“Rara”, sensibile film d’esordio della cilena Pepa San Martìn, ambienta a Vina del Mar il complesso ménage familiare di Paula, madre dell’adolescente Sara e della piccola Catalina, con la compagna Lia. Le quattro donne sembrano felici, finché i turbamenti della crescita e lo spirito di vendetta dell’ex marito rimettono tutto in discussione. “Regalando” alle protagoniste qualche vero dolore
All’ultima Berlinale ha vinto il Grand prix internazionale Generation Kplus, uno dei riconoscimenti dedicati ai film che in qualche modo si occupano di infanzia, ma in realtà non di questo solo tratta Rara, scritto e diretto dall’esordiente (dopo due corti a loro volta premiati) Pepa San Martìn, 42enne regista cilena con forti legami con la Germania. In qualche modo lo si potrebbe definire un I ragazzi stanno bene che finisce male.
Anche qui due donne gestiscono felicemente, tra “normali” alti e bassi, la loro relazione familiare: certo, la madre Paula (Mariana Loyola, che abbiamo visto anni fa in un altro bel film, La nana) e Lia, la sua partner (la bellissima Agostina Muñoz) si trovano a fronteggiare il perbenismo strisciante di una società, quella della città di Viña del Mar, che ancora fatica a digerire le diversità sessuali, ma tutto sommato i rapporti con colleghi e colleghe di lavoro e con i genitori dei figli che vanno a scuola con le loro ragazze, l’adolescente e già problematica Sara (Julia Lübbert) e la più piccola, quasi pestifera ma in fondo cuor doro Catalina (Emilia Ossandon), restano in un quadro di sopportabile alterità.
Ma la realtà è sempre in agguato, e qui non c’è, come nel delizioso film con la coppia Moore-Bening, un donatore che rivelerà le fattezze e la simpatia di Mark Ruffalo, ma un ex-marito, padre frustrato, che pur comportandosi nel complesso civilmente cova la rivincita: istigato dalla sua nuova compagna, soprattutto vuole di nuovo con sé le sue figlie, e non solo nei week-end. E non si farà certo scrupolo di usare argomenti gretti menzogneri per mettere fuori gioco l’ex-moglie e la peraltro amorevole (con le piccole) compagna.
Le sue trame sleali faranno leva sul disagio teenageriale di Sara, stressata dai primi confronti con l’universo maschile e dal dolore di vedere i genitori sempre più in conflitto: finirà in qualche modo per essere proprio lei, senza colpa alcuna ma abilmente strumentalizzata, a provocare l’intervento che porterà le ragazzine, tutt’altro che felici, sotto il tetto paterno. Costringendo Paula a fare i conti con la durezza del mondo che sperava di poter gestire.
Film di scrittura delicata e di profonda sensibilità femminile, dove nessuno è mostrificato anche se più d’uno (e una) sono giudicati anche con una certa severità, Rara è visto sostanzialmente dal punto di vista di Sara, l’effettiva protagonista del racconto, intorno ai cui dilemmi, alle cui azioni, ruota ogni accadimento.
Pepa San Martìn e la co-sceneggiatrice Alicia Scherson sono partite da una storia vera per fare un film che è molto fiction, ma certamente salva la credibilità della situazione di fondo anche per merito di tutte le quattro le attrici in primo piano. Senza mai gridare, ma dicendo con chiarezza più di una cosa e ponendo più di un problema, per esempio la tutela dei figli/e di coppie omosessuali, ancora oggi in Cile non chiaramente contemplata. Per amore spesso si sbaglia, e per la voglia di scegliere, di decidere a nome di tutti, senza chiedere il permesso e il parere agli altri. È una verità che si può raccontare con sincerità e mestiere, mettendo anche “di mezzo” le bambine.
Rara di Pepa San Martín, con Julia Lübbert, Mariana Loyola, Agustina Muñoz, Emilia Ossandón, Daniel Muñoz
LA SCUOLA COME RISCATTO, IL SEQUEL DI Pascal plisson
Albert ha 11 anni, vive a l’Havana ed è una piccola promessa della boxe. Deegii, in Mongolia, si esercita per diventare contorsionista. Tom, ugandese, ha una passione per le grandi scimmie e vuole diventare ranger. Nidhi, a Benares, studia matematica e sogna di essere un ingegnere. Quattro storie di povertà e di riscatto attraverso l’istruzione in Vado a scuola: il grande giorno, sequel di Vado a scuola, sempre diretto dal documentarista francese Pascal Plisson tre anni fa.
Un altro film con ragazzi protagonisti, sia pure di età molto diverse – Deegii è piccola, Tom ormai un adulto – le cui storie si riproducono con un andamento parallelo: un gran talento iniziale, la povertà e la perifericità come ostacoli, la costanza nell’impegno a far da motore, il successo finale che dà un senso a tutto (film compreso). Un’opera civile e di buoni sentimenti, di bei panorami ed esseri gentili, che per la verità poco ci dice dei paesi di cui parla e non molto nemmeno dei personaggi, fin troppo unidimensionali per esigenze narrative.