La terza mostra di “Progetto Italiano” da The Workbench intriga chi ha fame di novità, ma non diventa mai scontata. Al netto dei difetti, pare comunque un bell’esperimento
Inatteso è, anzitutto, lo spazio espositivo. The Workbench è una piccola galleria d’arte non-profit nei pressi di Piazza Napoli, anche geograficamente fuori dai soliti giri. Appartata e discreta all’esterno, al suo interno custodisce l’ambiente di una ex-officina orafa della quale ha mantenuto tutto il sapore da laboratorio artigianale. Le ampie vetrate, le lampade sospese, la pavimentazione, i macchinari e i banchi da lavoro – che danno il nome alla galleria – trasudano sapienza manuale e laboriosa riflessione.
Le stesse caratteristiche, insomma, che informano il progetto curatoriale di Pietro Di Lecce che, da artista, si è fatto promotore di una serie di eventi espositivi ambiziosi, “Progetto Italiano” per l’appunto.
L’idea è semplice: selezionare una rosa di artisti, tutti rigorosamente italiani, e dargli in pasto il passato artistico e culturale italiano per formulare una nuova proposta. Riappropriazione, reimpiego, riuso, rivisitazione, riattualizzazione, riciclo, cannibalismo – ma forse, in questo caso, sarebbe più corretto dire auto-cannibalismo – culturale. Chiamatelo come volete: è uno dei giochi più vecchi del mondo, e “noi italiani” siamo bravi a giocarci da quando eravamo ancora romani.
Per quanto semplice e collaudato, il meccanismo conserva intatto attrattiva e potenzialità. Prendere il vecchio, masticarlo e tirare a creare qualcosa di nuovo che sappia essere altrettanto valido.
Dopo la cosmogonia di Dante e una raccolta poetica di Pasolini, Pietro Di Lecce propone ai suoi artisti di lavorare nientemeno che sullo scritto di Piero Manzoni Libera dimensioni, pubblicato nel 1960 sul secondo numero Azimuth (qui il testo integrale).
Il testo che fu premessa per tante operazioni con cui Manzoni intendeva scardinare pezzo per pezzo gli automatismi del sistema dell’arte (le celebri “linee” in primis), diventa qui lo spunto per una riflessione sul valore concettuale – prima ancora che materiale – della superficie.
Le opere in mostra affrontano il compito facendo uso di media e soluzioni diversissime fra loro, e raggiungendo livelli diversi di compiutezza. “Progetto Italiano”, in conclusione, presenta tutti i pregi e i difetti degli esperimenti, ma è promettente e merita di essere tenuto d’occhio.
Progetto Italiano n. 3 / Azimuth – Libera dimensione, The Workbench, fino all’11 marzo
Foto: allestimento della mostra presso The Workbench. Courtesy The Workbench