L’ottimo regista di “Central do Brasil” (1998), racconta oggi in “Io sono ancora qui” la vicenda realmente accaduta di un deputato laburista fatto sparire dagli squadroni della morte del governo golpista brasiliano nel 1971. E probabilmente ucciso, anche se le autorità non hanno mai ammesso la sua morte e nemmeno l’arresto. Mentre alla coraggiosa moglie Eunice (Fernanda Torres, candidata all’oscar come il film), chiamata a sopravvivere a una prova terrificante per difendere i suoi figli dall’orrore e mantenere la propria dignità, ci vorranno trent’anni per ottenere un certificato di morte
Una promessa, una testimonianza, una sfida: Io sono ancora qui, il titolo del film di Walter Salles candidato a tre Oscar tra cui miglior film e miglior film straniero, tratto dal libro di Marcelo Rubens Paiva, rappresenta forse prima di tutto un grido di libertà, una rivendicazione di identità. Nonostante tutto. Siamo nel 1971, in un Brasile oppresso dalla dittatura militare. Rubens Beyrodt Paiva, ex deputato laburista espulso dalla scena politica dopo il colpo di Stato del 1964, vive da anni a testa bassa, cercando di non attirare l’attenzione della polizia politica, soprattutto di non mettere in pericolo sua moglie Eunice e i loro cinque figli. Ma prudenza e cautela non sono sufficienti a mettersi al riparo dall’arbitrio, dalla violenza gratuita, dalle torture e dalla morte.
Un giorno Rubens viene portato via da un gruppo di sconosciuti armati, di lui non si saprà più nulla. Non farà mai ritorno a casa, nemmeno il suo cadavere verrà restituito alla famiglia. Per moltissimo tempo, con orribile ostinazione, il governo non ammetterà nemmeno l’arresto di Rubens e il suo destino, come quello dei tanti desaparecidos delle dittature sudamericane, sarà quello di una sparizione improvvisa e totale che condanna chi resta alla più atroce e incomprensibile delle sofferenze. Ci vorranno trent’anni solo per ottenere un certificato di morte.
Il regista Walter Salles racconta una storia vera, attingendo anche a ricordi personali: era un adolescente quando frequentava i figli di Rubens Paiva, la sua casa di Rio de Janeiro, di fronte al mare, destinata a essere abbandonata ma mai dimenticata. Una storia drammatica raccontata prima di tutto attraverso lo sguardo, il volto, il corpo di Eunice (la straordinaria Fernanda Torres, terza candidatura all’Oscar come miglior attrice), una donna impavida, chiamata a sopravvivere a una prova terrificante e ancora e sempre capace di sorridere. Per difendere i suoi figli dall’orrore, certo, ma anche e soprattutto per mantenere la propria dignità, in qualunque momento, a qualunque costo.
Walter Salles evita il melodramma e le lacrime e punta piuttosto a una tensione da thriller, costruendo un film dalla composizione impeccabile e dalla giusta efficacia. Un film appassionato e necessario, già premiato all’ultima Mostra di Venezia, che pretende attenzione e in cambio offre una chiave d’accesso diretta a un periodo storico che non va dimenticato. Commovente la comparsa nel finale della madre di Fernanda Torres, l’indimenticabile Fernanda Montenegro, ormai novantacinquenne, già magnifica protagonista di Central do Brazil, il film che nel 1998 fece conoscere Salles al pubblico internazionale.
Io sono ancora qui di Walter Salles, con Fernanda Torres, Selton Mello, Fernanda Montenegro, Valentina Herszage, Maria Manoella