A un anno dalla scomparsa di Luca Ronconi, Milano non si limita ai facili coccodrilli che una ricorrenza tanto importante può implicare. La figura di…
A un anno dalla scomparsa di Luca Ronconi, Milano non si limita ai facili coccodrilli che una ricorrenza tanto importante può implicare. La figura di un maestro di tanto spessore, infatti, trova valore nella memoria – storica, ma anche più recente – della sua attività, spesso vocata all’intreccio con il territorio milanese, profondamente immersa nel legame con un pubblico che è cresciuto, ha amato, si è indignato di fronte alla sua opera.
Due eventi importanti celebrano il percorso del regista nato a Susa e scomparso il 21 febbraio del 2015, organizzati in quella Milano che l’ha reso icona culturale – e qui le definizioni “convenzionali” misurano proporzionalmente la rilevanza, e la grandezza, di un gigante come Ronconi.
Il 23 febbraio (con possibilità di visita fino al 24 maggio) si inaugura la mostra Luca Ronconi, il laboratorio delle idee: una testimonianza significativa del rapporto profondo tra il regista e le gloriose pareti scaligere, un legame avviato nel novembre 1974 con La Valchiria, con Wolfgang Sawallisch maestro d’orchestra, e proseguito fino al 2008 con il Trittico: Il tabarro, Suor Angelica, Gianni Schicchi, direttore d’orchestra Riccardo Chailly. In mezzo ci sono stati Rossini (Guglielmo Tell, 1988), l’Aida con Pavarotti Radames (1985), I Troiani di Berlioz (1982), il Viaggio a Reims con le scene di Gae Aulenti (in realtà originato a Pesaro, ma arrivato alla Scala nel 1984) e molti altri, come Wozzeck (1977, da Allan Berg), ancora con Gae Aulenti alle scene e il maestro Claudio Abbado alla direzione orchestra. La mostra è curata da Margherita Palli, scenografa e costumista che negli anni ha stretto un sodalizio importante con il maestro, lavorando in prosa e in lirica (inclusi numerosi spettacoli nei programmi scaligeri, come Oberon (1988), Tosca (1997), Ariadne auf Naxos (2000).
La mostra, che Palli cura insieme a Valentina Dellavia, si disloca sue due tappe che seguono itinerari diversi, accomunati tuttavia dalla volontà di rintracciare le ispirazioni e i ricordi che legano Ronconi al Teatro più celebrato d’Italia. La prima tappa – allestita negli storici Laboratori Ansaldo di via Bergognone – è Luca Ronconi dietro le quinte, suggestivo percorso che rievoca i 24 allestimenti alla Scala del maestro: su una passerella sospesa prendono vita, intorno alle maquettes, tavoli di lavoro su cui saranno esposti oggetti di scena, fotografie, disegni. Sul finire del percorso, sarà possibile visionare uno spazio dedicato a Infinities, spettacolo che Ronconi aveva diretto nell’agosto 2002 alla Bovisa (ex sede dei laboratori della Scala) su testo del cosmologo e matematico John Barrow.
La seconda tappa nei viaggi della memoria ronconiana è visitabile nel Museo Teatrale della Scala in Largo Ghiringhelli: Luca Ronconi in scena, un tour che sviscera le simbiosi artistiche tra Ronconi con le maestranze del teatro. Saranno rievocati, attraverso una nuova esposizione di bozzetti di scena, disegni, fotografie e figurini, e il valore di preziosi collaboratori – scenografi e costumisti del pregio di Karl Lagerfeld, Ezio Frigerio, Gae Aulenti, Luciano Damiani, Vera Marzot, Margherita Palli. Sulle pareti, contestualmente, sarà proiettato il documentario Ronconi all’Opera di Felice Cappa, prodotto da Rai Cultura e in onda il 21 febbraio su Rai 5.
È pronto per il pubblico anche il volume Ronconi – Gli anni della Scala, a cura di Vittoria Crespi Morbio per gli Amici della Scala, con i ricordi e le testimonianze del giornalista Angelo Foletto e dell’ex direttore artistico del Teatro (1082-1992) Cesare Mazzonis. Il libro, che sarà presentato in concomitanza all’apertura della mostra nei Laboratori Ansaldo, si divide in due porzioni importanti: una legata al suo rapporto immaginifico con la scena, l’altra al legame con i maestosi artisti che ha diretto, e con i quali ha collaborato.
Non solo lirica, però. C’è un altro luogo, giù in città, che sa come rendere omaggio a Luca Ronconi. È il Piccolo Teatro, quel luogo in cui negli ultimi anni è riuscito a setacciare ogni traccia possibile per le sue indimenticabili, furibonde geometrie, quel luogo cui ha consegnato l’ultimo Lehman Trilogy, sinfonia lugubre e perfetta su cui non è mai peccato spendere parole di elogio, e che ha letteralmente catalizzato l’attenzione di una città prima e dopo la scomparsa del demiurgo che l’ha consegnata sulle scene. Il Piccolo, che nel corso di quest’anno non ha fatto mancare la sua radicata vicinanza al ricordo del maestro, inaugura – a partire dal 19 febbraio – il nuovo spazio multimediale RovelloDue – Piccolo | Spazio | Politecnico.
Una novità assoluta, che sarà accompagnata (fino al 17 marzo) dalla mostra Spazio, Tempo, Parola. Il lavoro di Luca Ronconi al Piccolo Teatro, che, come da titolo, evocherà le tappe più importanti del legame tra il regista e il tempio della prosa italiana. Un rapporto che, qui a Milano, ha lasciato un grande vuoto, è vero, ma anche segnali profondi, varchi di impressionante grandezza. A un anno di distanza, ricordarlo in più forme e modalità è il giusto riconoscimento che Milano restituisce a uno dei più grandi innovatori della scena del nostro tempo. Un atto dovuto? No, di “dovuto”, nel teatro di Ronconi, non c’è mai stato niente. Le sue visioni labirintiche e di santa irrequietezza, intanto, fanno sentire la loro mancanza, sempre di più.
Immagine di copertina di Luigi Laselva