Rubare l’arte e diventarne protagonisti: un documentario eccentrico

In Cinema

Una pittrice ceca e due balordi norvegesi che diventano ladri. Poi uno dei due viene ingaggiato come modello da lei. Il regista Benjamin Ree per quasi quattro anni li riprende e ne documenta l’esistenza e l’amicizia, tra alti e bassi, derive e rinascite. Il racconto di una storia improbabile e in gran parte vera, in bilico tra realtà e finzione, dialoghi e sguardi, premiato al Sundance e al London Film Festival

La pittrice ceca Barbora Kysilkova vive e lavora a Oslo: non è particolarmente famosa, ma due suoi dipinti di grandi dimensioni campeggiano nelle vetrine di una galleria d’arte in centro. Una notte due uomini si introducono e rubano i suoi quadri. Sono due sbandati che hanno agito d’impulso, senza prendere alcuna precauzione, e grazie alle riprese delle telecamere di sorveglianza vengono immediatamente riconosciuti e arrestati. E prontamente condannati! Ma della refurtiva nessuna traccia. Scioccata dalla perdita di due opere cui teneva molto, Barbora segue il processo ed entra in contatto con uno dei due ladri, Karl Bertil-Nordland, un tossicodipendente che dichiara di non ricordare assolutamente nulla di quella sera, nemmeno perché avessero deciso di entrare in quella galleria scassinando la porta sul retro. Di certo non ha la più pallida idea di dove possano essere andati a finire i quadri rubati. Per tutta risposta, Barbora chiede a Karl di posare per un ritratto. È l’inizio di un’amicizia destinata a cambiare in profondità la vita di entrambi.

Una storia improbabile ma in gran parte vera, quella di La pittrice e il ladro, che il regista norvegese Benjamin Ree ha ricostruito con pazienza e dedizione pedinando con la sua cinepresa, per quasi quattro anni, i due protagonisti attraverso le diverse fasi della loro amicizia, gli alti e bassi delle loro esistenze. Karl alterna periodi in carcere a momenti di rinascita, ricadute nella tossicodipendenza e tentativi di rimettere in carreggiata la propria vita, e al culmine di una deriva autodistruttiva provoca un incidente in auto che lo manda in coma per mesi e gli fa rischiare di rimanere paralizzato. Ma anche Barbora sembra incapace di trovare un punto di equilibrio fra le sue ambizioni artistiche e le sue insicurezze, gli slanci creativi e le profonde crisi di ispirazione.

Un film fatto di dialoghi e di sguardi, che si intrecciano in un gioco vertiginoso di punti di vista diversi, contrapposti e sovrapposti. Da una parte c’è lo sguardo della pittrice che tenta di “possedere” il ladro, costringendolo a posare per lei, come se in questo modo potesse ottenere un risarcimento dall’uomo che l’ha derubata, strappandogli il suo segreto e trasponendolo sulla tela, rivelandolo agli occhi del mondo. Dall’altro c’è lo sguardo del regista, interessato inizialmente solo a esplorare il tema del furto di opere d’arte, ma poco per volta attirato dentro il gioco di specchi di un’amicizia davvero insolita e dai risvolti sorprendenti.

«Quello che Barbora non capisce», dice a un certo punto Karl, «è che mentre lei mi guarda, io la guardo». Insomma anche il reietto, apparentemente del tutto incapace di gestire la propria vita, è in realtà un soggetto, che rivendica giustamente il suo diritto a esprimere giudizi, oltre che a subirli. Ma in realtà, più che di giudizi si dovrebbe parlare di comprensione, e di aiuto. Perché, pur tra mille difficoltà e ambiguità, nessun rapporto è mai del tutto a senso unico. Premiato al Sundance e al London Film Festival, è un documentario eccentrico costruito come un racconto di finzione. Un’operazione curiosa, affascinante, sorprendente.

La pittrice e il ladro, di Benjamin Ree, con Karl Bertil-Nordland, Barbora Kysilkova, Øystein Stene 

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