Celebrazioni, cofanetti, la giornata speciale in tutto il mondo e anche in Italia: ma 30 anni fa chi l’avrebbe immaginato allora (a parte noi)?
Cara colonna destra di Repubblica.it, vediamo di smetterla coi proclami. Non si gioca coi sentimenti. Perché con i video virali di cani parlanti e proposte di matrimonio flash mob puoi scherzarci quanto vuoi, ma con gli skateboard volanti, quelli proprio no. Gli skateboard volanti sono una cosa seria. Già abbiamo dovuto subire quel bizzarro periodo in cui sui social network ogni giorno era “il giorno del viaggio nel futuro di Marty Mc Fly”, ed è toccato a noi fare il giro delle bacheche di amici e parenti per avvisare che di bufala si trattava, manco fossimo uno di quei fulminati che importunano i passanti con volantini e raccolte fondi per riparare vecchi orologi. Tra scariche elettriche e ingranaggi, intanto, il tempo vero non si è fermato un secondo, e ora che la data sta arrivando per davvero ( ed è il 21 ottobre, Ritorno al futuro Day ) pretendiamo rispetto.
Cerca di capirci: gli anni passano, sono già trenta, e non ne abbiamo saltato neanche uno. Lo Squalo è in ritardo di diciotto episodi, si videogioca usando le mani come i bambini, e noi siamo ancora tutti qua, con quattro rotelle (o forse, grande Giove, una un po’ ci manca) e un sogno grande. Il sogno di partire, senza bisogno di strade.
Certo, ammettiamolo, potrebbe andarci peggio. E non parlo di terroristi libici o incidenti imbarazzanti con carri di letame, no. Ci è andata di lusso perché l’onda del remake, del revival e del sequel over 50 per ora non ci ha nemmeno sfiorati: niente avventurieri imbolsiti, niente restyling in CGI, al massimo qualche museo e comparsata alle fiere, ma sempre a testa alta. I nostri eroi sono rimasti tali e quali, eterni adolescenti hollywoodiani (vero, Michael?), stralunati ed eccentrici, sicuramente tutt’altro che fifoni. Dopotutto, provateci voi a raggiungere le 88 miglia orarie su una DeLorean a plutonio e spazzatura e non provare neanche il brivido di chi corre verso l’inaspettato, sia esso passato, futuro, o anche un presente irriconoscibile per colpa di un maledetto almanacco sportivo finito nelle mani sbagliate.
Roba che, al confronto, le celebrazioni che si avvicinano per festeggiare in tutto il mondo la fatidica data, le proiezioni speciali, i cofanetti blue ray e gli inevitabili articoli e red carpet a mostrare i protagonisti ieri e oggi, sono poco più che una passeggiata. Eppure, a parte noi, nessuno l’avrebbe mai immaginato. Un primo episodio dal budget ridicolo (alzi la mano chi ne ricorda un effetto speciale degno di nota), progettato per reggersi interamente sulle esili spalle del nanerottolo di Casa Keaton, e poi il boom. Un successo tale da trasformare l’attore in icona, oscurandone ogni altra interpretazione, per quanto valida: per informazioni chiedere a Christopher Lloyd, una filmografia smisurata (più sul piano numerico che qualitativo, a onor del vero), e un solo ruolo per passare alla storia, quello in camice, capelli arruffati e occhio a palla. Pensare che nel curriculum vitae di Michael J. Fox, oltre a teen movie di serie Z e commedie yuppie anni ’80, figura anche un ruolo di protagonista nel notevole dramma Vittime di Guerra, ambientato nel conflitto in Vietnam e diretto nientemeno che da Brian De Palma, proprio a cavallo tra il primo e il secondo episodio della saga.
E Robert Zemeckis? Mentre trilogie dal successo ancora maggiore cambiavano regista a ogni piè sospinto, eccolo restare imperterrito dietro alla macchina da presa dal numero uno al numero tre, passando senza colpo ferire dalla commedia anni ’50 alla fantascienza, dall’immaginario quasi post-apocalittico agli allegri stereotipi del western da parco giochi. A premiarne il coraggio una carriera, la sua sì, densa di successi e soddisfazioni anche nel dopo-DeLorean: nel 1994 arriva l’Oscar alla regia per Forrest Gump, forse il più buonista e meno ispirato dei suoi lavori, ma specchio fedele di una Hollywood che già iniziava a guardare altrove, lontano dai giochi di genere, verso la grande commedia dell’american dream. Nella medesima direzione pare diretta la sua nuova fatica, The Walk, storia di un altro sognatore, quel Philippe Petit capace di attraversare clandestinamente le Torri Gemelle, sospeso su un filo d’acciaio tra l’asfalto e le nuvole. Avesse avuto uno skateboard volante, sarebbe stato decisamente più semplice.