Rossini, la musica, il cibo: divagazioni in 2 movimenti

In Musica

Non solo masterchef. La cucina è arte, cultura e… musica. Non è un caso che il rapporto tra i grandi musicisti e il cibo sia stato spesso divorante. La violinista Emy Bernecoli ripercorre questa relazione più golosa che pericolosa e spiega come lei stessa ne sia stata sedotta

Primo movimento. Andante con moto – Allegrissimo

Seduto in un ristorante di Venezia in attesa della cottura del suo risotto, Rossini scrisse l’aria di Tancredi Di Tanti Palpiti. Dopo la prima dell’Opera il 6 febbraio 1813 al Teatro la Fenice di Venezia divenne presto l’aria più in voga in tutta Europa e fu soprannominata poi, date le particolari circostanze, ‘’l’aria del riso’’.

«Non conosco un’occupazione migliore del mangiare, cioè, del mangiare veramente. L’appetito è per lo stomaco quello che l’amore è per il cuore. Lo stomaco è il direttore che dirige la grande orchestra delle nostre passioni».

Il compositore pesarese oltre ad essere uno dei più importanti creatori del bel canto fu un appassionato di cucina, manifestando durante tutta la sua vita grande rispetto sia per l’arte musicale che per quella culinaria. Waverley Root autore di The Food of Italy scrive che egli «avrebbe potuto diventare un buongustaio di fama se solo il suo genio musicale non avesse eclissato il suo talento gastronomico». Divenne amico del cuoco più famoso dell’epoca Antonin Carême durante gli anni trascorsi a Parigi, che a proposito del Maestro si pronunciava così: «è l’unico che mi abbia veramente capito». Gli dedicò molti piatti come pure lo stesso Auguste Escoffier autore del libro di ricette divenuto la bibbia della cucina moderna. Nella sua Le Guide Culinaire ci sono talmente tante ricette dedicate a Rossini che si potrebbero compilare interi menù quali «leccorniose orchestrazioni» e non semplici liste di pietanze.
E ancora Root: «Un pasto italiano è come l’opera!». Musica e cucina sembrano essere due arti intrecciate a filo doppio. Da una parte grandi compositori che amano la buona cucina e che come Rossini creano le proprie ricette per sé e per gli amici, dall’altra illustri gourmet che pescano nel vocabolario musicale per descrivere al meglio le delizie del palato.

Una tra le tante ricette che sono state opera della stessa penna da pentagramma del geniale creatore del Barbiere di Siviglia è l’Insalata alla Rossini. «Prendete dell’olio di Provenza, mostarda inglese, aceto di Francia, un po’ di limone, pepe, sale, battete e mescolate il tutto; poi aggiungete qualche tartufo tagliato a fette sottili. I tartufi danno a questo condimento una sorta dl aureola, fatta apposta per mandare in estasi un ghiottone. Il cardinale segretario di Stato, che ho conosciuto in questi ultimi giorni, mi ha impartito, per questa scoperta, la sua apostolica benedizione».

Varie poi sono le interpretazioni per il nome del leggendario piatto associato al suo nome: i Tournedos.  La parola francese se scomposta significa letteralmente fondo schiena (tournez-dos). Secondo alcuni a determinare il nome sarebbe stato il maggiordomo di Rossini che al fine di mantenere segreta la procedura del taglio della carne, dava le sue finiture voltando la schiena agli invitati. Per altri il termine nasce durante un pranzo al Café Anglais a Parigi. Qui Rossini, consigliando la ricetta allo chef e interrompendolo di continuo durante la preparazione del piatto, ricevette delle sentite rimostranze e così fu costretto a rispondere: «et alors, tournez le dos!» (e allora, voltate la schiena!).

Il tema dell’amicizia torna a tavola anche con Puccini. Egli coltivò sempre il piacere nell’arte del cucinare assieme all’amico Mascagni durante gli studi milanesi preparando pasta alle anguille o aringhe coi ravanelli. Anche dopo il successo nella casa di Torre del Lago cucinava egli stesso fagiani arrosto e pernici fritte dopo le battute di caccia per la sua nutrita schiera di amici. Non poteva poi rinunciare ai fagioli cotti al fiasco serviti presso il refettorio del convento di Lucca dove viveva l’anziana sorella suor Angelica.

