Marc, il protagonista di “Il libro delle soluzioni” (interpretato dall’allampanato e irresistibile Pierre Nimey), somiglia in modo inquietante al 60enne autore francese del film. E qui Michel Gondry pare tornato ai fasti di “Se mi lasci ti cancello” con una ossessiva, incontenibile meditazione sui tormenti della creazione artistica. Che forse è anche una radicale confessione di paura e impotenza. Una commedia surreale, commovente e irritante, serissima e autoironica, a tratti molto divertente
Marc (Pierre Nimey), il protagonista de Il libro delle soluzioni di Michel Gondry, sembra somigliare in modo davvero inquietante al suo autore: è un regista in crisi, spaventato e collerico, depresso e ipercinetico, pieno di tic, ansie, timori e tremori. Certo di essere un genio incompreso, si rifiuta ostinatamente di concludere il film che sta girando, e persino di rivedere le sequenze già realizzate, arrivando al punto di lanciarsi in una fuga rocambolesca e puerile, che coinvolge i suoi sventurati collaboratori e naturalmente manda su tutte le furie i produttori. Solo rifugiandosi nella casa della vecchia zia Denise (Françoise Lebrun, che in realtà interpreta la vera zia Suzette di Gondry) in un paesino tra le montagne francesi, Marc troverà una parvenza di stabilità e sembrerà in grado di ricominciare a lavorare, scoprendosi forse persino capace di nuovo di creare, magari addirittura di realizzare un capolavoro. O forse no.
L’intero film sembra un autoritratto di artista perennemente sull’orlo di un attacco di nervi, un’ossessiva, incontenibile meditazione sui tormenti della creazione ma anche, forse soprattutto, una radicale confessione di impotenza. Perché, tra un progetto folle e un’idea stravagante – dal documentario su una formica (una singola, solo una) a un film d’animazione che vede protagonista una volpe che sogna di fare la parrucchiera – il film e il suo autore arrancano e girano a vuoto, si perdono e si rincorrono, fino a smarrire anche il più piccolo barlume di senso. O anche solo un’idea della direzione da prendere.
Michel Gondry, autore geniale del magnifico Se mi lasci ti cancello, non faceva film da otto anni (dopo Microbo e Gasolina, del 2015), e questo suo ritorno sotto il segno del delirio potrà forse deludere alcuni dei suoi fan, ma rappresenta un tentativo straordinariamente sincero di raffigurare il regista come un piccolo despota incapace di venire a patti col mondo. Una scommessa autobiografica sotto forma di commedia surreale, al tempo stesso commovente e irritante, serissima e autoironica, a tratti strepitosamente divertente, in alcuni momenti sorprendente. Un piccolo bizzarro compendio di come ci si possa rendere infelici, con o senza un “libro delle soluzioni” capace di indicarci la via, o forse soltanto di tenerci alla larga dai guai peggiori. Pierre Nemey, l’alter ego che Michel Gondry si è scelto, è semplicemente perfetto, con quel sorriso timido e la figura allampanata, e l’esplosiva vis comica capace di dare vita a momenti di vera e propria irresistibile slapstick comedy.
Il libro delle soluzioni di Michel Gondry, con Pierre Niney, Blanche Gardin, Frankie Wallach, Camille
Rutherford, Françoise Lebrun