Il nuovo spettacolo di Corrado D’Elia sospeso tra fantascienza e teatro vittoriano
propone un coinvolgente allestimento visivo come altre operazioni di ricollocamento di Shakespeare all’interno dell’immaginario comune già proposte, conservandone però una spinta positiva e autentica, in un gioco teatrale ricco di spunti.
Sulla scena, a sipario già aperto, sfilano, come s’una passerella di sogni, immagini lontane, sagomate da luci blu al neon. Miniature sperdute, quasi ologrammi incantati, appaiono e scompaiono nel buio.
Sono i personaggi del Riccardo III di Shakespeare; ci sono tutti, o quasi. Manca il duca di Gloucester, proprio lui, il protagonista…smaterializzato!
La sua ascesa alla corona si svolge come all’interno di una stazione di gioco dai motivi un po’ retrò, simile agli ambienti di alcuni esperimenti cinematografici agli albori del digitale con dominanze colore Viola e Blu elettrico – Tron Legacy ad esempio – portandosi dietro però alcuni temi della più alta letteratura e tradizione teatrale.
Riccardo non è in scena, non è mai sulla scena. La sua perversione sanguinaria però agisce, implacabile e spietata sul “mondo sottostante” che lo avverte costantemente, percepisce la sua presenza e, alla fine, se ne ribella.
Della creazione di questo “mondo sottostante” lo spettacolo ha grande merito.
Vedere i personaggi abbozzare passi da disco dance sotto un lampadario sospeso, immobile e magnetico (Il centro di rotazione dell’intera pièce, forse il cuore di Riccardo III) li rende sin da subito come oggetti nostalgici e dimenticati. La stessa evanescenza dei pixel, o delle immagini senza un vero e proprio supporto fisico, li caratterizza.
Lo spettacolo, fortemente voluto da Corrado D’Elia e dalla sua compagnia – reso possibile anche grazie ad una campagna di crowfounding online – garantisce sì un raffronto diretto con il grande drammaturgo inglese, ma ne seleziona degli elementi estetici e narrativi su cui si affacciano a capolino certe irresistibili fascinazioni visive (idee grafiche e di scena di Chiara Salvucci) che con equilibrio e un po’ di coraggio vengono proposte sulla scena. Il ritmo è serrato, veloce, scandito da insistenti lampi luminosi che, per un fenomeno di persistenza retinica, acquisiscono la stessa valenza dei fotogrammi al cinema.
Un unico atto senza interruzioni, per richiamare al pubblico la follia vertiginosa di Re Riccardo.
E forse l’intuizione di Corrado D’Elia, oltre che regista dell’allestimento anche “voce” di Re Riccardo, sta proprio qui, nel creare questa sproporzione quasi fantascientifica che trascina letteralmente fuori dal Teatro Riccardo III, che agisce come un “deus ex-machina”, una sorta di HAL 9000 programmato per comunicare e rapportarsi al mondo esterno secondo gli stilemi drammatici del teatro Shakespeariano.
Un computer che recita Shakespeare, che si esprime a citazioni e monologhi, cadendo vittima anch’esso della finzione scenica. D’altronde una “piccola voce” simile a quella dello spettacolo la portiamo tutti noi in tasca: se “Siri” (il software lanciato da Apple nel 2010) si esprimesse passando in rassegna alcuni dei testi teatrali più importanti della nostra cultura che cosa succederebbe? Non potrebbe allestire, per suo diletto, all’interno del suo scuro mondo rettangolare, un allestimento teatrale, servendosi magari di icone e immagini recuperate dalla rete?
Un computer Attore? Una macchina può essere programmata per recitare?
Una tematica molto attuale e a fondo scandagliata dalla letteratura e dal cinema di fantascienza, ma che offre sempre spunti di riflessione. Accostarla a Shakespeare è una trovata interessante, che risponde chiaramente ad alcune valide suggestioni convalidate da un innato amore per l’immagine e la forza evocativa del teatro. Per esempio il momento di seduzione, da parte di Riccardo, della bella Lady Anna, condotto unicamente attraverso il dialogo scritto da Shakespeare (opportunamente riadattato) – che risuona della profondità poetica di temi come la bellezza, l’amore… l’inganno – è un buon momento, particolarmente riuscito all’interno dell’allestimento, forse la sua perfetta sintesi.
La voce, infatti, sa adoprarsi in maniere diverse, sa acquisire il calore umano, il respiro, come invece può distaccarsene repentinamente per spostarsi sulle note sinistre delle sue frenetiche macchinazioni. Sa mantenere un certo temperamento, ma può lasciarsi andare ad impetuosi scatti d’ira che non lasciano scampo.
A seguire “La Voce” vi sono, sull’arena di gioco – Una pedana inclinata resa viva e pulsante dai disegni di Luce di Marco Meola – i personaggi di Shakespeare, caricaturati e ridotti alle connotazioni essenziali, che si avvicendano l’un l’altro senza mai incontrarsi davvero. Ciascuno occupa una porzione di spazio ben circoscritta. Di tanto in tanto, ad ogni cambio di scena (veri e proprio stacchi cinematografici con “dissolvenze a nero”) si dispongono in maniera geometrica, seguendo linee e diagonali, come s’una scacchiera.
L’atmosfera di forte straniamento che attraversa tutto lo spettacolo, suggerendo all’interno della sala una sorta di patina surreale, viene mantenuta bene dagli attori, che sono bravi a trovare chiavi di volta espressive sempre nuove per sopperire all’onirismo dei loro corpi. Anche la dimensione del tempo viene decostruita, ricorrendo all’uso di frequenti “replay” e ad anomalie nel “sistema operativo”, agendo direttamente sulla memoria turbata di Re Riccardo, invasa da reminiscenze balenanti nel buio.
A fine spettacolo rimangono sugli occhi, ancora per qualche secondo, le luci pulsanti dell’allestimento, i riflessi fosforescenti dei costumi di scena e il lampadario, oramai spento, che ancora s’intravede.
Foto e Video di Compagnia Corrado d’Elia
RICCARDO III di William Shakespeare in scena al Teatro Litta fino al 4 Marzo