In “La voce del silenzio” lo scrittore e regista venezuelano Jonathan Jakubowicz racconta come il futuro grande attore francese salvò nel 1942 dalle milizie di Hitler, nella Francia occupata, 123 bambini orfani ebrei portandoli in Svizzera. E Jesse Eisenberg lo interpreta mostrando non solo un uomo giusto e coraggioso, ma anche un artista in grado di dimostrare che un semplice gesto poetico può dare vita a un grande sogno di libertà, pur in mezzo al dramma immane della guerra
Il suo nome vero era Marcel Mangel e aveva un grande idolo, Charlie Chaplin, ma gli spettatori l’hanno conosciuto, e applaudito sui palcoscenici di tutto il mondo, come Marcel Marceau, figlio di un macellaio kosher di Straburgo e per molti tuttora il più grande mimo della storia del teatro. Chi volesse saperne di più sull’origine del suo nome d’arte, e sulle nobili vicende che portarono lui stesso a cambiarselo, su un passaporto falso per sfuggire alle armate di Hitler, può scoprirlo in Resistance – La voce del silenzio, diretto dallo scrittore e regista venezuelano d’origine polacca Jonathan Jakubowicz, autore nel 2016 di Hands of stone con Robert De Niro, Edgar Ramírez e John Turturro, sulla vita del pugile panamense Roberto Duran.
Il film, che in Italia si può vedere on demand sulle piattaforme Sky Primafila Premiere, Chili, Apple Tv, Google Play, TIMVision, Rakuten TV, Infinity, CG Entertainment, The Film Club, ripercorre gli anni in cui il futuro attore, allora poco più che vent’enne (lo impersona Jesse Eisenberg, che in famiglia ha davvero una madre clown ed è stato Mark Zuckerberg in The Social Network, e ottimo protagonista di Cafè Society di Woody Allen) salvò con altri giovani e volonterosi militanti della Resistenza anti-tedesca francese, ben 123 orfani ebrei: la loro deportazione in un lager era più che probabile, nella Francia del 1942 occupata dai soldati del Fuhrer, che ne avevano sterminato i genitori. Per completare l’impresa, e portarli oltre il confine nella neutrale Svizzera, Marcel dovrà vedersela con lo spietato obersturmführer delle SS Klaus Barbie (ha il volto di Matthias Schweighöfer), torturatore passato alla storia come il “macellaio di Lione”.
Film biografico con molti elementi documentati – sulla famiglia Mangel, su Barbie e la Francia di allora, su Elisabeth, la fidanzata di Marcel, ribelle come e più di lui (interpretata da Cléménce Poesy, vista in tre film della saga Harry Potter e presto in Tenet di Christopher Nolan) – Resistance gioca in realtà molte delle sue carte sul piano sentimentale e dell’ispirazione artistica: mostrando nel rapporto tra Marcel e i ragazzi come la poesia di un gesto possa essere al centro di un sogno potente di libertà, all’apparenza assurdo di fronte alla tragedia immane, crudele, ineluttabile della guerra.
E come possa portare tra le persone il sorriso e la speranza, cosa che Marceau dimostrerà molta volte nei successivi sessant’anni di una carriera iniziata nel ’40 nelle caves di burlesque di Strasburgo e proseguita perfino a Norimberga 1945, davanti a 3mila soldati americani liberatori di Parigi: il film mostra il suo show, a chiusura del discorso che il celebre generale americano Patton, interpretato da Ed Harris (4 nomination all’Oscar), gli dedica come eroe della Resistenza e che fa in qualche modo da filo conduttore del film. Dopo la guerra riprenderà la sua arte vestendo la divisa multicolore di Arlecchino, per non lasciare mai più le tavole del palcoscenico dove porterà la sua più famosa creazione, “Monsieur Bip”. Un successo globale arricchito da Legion d’Onore (1998) e Ordine Nazionale del Merito (1998) assegnatigli per l’impegno durante la Resistenza.
Nella stesura della sceneggiatura di Resistance, il cui cast multinazionale schiera il francese Felix Moati, il venezuelano Édgar Ramírez, l’ungherese Vica Kerekes e la piccola attrice inglese Bella Ramsey, Jakubowicz ha scelto di inserire esperienze reali di testimoni contemporanei. Lo racconta così: “L’unica persona che era ancora viva quando ho iniziato a scrivere era Georges Loinger, il cugino di Marcel, leader del suo gruppo di resistenza: aveva 106 anni ed era la fonte più attendibile che si potesse avere, per cui gran parte di questo film si basa sulle sue dichiarazioni. Io stesso sono discendente di sopravvissuti all’olocausto, e le storie, i ricordi di guerra sono stati parte della mia vita fin dall’infanzia. Non capirò mai com’è possibile che i miei familiari siano stati uccisi solo perché erano ebrei. Ma il motivo per cui alla fine ho deciso di realizzare Resistance è che, nonostante il suo contesto tragico, è un film che inneggia alla vita. E questo in un periodo, come il nostro, in cui sembra crescere di nuovo in tutto il mondo un odio basato sulla diversità di razza, nazionalità, religione e politica”.
Resistance – La voce del silenzio, di Jonathan Jakubowicz, con Jesse Eisenberg, Cléménce Poesy, Édgar Ramírez, Ed Harris, Matthias Schweighoefer, Géza Röhrig, Viva Kerekes, Felix Moati, Bella Ramsey