I piaceri della tavola sono da sempre parte integrante della vita dei più importanti compositori d’opera. Un Rossini apprensivo che durante la visita di Richard Wagner nella sua villa di Passy  si alza più volte durante la conversazione per poi tornare a sedersi dopo pochi minuti, giusto per “innaffiare” la lombata di capriolo. I compagni di studi Puccini e Mascagni che discutono in un ristorante di Milano su quale sia il migliore tra il piatto di caciucco livornese o la folaga rosolata lucchese. «Mangiare, amare, cantare e digerire sono i quattro atti di quell’opera comica che è la vita» diceva Rossini. Durante una cena con il collega Donizetti, accortosi delle profonde amarezze sentimentali del suo ospite, suggerì al cuoco di preparare una torta semplice ma molto dolce con canditi e zucchero a velo per dispensarlo almeno per poco dai tormenti del cuore.

Quando nel 1829 il maestro di Pesaro si ritirò a soli 37 anni dalle scene, smettendo di comporre dopo il Guglielmo Tell tranne che per se stesso, il suo genio creativo si concentrò principalmente nella gestione del suo patrimonio e parimenti in campo gastronomico. Il suo biografo Giuseppe Radiciotti racconta che una sera al termine di un concerto a cui Rossini aveva assistito, avvicinatasi una signora gli disse: «Oh, Maestro! Posso finalmente contemplare quel volto geniale, che non conoscevo se non nei ritratti! Non si può sbagliare; avete nel cranio il bernoccolo della musica; eccolo là!» Al che Gioacchino rispose: «E che ve ne pare di quest’altro signora? – battendosi il ventre – Non potete negare che sia ancor più visibile e sviluppato. Infatti il mio bernoccolo è quello della gola».

In questi 39 anni di silenzio quel bambino che fece il chierichetto essenzialmente per bere il vino della messa, non si fece mai mancare il panettone di Milano, le olive di Ascoli, i formaggi della Lombardia, gli zamponi e l’aceto balsamico di Modena, la mortadella e i tortellini di Bologna, la crema di nocciole di Marsiglia, il prosciutto da Siviglia, le sardine royal e i tartufi di Ascoli. La sua cantina era pure molto ricca e comprendeva il suo vino personale delle Canarie, il rosso di Bordeaux, il bianco di Johannesburg inviatogli da Metternich, bottiglie di raro Madeira e del Marsala della Riserva Reale del re del Portogallo. Scrisse anche i particolarissimi Peccati di Vecchiaia per pianoforte, una collezione di pezzi autoironici tra i quali compaiono i titoli Antipasti (ravanelli, acciughe, burro…) e quattro dessert di frutta secca (fichi, uva, mandorle e noci).
E’ sintomatico il fatto che Rossini dichiarò di aver pianto soltanto tre volte nella vita: quando fischiarono alla sua prima opera, quando sentì suonare l’amico Paganini e quando durante una gita in barca gli cadde in acqua un tacchino ripieno di tartufi.

Un prezioso manoscritto autografo conservato presso la Library of Congress di Washington ci racconta come pure il sommo Niccolò Paganini oltre ai 24 Capricci per violino solo, compilò la sua personale ricetta del sugo di manzo per i ravioli alla genovese. Così recita: «Per una libbra e mezza di farina due libbre di buon manzo magro per fare il suco. Nel tegame si mette del butirro, indi un poco di cipolla ben tritolata che soffrigga un poco. Si mette il manzo, e fare che prenda un po’ di colore. E per ottenere un suco consistente si prende poche prese di farina, ed adagio si semina in detto suco affinché prenda il colore. Poi si prende della conserva di pomodoro, si disfa nell’acqua, e di quest’acqua se ne versa entro alla farina che sta nel tegame e si mescola per scioglierla maggiormente, e per ultimo si pongono entro dei fonghi secchi ben tritolati e pestati; ed ecco fatto il suco. Ora veniamo alla pasta per tirare le sfoglie senza ovi. (…)». Come si nota leggendo tra gli ingredienti Paganini fu uno dei promotori e cultori dell’uso del pomodoro in cucina, in un’epoca in cui questo ortaggio iniziava ad imporsi come alimento. Cosa dire poi di Johann Strauss che compose una cotolekt-polka per esaltare la famosa cotoletta impanata, sulla cui paternità ancora oggi si contendono milanesi e viennesi?

