Primo spin-off ufficiale della serie, “Rogue One” apre una nuova fase del fenomeno Star Wars, con storie che si svolgono al margine delle grandi trame sviluppate nei film principali della saga. In questo caso il racconto è incentrato su come i ribelli entrarono in possesso dei piani della Morte Nera. Il tutto affidato alla regia di Gareth Edwards, rivelatosi con il fantasy indipendente “Monsters” e poi col remake di “Godzilla”. E nel 2017 ci attende un nuovo titolo del filone principale, “Episodio VIII”
C’è chi, come T. S. Eliot, dichiara di misurare la sua vita in cucchiaini di caffè. Qualcuno, tra le nuove generazioni (e pure tra quelle un po’ meno nuove), potrà invece dire un giorno di aver fatto lo stesso con gli episodi di Star Wars, scandendo grazie a quei film, il passare degli anni e delle età. E, diciamolo, poteva andargli decisamente peggio.
Ma se di norma ogni pellicola a marchio Guerre Stellari è ormai un prodotto che si vende da sé, questo Rogue One: a Star Wars Story arriva in Italia, pur preceduto da un imponente battage pubblicitario, un po’ come un oggetto misterioso. Innanzitutto perché tra sequel, prequel e spin-off avanti e indietro, il non adepto della saga finirà col doversi fornire di schemino cronologico prima dell’ingresso in sala. Ma, soprattutto, Rogue One, ottavo lungometraggio della saga (escludendo film di animazione e simili), è il primo flash-back ufficiale dall’azzeramento, ordinato dal nuovo mastro burattinaio della saga, J. J. Abrams, di tutto quel cosiddetto “universo espanso” di fumetti, romanzi e videogiochi che aveva ampliato la galassia targata George Lucas fino quasi al collasso. Su pellicola, una sola divagazione sul tema, rimossa più o meno volutamente dalla memoria di fans e addetti ai lavori, ovvero quel Caravan of Courage: An Ewok Adventure (distribuito in Italia come L’avventura degli Ewoks), realizzato direttamente per la televisione e che sarebbe un eufemismo definire prodotto di serie B.
Come da regolamento abramsiano, per quanto deviazione dalla trama principale della serie, anche stavolta c’è tutto: dalla tecnologia “vintage” (per non dire vissuta e pure un po’ malandata), ai costumi e persino alle pettinature, ai baffi tanto anni Settanta. Ci sono le consuete strizzatine d’occhio, personaggi resuscitati (letteralmente!), l’immancabile robot-spalla comica (ma, fortunatamente, senza mai esagerare) e tutti quegli elementi di raccordo con il plot già conosciuto che faranno sentire a casa lo spettatore già cultore della materia. E poi c’è Darth Vader. Non nella versione da boy band degli innominabili episodi uno, due e tre, ma quello vero, con mascherona nera, voce cavernosa, respiro meccanico e tutto il resto.
Tutto tranne i cavalieri Jedi e i duelli con le spade laser. Brutto segno? Tutt’altro: guidata dalla mano sapiente del bravo Gareth Edwards (uno che di mostri sacri se ne intende, avendo già ben diretto il reboot all’americana di Godzilla), la produzione riesce nell’impresa non scontata di regalare un risultato se possibile ancora più epico del recente Star Wars: Il risveglio della forza, forse proprio perché libero dai vincoli archetipici più classici del viaggio dell’eroe. Se il film di J. J. Abrams era infatti soprattutto una sbornia di citazioni a capo chino per farsi perdonare l’orrido scivolone della seconda trilogia, il nuovo-vecchio corso dell’epopea comincia ormai ad avere un senso ben definito, oltre a una cifra stilistica riconoscibile e decisamente intrigante. Sì, perché sotto il soprabito elegante del setting fantascientifico, Rogue One è in realtà un vero e proprio war movie, cupo, sporco e dal ritmo serrato, raccontato quasi tutto dentro le basi aeree e scenari tra l’Afghanistan, la Normandia e l’odore del Napalm la mattina presto.
Certo, a voler essere proprio obiettivi (o pignoli), non è proprio tutto rose e fiori all’ombra della Morte Nera: al protagonista maschile, il pur bravo Diego Luna, manca un po’ il physique du rôle del sicario ribelle, e la stessa star del film, quella Felicity Jones tanto credibile nei panni della moglie di Stephen Hawking da sfiorare l’Oscar per La teoria del tutto, è decisamente meno convincente nel ruolo dell’eroina mascolina e battagliera. E a tutto il gran contorno di personaggi fin troppo carismatici, come la coppia di samurai in puro stile Kurosawa formata da Donnie Yen e Wen Jiang, o l’ottimo antagonista Ben Mendelsohn, pare quasi venga dedicato meno spazio di quanto meriterebbero. Però così lo spettatore, che all’uscita dalla sala è soddisfatto, certo, ha anche una gran voglia di saperne di più, o quantomeno di averne ancora. E anche questo, a conti fatti, non è affatto un brutto segno.
Rogue One: A Star Wars Story di Gareth Edwards, con Felicity Jones, Diego Luna, Ben Mendelsohn, Mads Mikkelsen, Donnie Yen, Wen Jiang