Primum philosophari, deinde deliberare: a Pavia va in scena il duello delle idee

In Weekend

Dibattere punti di vista opposti su una mozione, argomentarli secondo regole date, aprirli alla discussione e poi delegare al pubblico, attraverso il voto, la scelta della posizione più convincente. Da un esperimento didattico di Ian Carter, filosofo politico, all’università di Pavia docenti e studenti di atenei italiani e non hanno discusso in quattro dibattiti di importanti temi di etica pubblica, dal reddito universale all’apertura dei confini. In tempi di fake news, emotività ed enfasi, un atto filosofico e di formazione riflessiva delle opinioni in presa diretta

Raccontare Pro & Contro a giochi conclusi, con uno sguardo che rilegge l’esperienza e non la prepara, mi sembra il modo più bello per parlare di un lavoro di cui, da organizzatrice e partecipe, considero conclusa solo una prima piccola parte. Pro & Contro – studenti e docenti dibattono insieme questioni etico-politiche (il nome per intero) è un progetto a più mani nato mesi fa durante una chiacchierata col professor Ian Carter (docente di filosofia politica presso l’Università degli Studi di Pavia),  ispirato proprio ad un  piccolo esperimento didattico messo in pratica durante le lezioni del suo corso.

Fare filosofia sotto forma di “dibattito”, questa l’idea alla base dell’esperimento, un’immagine aderentissima all’atto filosofico puro adoperata qui per discutere problemi complessi di etica pubblica. Una mozione a sintetizzare il conflitto tra due teorie della giustizia (“Una democrazia liberare può chiudere i propri confini?”, una delle mozioni dibattute), due squadre, due proponenti e due oppositori alla mozione,  regole e tempi ben scanditi sono gli ementi che compongono Il dibattito formale”, uno strumento tutto filosofico che mi piace definire come luogo d’incontro metaforico di tutte le possibilità e i limiti dei punti di vista umani, e anche come il luogo d’incontro più concreto per coloro che daranno loro voce. L’attributo “formale” rimanda non solo alle precise leggi che lo regolamentano – tempi per gli interventi e per la discussione con il pubblico, divieto di screditare l’avversario, interruzioni consentite solo per correggere o fornire un’informazione puramente fattuale, deliberazione finale del pubblico – ma alla sua più intima natura: la forma dialogica del dibattito è un calco della forma naturale del pensiero, l’immagine del ragionamento umano che, di ragione in ragione (dalle parole dei pro a quelle dei contro), cerca di acquisire una forma conclusiva. E rimanda anche alla natura “scenica” dei dibattiti, un autentico momento performativo dove in veste di attori (proponenti e oppositori) e di spettatori (la platea degli uditori) tutti hanno un ruolo attivo nella discussione.

Il fine di un dibattito resta comunque quello di giungere ad una conclusione, di decretare un team vincitore attraverso il voto del pubblico (la platea è chiamata a votare sia prima che dopo la discussione), e qui sta la bellezza dello strumento concettuale che abbiamo adottato. Un dibattito formale è in buona sostanza un atto argomentativo, la capacità di “svelare”  a chi ascolta il buono del proprio punto di vista attraverso la parola, di mostrarne i punti di forza, e di riflesso le incongruenze, in una lotta verbale ad armi pari. Lo scopo di un dibattito, il vincitore di questa curiosa competizione, sarà colui che meglio saprà dar voce alla teoria della giustizia di cui veste gli abiti, colui che avrà argomentato con intelligenza il suo punto di vista tanto da renderlo “condivisibile”. Una forma di empatia concettuale volta ad epurare il nostro pensiero da ogni forma di pregiudizio o di falsa credenza, da ogni limitato e improprio sguardo sulla realtà, e di mostrare nella sua nudità piccole o grandi verità della nostra vita quotidiana. Una forma genuina di talk show “educato” che si spera invogli, ovunque, ad una riflessione e ad un ascolto più attento.

Pro & Contro ha conservato i tratti fondamentali e gli obiettivi del dibattito formale in un ciclo di quattro incontri ospitato nelle aule dell’Università di Pavia tra marzo e aprile: si è discusso di mutilazioni genitali, dello strumento referendario, del reddito universale, dell’apertura dei confini secondo la formula del duello delle idee (e con l’avvertenza che le tesi sostenute non rispecchiano le opinioni personali dei dibattenti). Un progetto collettivo che ha coinvolto studenti, docenti, dottorandi e ricercatori attivi in più università italiane e non, ma in qualche modo legati (anche affettivamente) all’Ateneo pavese. Un progetto ispirato alla Debating Society della Oxford Union e riuscito, non solo per gli interessanti risultati delle votazioni (il 50% del pubblico ha sempre cambiato idea tra il voto iniziale e quello finale), ma per l’ambiente ricreato, un luogo a metà tra il formale e l’informale, l’accademico e il familiare, che ha accolto e mai escluso il pensiero altrui e ha saputo farlo proprio.

 

In apertura: particolare de La scuola d’Atene di Raffaello

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