L’ottimo Omar Sy (“Quasi amici”) prende per mano Charlotte Gainsbourg e il film del duo milionario Toledano-Nakache. Che diverte e spinge anche a riflettere
La samba è per metà un carnaio carnavalesco, divertente, ammuinato, con percussioni a go go, fischietti e lustrini. Per l’altra metà è una musica discreta, accordi semitonali ai bei tempi Tom Jobim rincorreva sulla tastiera del pianoforte, mentre la voce mite e seduttiva di Joao Gilberto cantava Desafinado.
Nel nuovo film di Eric Toledano e Olivier Nakache la samba non c’entra un piffero, perché il titolo viene dal nome del protagonista, interpretato da Omar Sy. Eppure, come per la samba, il film francese è per metà leggero e divertente, con una sua allegria gentile, anche se parecchio piaciona, e per l’altra metà cerca un suo ritmo originale, nel tentativo di trasmettere a piccole, a volte piccolissime dosi, l’enormità del problema dell’immigrazione.
Il clandestino Samba è un ragazzone del Senegal approdato a Parigi, che fra mille lavoretti vive onestamente la sua condizione di sans papier. Ma dopo dieci anni, invece di ottenere l’agognata regolarizzazione, si ritrova in un centro di detenzione in attesa dell’espulsione. Qui conosce Alice, da poco volontaria in un’associazione di assistenza agli immigrati, che come tutti quelli che non sanno bene cosa fare, improvvisa e soprattutto sconfina in territori emotivamente poco protetti. Così Alice si ritrova ad aiutare Samba più di quanto sarebbe prudente fare, soprattutto per una come lei che arriva dritta dritta da un forte esaurimento nervoso provocato da burn out lavorativo. È presto evidente che ci sarà un coinvolgimento romantico fra i protagonisti, ma i due registi hanno il buon gusto di non farlo diventare da subito il tema centrale della pellicola.
L’encomiabile intento è invece quello di mostrare le grandi e piccole cose che quotidianamente minano l’esistenza degli extracomunitari: dalla difficoltà di trovar lavoro in assenza di permessi alla necessità di rendersi ogni giorno invisibili, nel modo di vestirsi e muoversi, per non farsi fermare dalla polizia. Come ogni immigrato anche Samba è diviso fra il desiderio di tornare “da re” nel proprio paese e quello di diventare, se non re, almeno un membro riconosciuto della città dove è approdato. La lotta che deve intraprendere con se stesso lo lascia esausto, ma non vinto: e Toledano e Nakashe riescono solo a tratti nell’intento di descriverla senza scadere troppo nella commediola. Del resto, dopo l’incredibile exploit del loro precedente Quasi amici, tutti si aspettano un altro blockbuster. Ma almeno le situazioni non peccano di eccessivo buonismo e le battute sono divertenti.
L’asso nella manica dei registi resta comunque senz’altro Omar Sy, già protagonista accanto a François Cluzet del precedente campione d’incassi: lui è bravo, ma non solo. Ha un sorriso e un’umanità davvero contagiosi. Sa mostrarsi sofferente, tenero, ironico con grande naturalezza. Accanto a lui, Charlotte Gainsbourg ha il coraggio non solo di risultare invecchiata ma anche di mettersi al suo completo servizio. Completano il cast Tahar Rahim, in un ruolo molto meno sofferto che in Il Profeta e Izia Higelin nei panni di una giovane e ruvida volontaria amica di Alice. Alla fine si esce sorridenti, ma anche con un po’ di sano disagio.