Un ottimo cast, da Gerald Butler a Wiillem Dafoe, ad Alfred Molina, per un interessante dramma familiare diretto da Mark Williams, produttore passato alla regia che ben bilancia creatività e comunicativa. Dane lavora duro ogni giorno, ma cerca di non far mancare il suo affetto a moglie e figli. Ma mentre una proposta di avanzamento di carriera lo rende più necessario in ufficio, al primogenito viene diagnosticata una grave malattia: come preserverà il suo fragile equilibrio di vita?
Lavoro e famiglia: questi due fattori, fondamentali nella nostra società, spesso non hanno per noi lo stesso peso, e a volte occorre un evento molto doloroso, fuori dall’ordinario, per farci capire quali sono le priorità. È esattamente ciò che accade in Quando un padre, film d’esordio di Mark Williams, in cui un uomo rischia di perdere ciò che ha di più prezioso: il proprio figlio. Dane Jensen (Gerald Butler), cinico, spregiudicato cacciatore di teste, lavora senza tregua, soprattutto da quando il suo capo Ed (Willem Dafoe) lo candida a un’importante posizione di manager, mettendolo in gara con la grintosa collega Lynn (Alison Brie). Tutto questo cambia quando al suo primogenito Ryan (Max Jenkins) viene diagnosticata una grave malattia. Da quel momento Dane cercherà di dividersi tra i bisogni del figlio e la corsa per la carriera, imparando che nella vita non conta solo il profitto.
C’è già stato più di un film in cui un padre doveva scegliere tra la famiglia e il lavoro: nella maggior parte dei casi era un personaggio egoista che all’inizio pensava soprattutto ai beni materiali, ma nel corso del film si ravvedeva. Dane non rientra in questa categoria: è un uomo che si alza presto e torna tardi la sera dopo il lavoro, impegnandosi con tutte le sue forze per garantire un tenore di vita elevato alla moglie Elyse (Gretchen Mol) e ai loro tre figli, anche se ciò vuol dire che può stare con Ryan solo finché non sente vibrare il cellulare. Purtroppo per lui, per mantenere i suoi cari non c’è alternativa a un prezzo tanto alto, perché può sempre sentirsi pronunciare le tre parole maledette: You Are fired. Sei licenziato. E l’idea di sentirselo dire in anni come questi, in cui avere un lavoro fisso non è affatto scontato, diventa un vero incubo.
Sebbene Dane passi poco tempo in casa, anche quel poco ha molta importanza per i suoi figli: essi tengono molto a lui, e lo dimostra Ryan, quando afferma spesso, con fierezza, che il padre “aiuta gli altri papà a trovare lavoro”; anche se ciò non sempre è vero, come nel caso di Lou (Alfred Molina), un ingegnere pieno di buona volontà che nessuno vuole assumere per l’età avanzata.
Nei dieci anni trascorsi da quando ha interpretato Leonida in 300, Gerald Butler ha perso la carica fisica del guerriero ma in compenso si è rivelato capace di provare varie emozioni diverse, e di suscitarle nello spettatore: rabbia, gioia, ansia, disperazione. E tutto questo senza gridare “Questa…è…Sparta!”. In questo film gli stanno dietro Dafoe e Molina, forti di una fama già consolidata, interpreti di due parti tanto impegnative quanto diverse: il primo fa un imprenditore avido ed egoista, il secondo un lavoratore onesto e gentile. Ottima anche la regia di Williams, produttore passato dietro la macchina da presa, che forse anche per questo sa mettere insieme il guadagno e la creatività. Felice è poi la sceneggiatura di Bill Dubuque, che nel 2014 ha collaborato a The Judge, dove compariva un analogo, tormentato rapporto padre-figlio.
Dopo aver visto un film di questo genere, esci dalla sala con uno stato d’animo molto diverso, ti senti quasi trasformato. Perché il protagonista è un uomo normale, in cui molti spettatori potrebbero vedere sé stessi, e quindi viene da chiedersi: io cos’avrei fatto al suo posto?
Quando un padre, di Mark Williams, con Gerald Butler, Willem Dafoe, Alison Brie, Max Jenkins, Gretchen Mol, Alfred Molina