La biblica verità dell’episodio capolavoro del film “Rogopag”, 1963, trasferita in un monologo teatrale dal bravo Antonello Fassari alternando linguaggio scenico e filmico
Periodo di grande cinema a teatro. Si è appena visto allo Strehler il magnifico dittico olandese ispirato a due film “teatrali” di Bergman (Dopo la prova e Persona), riuniti nell’inesausto rapporto realtà versus finzione, diretti da Ivo Van Hove, nome di punta in Europa, ed ecco che un celebre “episodio” pasoliniano, La ricotta, parte del film Ro.go.p.ag (iniziali di Rossellini, Godard, Pasolini e Gregoretti) sprigiona la sua forza (ancora solo stasera) al Parenti, dove però domenica 7 giugno Fabrizio Gifuni è attesissimo per la lettura di Ragazzi di vita.
Inedita e coraggiosa l’operazione del bravo Antonello Fassari (star dei Cesaroni tv scritti da Ricci-Forte) che prima recita in monologo il racconto di Pasolini (non avendo i diritti di drammatizzazione) in un palcoscenico quasi vuoto ma non spoglio; poi si mette la casacca di quelli che una volta negli intervalli passavano a vendere cornetti e aranciate ed infine fa partire la proiezione del vero film del 1963, epoca trionfante di cinema a sketch.
Dizione impossibile da usare per La ricotta dove Pasolini immagina un set trucido, da fiera di paese, che narra la storia della Crocifissione ma dove il buon ladrone, che nella pausa pranzo s’è ingozzato di ricotta, muore di indigestione sulla croce.
In un crudo, meraviglioso bianco e nero che dialoga col dialetto romanesco, intervallato dai colori pastosi di due riproduzioni barocche, le Deposizioni del Pontormo e di Rosso Fiorentino, lo scrittore dei ragazzi di vita, presenti anche in questa situazione, ambienta questa geniale e biblica metafora dove Orson Welles fa il regista al soldo di un ricco produttore con la sua corte di nani e ballerine. Ed è celebre la sua intervista (doppiata con la voce dello scrittore dei Finzi Contini, Giorgio Bassani) a un ossequioso giornalista in cui vomita il suo livore contro la classe dirigente e la borghesia più ignoranti d’Europa, mentre a proposito di Fellini, risponde “egli danza” (c’era stata una cotta tra Pier Paolo, fan della Dolce vita e Federico, ma poi la mancata realizzazione di Accattone da parte della Federiz siglò un divorzio).
Nella contrapposizione teatro cinema la storia è inevitabilmente raccontata due volte, forse Fassari avrebbe fatto meglio a spaccare lo schermo, inserendo la propria voce in modo davvero da unire in sacre nozze mediatiche i due mezzi che ci raccontano la stessa, eterna tragedia di Stracci, il morto di fame (e mai fu più appropriato il termine).
Fassari fa tutto da solo (adelchi Battista offre la musica), benissimo rievocando un autore e un’epoca, senza retorica, senza sentimentalismi, mentre nel film ci sono comparsate illustri nello stile dell’intellettuale famoso che chiamava a raccolta gli amici importanti, oltre ai dolci visi della Madonna Edmonda Aldini e dell’amica sua storica Laura Betti.
La ricotta di Antonello Fassari, dal film di Pasolini. Parenti, dal 24 al 29 maggio