Si può innovare la forma concerto, parola di Ruben Jais, barocchista direttore artistico de LaVerdi
Già i numeri dicono: 46 concerti in 16 mesi. Ma oltre alla quantità (e alla qualità) l’idea: proporre musica in maniera destrutturata, in orari non usuali, tornando in qualche modo alle origini. E nel contempo fare largo alla libertà interpretativa degli artisti più giovani e promuovere l’ascolto della musica contemporanea. Sono questi, nelle parole di Ruben Jais, direttore artistico de LaVerdi e fondatore de LaVerdi Barocca, i segni distintivi di una stagione di musica da camera iniziata il 21 settembre e che si protrarrà fino a dicembre 2015. «La musica ha subito un percorso di irrigidimento tra la fine dell’‘800 e l’inizio del ‘900», spiega Jais. «La scelta di proporre concerti in orari non consueti, per esempio la domenica mattina (e persino seguita da un brunch, ndr) ha un obiettivo ben preciso: riportarla alle sue origini e alla sua vera natura, cioè quella di essere accompagnamento e stimolo per la collettività. Non deve essere un evento strutturato al quale si partecipa per dovere, ma un balsamo per l’animo, una ricerca intellettuale, un modo di socializzare. Destrutturare l’evento “concerto”, non tanto nella qualità del prodotto (che deve sempre essere elevatissima), ma nel modo in cui ci si può approcciare, è uno dei temi in cui crediamo fortemente».
Francesca Dego, Francesca Leonardi, Elena Piva. Perché puntate molto più sui giovani talenti rispetto ad artisti già affermati?
Già la maggior parte delle istituzioni si affidano a musicisti che hanno un’attività importante alle spalle. Noi crediamo che le carriere debbano avere la possibilità di nascere e quindi confidiamo nelle qualità dei giovani. La stessa orchestra Verdi è nata solo nel 1993 e ha un’età media di 35 anni.
Alla ricerca di forze nuove, quindi?
Assolutamente. Nei giovani vedo maggiore energia e libertà nell’interpretazione delle partiture. Sono musicisti che hanno voglia di sperimentare, di mettersi alla prova in modo nuovo, in linea con l’idea di fondo della nostra orchestra: flessibilità all’interno di un percorso interpretativo. Troppo spesso, anche grandi nomi del panorama musicale, pongono veti o limitazioni eccessive nella lettura delle partiture ricalcando semplicemente l’abitudine di prassi esecutive consolidate. Noi, invece, vogliamo un approccio alla musica sempre fresco, aperto a esecuzioni che possano portare a nuove scoperte. La tradizione è molto importante: io facco il barocchista quindi la amo più di ogni altra cosa, ma solo se offre uno sguardo nuovo, solo se non è mera reiterazione di uno schema interpretativo.
Nel ciclo “Romantico Bach”, come anche in altri appuntamenti della stagione, vengono affiancati, nello stesso concerto, repertorio tradizionale e musica contemporanea. Qual è l’idea di fondo?
La musica contemporanea spesso spaventa: l’incapacità di comprenderne il linguaggio tiene spesso il grande pubblico lontano dalla sua fruizione. Tuttavia, c’è oggi grande richiesta di contemporaneità, e questo ci è stato confermato da una ricerca di mercato che Makno ha condotto per noi sul nostro pubblico. Per questo stiamo mettendo in atto iniziative didattiche, legate ai concerti, con l’obiettivo di educare a questo nuovo “vocabolario”. Il ciclo “Romantico Bach”, ad esempio, proposto dal duo Luciani-Motterle, offrirà una visione dell’evoluzione del linguaggio musicale, da Bach ai suoi epigoni. I musicisti, prima dell’esecuzione, forniranno una spiegazione dei brani musicali e spunti interpretativi affinché gli spettatori possano essere guidato meglio durante l’ascolto. In questo modo crediamo e speriamo di coinvolgere un pubblico nuovo, non solo quello che già partecipa alle attività de LaVerdi.