È ripartito il festivalone. Di nuovo Amadeus, ancora Fiorello, e poi Gianni Morandi, Iva Zanicchi, Massimo Ranieri e, sceso dalle nubi, Checco Zalone. Senza dimenticare il ritorno dei Maneskin. Le novità? Bisognerà cercarle rovistando tra i figli del vari talent. E comunque segnatevi i nomi di Elisa, Giovanni Truppi, Mahmood e Blanco
Sanremo è come il giorno della marmotta per Bill Murray in Ricomincio da capo: tutti gli anni si ripete il logoro rito del festival, e noi qui a cercare di trovare un senso “anche se un senso non ce l’ha” (Cit Vasco).
E allora perché parlarne? Perché dietro una kermesse di canzoni quasi sempre da dimenticare si nasconde una metafora che racconta la situazione del nostro paese, nel bene (poco) e soprattutto nel male.
Impressione confermata dalla prima serata: canzoni banali, show scontati, stecche (Massimo Ranieri), giacche discutibili (Gianni Morandi), una continua sensazione di déià vu. Ma non si poteva cambiare o almeno provarci?
Per esempio, la riconferma di Amadeus: possibile che non ci fosse una soluzione diversa dopo l’edizione 2021, portata a casa con fatica immensa dal conduttore in quella situazione irreale di un teatro Ariston senza pubblico? Ovviamente c’erano mille possibilità, ma in Rai quando c’è una situazione politica poco chiara (leggi non si capisce chi comanda perché al governo ci sono tutti o quasi) nel dubbio si va sull’usato sicuro. Vi ricorda quello che è successo la scorsa settimana per l’elezione del presidente della Repubblica? Esatto, è la politica italiana baby, e non puoi farci niente. Anzi, segnatevi pure questa previsione: Amadeus potrebbe rifare una quarta edizione nel 2023, proprio per gli stessi motivi.
Almeno lo scorso anno nel vuoto della platea c’era un cast di cantanti interessante e pieno di nomi che suscitavano curiosità, e la vittoria dei Maneskin certificava che l’edizione 2021 aveva cambiato le carte in tavola: basta con la musica vecchia che non passa dalle radio, basta con le rime cuore-amore, basta con i cantanti da RSA che devastano un’onorata carriera in una settimana di orrori nella città dei fiori.
E invece no, il punto a capo era finto.
Amadeus e soci dopo aver sdoganato definitivamente il rock italiano con i Maneskin fanno un cast dove di rock non c’è nemmeno l’ombra, ma soprattutto ritirano fuori dal cimitero degli elefanti nomi come Gianni Morandi (canzone scritta da Jovanotti, auguri) Massimo Ranieri (il suo sembra uno dei pezzi forti del festival, meno male) e Iva Zanicchi, che mancava da Sanremo dal 1974 senza particolari rimpianti. Perché? Probabile che il pubblico di riferimento di Rai Uno sia sempre più anziano, e quindi largo ai supergiovani.
Oltre alle amabili mummie di cui sopra, sul palco poi saliranno una pletora di sconosciuti figli dei vari talent o dei concorsi dedicati a Sanremo che la Rai deve fare per contratto: nomi come Aka 7even, Ditonellapiaga (canterà con Rettore, altro ritorno pericoloso), Highsnob e Hu, Matteo Romano, Tananai e Yuman non rientrano in nessuna delle categorie che dovrebbero permettere ad un artista di cantare al festival della canzone italiana. Magari poi saranno bravissimi (dubito, forse solo Truppi potrebbe rivelarsi interessante), ma era proprio necessario ingrossare il cast fino a 25 cantanti in gara per sentire gente cosi’ improbabile? La risposta ovviamente è no, soprattutto perché anche quest’anno le puntate finiranno alle due di notte….
Vogliamo parlare degli ospiti speciali? Avremo Checco Zalone (che farà le sue solite gag politicamente scorrette), Laura Pausini che torna come superospite per la quinta volta, Cesare Cremonini, i Maneskin e i Meduza (dance tamarra del nuovo millennio). Tutta roba italiana, di ospiti internazionali neanche l’ombra. Vero, siamo ancora in pandemia, ma il programma tv più importante della Rai poteva fare di meglio. Ah, e poi ci sono i soliti attori delle serie Rai che vengono a farsi pubblicità. Noia al cubo, ad occhio, a cui cercherà di porre rimedio Fiorello con le sue “scorribande” (ma al terzo anno di fila cosa si può inventare ancora?).
Quindi un quadro pieno di aspettative e di speranze, come sempre.
Battute a parte, il consiglio resta sempre quello di NON vedere il festival e di andare il mattino dopo su RaiPlay per risentire qualche canzone e vedere gli highlights di spettacolo senza i quali sareste tagliati fuori dai discorsi alla pausa caffè alla macchinetta. Ovviamente da non perdere Drusilla Foer, che sarà co-conduttrice giovedi 3 febbraio.
Se poi vi interessa sapere chi potrebbe vincere e se c’è qualche canzone buona….diciamo che la mia favorita è Elisa, che è tornata a scrivere belle canzoni dopo un periodo di bassa marea e che a Sanremo vinse con Luce, ancora oggi tra le più belle melodie del Festival. A seguire Mahmood e Blanco, giovani leoni tra rap, R&B e soprattutto voglia sincera di fare qualcosa di diverso in mezzo a questa marmellata sonora. Sul podio ci metto anche Irama, che ahimè potrebbe pure vincere.
Da tenere d’occhio Giovanni Truppi, giovane cantautore napoletano con una canzone scritta con Niccolò Contessa de I Cani e che duetterà con Vinicio Capossela nella serata delle cover venerdì sera cantando Nella mia ora di libertà di Fabrizio De Andrè. E a proposito della serata delle cover, sono curioso di vedere cosa uscirà fuori dalla partecipazione dei Calibro 35, che accompagneranno Rkomi (il nome vuol dire Mirko nel gergo di origine francese Verlan, così come Stromae vuol dire maestro) in un medley dedicato a Vasco Rossi.
Qualche altro pronostico: premio della critica a Massimo Ranieri, premio ripetitività ad Achille Lauro, premio “canzone più suonata dalle radio” tra Dargen D’amico e Sangiovanni (che ovviamente arriverà sesto….).
Sanremo quindi resta uno specchio dell’Italia: piena di compromessi, senza coraggio e senza una strategia per il futuro. Lo avevano capito e cantato nel 1996 Elio e le storie Tese, proprio a Sanremo con La terra dei cachi
Viva il crogiuolo di pinze
Viva il crogiuolo di panze
Quanti problemi irrisolti
Ma un cuore grande così
Italia sì, Italia no, Italia gnamme, se famo du spaghi
Italia sob, Italia prot, la terra dei cachi
Una pizza in compagnia, una pizza da solo
Un totale di due pizze e l’Italia è questa qua