Per non citare poi due nostri conterranei. Il compositore di Legnago, Antonio Salieri, che pare fosse un grande appassionato di marron glacé, o il veneziano Antonio Vivaldi che non poteva per nulla al mondo rinunciare al risotto in tutte le sue più fini declinazioni ed interpretazioni ricche nella cucina veneta, come pure del pesce, usato in circa 220 piatti durante l’epoca barocca.
Senza voler forzare il paragone, ma seguitando la scia dei profumi musicali e non, certamente il risotto risi e bisi ben si sposerebbe con la Primavera dell’op.8 del Prete Rosso, così come quello ai finferli e prosecco per quanto riguarda le nebbie lagunari evocate nell’Autunno.

Che sia un elaborato piatto o una sinfonia d’opera o anche l’esecuzione di un concerto, la dedizione e la cura nel creare un’opera d’arte è assolutamente identica. Il tipo di prodotto non cambia la qualità dello sforzo. La voglia di condividere la musica o le prelibatezze gastronomiche con le persone care rende le due arti portatrici di sentimenti puri e nobili. Ecco perché si legge di grandi compositori e musicisti che hanno amato la buona cucina ed alcune delle più belle partiture profumano di arrosto. Credo sia anche perché il cibo sa colmare lo spazio creativo già spalancato dalla musica, la quale occupandosi di cullare lo spirito non può certamente occuparsi di lambire lo stomaco.

Secondo movimento. Vivace – Appassionato 

Vivere la musica in modo totalizzante come hanno fatto questi sommi artisti, è una cosa che almeno in parte e per quanto possibile va descritta. Prenderò a prestito io stavolta dal vocabolario gastronomico i termini che mi aiuteranno in questa non semplice ed imprevedibile impresa.

Innanzitutto un aperitivo di immagini con stuzzichini di suoni fin da appena nato. Ti rendi subito conto che hai sete e vuoi bere della musica, ma che non ti basta per colmare il vuoto e poi peggio hai anche fame. Non ti soddisfa appieno il solo percepire e sentire, ma hai l’urgente bisogno di prepararti da solo il cocktail e di farcire le tartine a tuo piacimento, di mettere le mani sugli strumenti e sugli ingredienti.

Appena finisci il secondo bicchiere di mix sonori non ben definiti, amici e genitori ti fanno accomodare a tavola dove ti vengono subito serviti una nutrita serie di antipasti di studi caldi e freddi. Pensi che non ce la farai mai a finirli perché continuano ad arrivare portate su portate con ingredienti di ogni genere. Cerchi di farti coraggio sbottonando una tacca della cintura, stringi i denti e procedi sorseggiando una buona bollicina di prosecco di dedizione.

Poco più tardi il maître si appresta a togliere l’ultimo piatto del corposo ‘’benvenuto nel mondo della musica’’ e ti chiede con apprensione se ti senti pronto per il Primo piatto: la prima vera portata del menù. A questo punto hai talmente tanta paura dell’eventualità del bis di primi o peggio del tris che neppure osi domandare. Ti affidi alla provvidenza e speri che il tuo stomaco possa reggere al sonoro impatto.
Una zuppa di verdure stressate per scaldarti i muscoli e ricordarti tutta la tecnica fin lì appresa, un piatto di cannelloni ripieni di gratuite prime esecuzioni pubbliche e per chiudere il cerchio un bel risotto sull’onda della fatica.

Mentre ti stai nutrendo della prima portata di esperienze, lasci correre la tua immaginazione e rincorri al galoppo tutti i sogni che durante l’aperitivo i Capricci dell’alcol ti avevano dipinto in favolosi sbuffi di fumo colorato. Speri tanto di rimanere lì così, con lo stomaco caldo senza che possa esserci un poi, un domani, un secondo piatto.

