“Il capo perfetto” di Fernando León de Aranoa sfoggia risate e graffi, un pizzico di sana cattiveria e tanti sorrisi. Si racconta la storia di Blanco, padrone di un’azienda dove grazie a lui (così almeno pensa) tutto funziona alla perfezione, compresa una buona dose di empatia e generosità. Almeno finché il meccanismo non s’inceppa. Sceneggiatura a tratti prevedibile per un film mattatoriale
Il signor Blanco (Javier Bardem), protagonista de Il capo perfetto, commedia nera natalizia di provenienza spagnola, è graniticamente convinto di essere il padrone perfetto: giusto, onesto, gentile, generoso, empatico, premuroso. Ma non gli basta la consapevolezza di essere al centro di una fabbrica perfetta, dove tutto funziona al meglio e ogni ingranaggio, ogni rotella gira nel modo più fluido e impeccabile. No, vuole che tutta questa perfezione sia riconosciuta anche all’esterno, in particolare dall’apposita commissione incaricata di assegnare il premio per le eccellenze aziendali della regione. Sulla parete del soggiorno di casa sua spiccano già parecchie onorificenze e il protagonista non vede l’ora di aggiungere l’ennesimo premio.
Ma proprio nella fatidica settimana in cui si deciderà il destino della ditta Blanco – apprezzata produttrice di bilance di precisione – nuvoloni neri di tempesta si addensano all’orizzonte. Un operaio (forse ingiustamente) licenziato si accampa davanti ai cancelli, con tanto di megafono, tenda e figli piccoli, mentre il direttore di produzione in crisi con la moglie sprofonda in una depressione catatonica che lo rende del tutto incapace di organizzare il lavoro proprio e altrui. Lo stesso Blanco, all’inizio tanto abile (almeno in apparenza) nel tenere sotto controllo il suo piccolo mondo personale e aziendale, si rivela totalmente incapace di calcolare quanto può essere pericoloso intrattenere una relazione clandestina con una giovane stagista.
Sono passati quasi vent’anni da I lunedì al sole, il film che fece conoscere Fernando León de Aranoa sul mercato internazionale, con una storia dura e malinconica di operai disoccupati in una città della Spagna del Nord devastata dalla crisi industriale. Fra i protagonisti di quel piccolo capolavoro figurava Javier Bardem, che ritorna qui in un ruolo perfettamente speculare, quello del padrone pur animato dalle migliori intenzioni ma deciso a non rinunciare nemmeno a un briciolo del proprio potere. Ed è proprio grazie a Bardem, alla sua prodigiosa capacità di calarsi fino in fondo nel suo personaggio, riuscendo d essere al tempo stesso simpatico e odioso, censurabile e trascinante, che questa commedia acida riesce a decollare. Nonostante la sceneggiatura sia ben congegnata ma piuttosto prevedibile, capace di costruire una serie di scene e scenette a tratti gustose ma mai veramente irresistibili. Insomma, un prodotto medio che mantiene quello che promette: qualche risata, qualche graffio, un pizzico di sana cattiveria e tanti sorrisi.
Il tutto scandito nel passaggio da un giorno all’altro, lungo una settimana che si rivelerà cruciale per i destini dei personaggi, anche se alla fine la vera morale è che tutto deve cambiare proprio per impedire che le cose cambino davvero. Da una parte i padroni, dall’altra gli operai, in mezzo diversi tentativi di mescolare le carte in tavola che non sortiscono però gli effetti sperati. Comunque, l’importante è che i due piatti della bilancia rimangano in equilibrio, anche se per ottenere questo risultato si finisce col ricorrere a qualche trucchetto. Metafora fin troppo scoperta del potere manipolatorio del capitalismo, che il sorriso guascone di Bardem rende comunque convincente.
Il capo perfetto di Fernando León de Aranoa, con Javier Bardem, Manolo Solo, Almudena Amor, Óscar de la Fuente, Sonia Almarcha