Sugli schermi uno dei più clamorosi casi letterari recenti, il libro di Maylis de Kerangal, che la regista francese Katell Quillévéré affronta con un ottimo cast in cui spiccano Emmanuelle Seigner e Anne Dorval. I genitori del giovane Simon, in punto di morte dopo un’incidente d’auto, acconsentono alla donazione dei suoi organi. Il cuore andrà a una signora di mezza età, condannata da una malattia degenerativa. Così, nello strazio, nel dolore e nella pietà, la fine di un’esistenza ne salverà un’altra
L’onda dell’oceano che diventa strada. La strada che significa morte per qualcuno e vita per qualcun altro. Il cuore, nella sua doppia natura di motore del corpo e simbolo dell’amore, che non smette di battere. Per il suo terzo film da regista, Riparare i viventi, la francese Katell Quillévéré (Love like poison e Suzanne) si confronta con una sfida complessa: quella di adattare per il cinema il best seller di Maylis de Kerangal, vero e proprio caso editoriale internazionale. Il risultato è un dramma medico e familiare formalmente bello, con alcuni momenti di grande forza e crudezza, ma non del tutto risolto.
Dopo una notte con la fidanzata e una mattinata di surf con gli amici, il giovane Simon viene coinvolto in un incidente stradale che lo lascia cerebralmente morto. Mentre il ragazzo è attaccato alle macchine in un ospedale di Le Havre, i genitori devono decidere se donare o meno i suoi organi. E intanto a Parigi Claire, una donna di mezza età con una malattia degenerativa al cuore, aspetta il trapianto che potrebbe salvarla…
Se mostrare personaggi alle prese con la scomparsa di una persona cara in ospedale è ormai quasi un cliché del genere drammatico, la Quillévéré prova, attraverso la sceneggiatura scritta con Gilles Taurand, a indagare dolore e consapevolezza evitando il melò scontato e senza fare affidamento su facili escamotage. E a tratti ci riesce. Il problema però è l’andamento irregolare del film, che non mantiene fino in fondo le promesse iniziali: nella seconda parte mancano la complessità, l’originalità e le sequenze mozzafiato della prima.
L’intensità della messa in scena riesce comunque a sopperire a questo sviluppo altalenante, che a tratti impedisce di abbracciare il racconto nel suo complesso, perdendo alcune sotto trame importanti. Dentro alle vicende di Simon e di Claire infatti ci sono tante altre storie: i genitori del ragazzo, chiamati a una scelta improvvisa in un momento tragico, il giovane medico che deve parlare loro della donazione, l’infermiera in crisi, i due giovani figli, più o meno coetanei di Simon, della signora in attesa del trapianto. Una densità di vite che sicuramente avrebbe meritato più spazio, e invece a volte lascia la sensazione che alcuni caratteri siano solo abbozzati.
Di fatto, in estrema sintesi, la pellicola racconta le fasi di un trapianto cardiaco: prima la morte del giovane e la tragica presa di coscienza della madre e del padre, che decidono di donare i suoi organi, poi la notizia alla persona destinataria del cuore, l’espianto e il trasporto, infine il trapianto. Una nuova vita e una nuova speranza. È nel dipingere l’impatto emotivo di tutto questo in maniera lucida, autenticamente umana, profonda e aggraziata, che la regista fa un ottimo lavoro, grazie anche a un bel cast corale in cui si distinguono Emmanuelle Seigner, nei dolorosi panni della mamma di Simon, e Anne Dorval (attrice-feticcio dell’enfant prodige Xavier Dolan, tanto da recitare in quattro dei suoi sei film) in quelli delicati di Claire.
Riparare i viventi, di Katell Quillévéré, con Emmanuelle Seigner, Anne Dorval, Tahar Rahim, Alice Taglioni, Bouli Lanners, Kool Shen