Le emozioni che ti regalano le prime vere esperienze non hanno prezzo, e non hanno voglia di un domani. Il domani però non tarda a venire. Il cameriere è in fondo alla sala pronto per il Rondò di secondi e il suo passo è inesorabilmente deciso. Se sei pronto puoi affilare il coltello per i concorsi di carne, se non lo sei abbandoni la nave del successo affumicato. Il profumo dell’arrosto di Ciaccona è assai invitante e come per incanto hai di nuovo fame. La sogliola alla griglia e l’assaggio di frittura di colleghi ti invitano a desiderare un rombo all’isolana.

E il sorbetto all’applauso tra lo stufato di Preludi e l’anguilla ai ferri è sempre pronto a ricordarti i bei momenti sognanti del buon vecchio aperitivo.

Godi totalmente dei tuoi successi ogni momento che passa, boccone dopo boccone. I sapori sono inebrianti e i vini della tua mensa sono tutt’altro che parchi. I rossi infiammano d’amore il Walzer delle carni mentre i bianchi profumati accompagnano i viaggi nel mare della soddisfazione. Un tripudio di contorni concertati.

Sazio fino al midollo ti accasci sulla sedia. Preferiresti una dormeuse, un divano addirittura. Stai tutto ad un tratto scomodo. Vorresti la comodità e la sazietà in egual misura ma non ti è concesso. Non ti capaciti di come non sia possibile averle entrambe qui ed ora. Follia!

La tavola che fu così ben imbandita è ora tutta piena di briciole, di macchie di sughi e di schizzi di vino, di Toccate, lordata dai tuoi trionfi e dal desinare. Speri in qualcosa d’altro ancora. Non rinunci e non vuoi cedere all’idea che è già consapevolezza, che ormai sta per finire il pasto e giunge quasi la Passacaglia di andare. Ma ecco che un ultimo piatto sopraggiunge sospeso tra le sapienti mani del maître, che ha sempre avuto un occhio di riguardo per te seguendo con cura ogni tuo (p)assaggio, versandoti il puntuale bicchiere mezzo pieno e tenendo “in fresca” il vino.

L’orologio di formaggi è ora davanti a te. La raccomandazione è sempre quella: seguire la stagionatura, dal più fresco al più invecchiato in senso orario. Dal primo più tonico ma meno saporito all’ultimo che “piange” ma ricco del più profondo sapore. Ti ricorda la vita. Ti ricorda che il tempo è un alleato anche se non ti aspetta. L’abbinamento ad un buon Moscato di liuteria è d’uopo.
Ritrovi una certa quale comodità nella seduta. Lo sguardo ritorna fiero ma sereno, ogni traccia di malinconia è cacciata altrove. Il Dolce arriverà di lì a poco e non vuoi farti trovare privo del tuo miglior sorriso.

Temi di creme e Variazioni di compromessi al cioccolato, sfoglie di ricordi o pan di spagna ai vecchi amori, contrappunto di panna o gelato non cambia: il piacere e l’appagamento dello spirito sono completi. Lo spirito che durante il secondo avevi lasciato in disparte, concentrando ogni singolo affondo della tua forchetta sulle carni, riceve ora la tua completa attenzione. Merita la parte migliore di te, il tuo sorriso e la tua gioia di vivere. Ti restituisce comunque anche se tu gli hai tolto. Flute di Passito al passato.

Ora un buon ananas in semplici fette per digerire la vita oppure un poco di frutta di stagione. Frutta, anche se hai già raccolto i frutti, ma tonda e circolare come il Ritornello della vita.
Sbuffa la moca e il caffè fuma. Sfuma le fatiche e lascia il suo calore profumato sia che sia ristretto, lungo, macchiato o decaffeinato. Raggiunge il cuore e si insedia nella tua parte più profonda e scura, alla ricerca del suo simile nel colore.

L’amaro che segue è completamente depauperato del suo significato, diventa una mera sequenza di lettere che a ben vedere celano un prezioso memento: ama.
Amare la musica è tutto quello che in verità hai fatto per tutta la vita. E’ l’unico ingrediente che non è mai venuto a mancare e con il quale hai sempre farcito ogni momento.
L’ Aubade è giunta e scosti la sedia per alzarti da tavola. Lo fai con rispetto e silenzio, e lasci che il maître, che non manca di congedarsi da te col suo compiaciuto ammiccamento, diriga con sapienza il suo staff e apparecchi di nuovo per il cliente successivo.

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