’amministrazione Trump, poi, è già arrivata per gli omosessuali e i transgender americani, che negli ultimi anni sono riusciti a conquistarsi non tutti, ma molto dei diritti che ogni essere umano dovrebbe avere naturalmente. Diritti per cui hanno combattuto da decenni, il primo dei quali la libertà di sposarsi chi vogliono. Ci sono milioni di famiglie gay, in America, con figli, integrate nel tessuto sociale e che conducono una vita monotona come monotona è la vita per tutte le famiglie. Ci racconta il giornalista Andrew Solomon in uno struggente articolo uscito sul New Yorker all’inizio di febbraio, che per quanto storicamente ci siano sempre stati pregiudizi contro il gay, la differenza adesso è che molti di loro hanno figli. “Io e mio marito abbiamo cercato di spiegare ai nostri figli quello che sta succedendo, ma vorrei anche proteggerli dal fatto che le persone che adesso sono al potere potrebbero annullare le famiglie come la nostra. La mia vita con i miei figli non costituisce una minaccia per nessuno: li porto a scuola, gli preparo la cena, li porto al corso di tennis o di nuoto, li aiuto a fare i compiti”.
Ha ragione ad aver paura: il vicepresidente Pence ha detto chiaramente e senza mezzi termini di essere contrario al matrimonio tra omosessuali, alla presenza di omosessuali nell’esercito, e di tagliare fondi per la ricerca sull’AIDS e usare quei soldi per creare corsi per de-gayzzare la gente. Trump è altrettanto contrario ai matrimoni gay e anche se ha cambiato idea all’ultimo momento, stava per ritirare l’ordine esecutivo indetto da Obama che protegge i diritti delle persone transgender impiegate nelle agenzie federali americane. Da novembre il vandalismo e la violenza contro i gay à aumentata vista d’occhio.
Per cui no, per me personalmente non è cambiato molto da novembre, a parte l’ansia e l’ossessione per le notizie. L’amministrazione Trump non è ancora arrivata per me, e non so neanche se mai arriverà. In compenso è arrivata la voglia di non commettere gli stessi errori del passato, quando non si partecipava a meno che non fossimo coinvolti noi.
È arrivata la voglia di stare dalla parte di chi adesso ha giustamente paura.
Immagine di copertina: Inauguration day protest against Donald Trump di Fibonacci Blue