Non vi faranno fare ‘Oh’, non ne sarete particolarmente sorpresi e colpiti. Ma le otto canzoni dei giovani che stanno per salire sul palco di Sanremo, se si muovono su sentieri già battuti, hanno però più pregi che difetti: ecco cosa ci è piaciuto e cosa ci ha deluso
Ve lo diciamo in anticipo: a conclusione del viaggio che stiamo per raccontare tra i giovani artisti che vedremo a Sanremo a partire da mercoledì sera, possiamo dire senza dubbio alcuni che non ci viene presentato nulla di nuovo o che rimarrà nella storia della musica italiana. Almeno metà delle canzoni, però, ha più pregi che difetti e non può essere altro che un buon punto di partenza per farsi apprezzare dal grande pubblico. E come al solito sarà il tempo a dirci dove questi ragazzi riusciranno a arrivare.
La kermesse – sessantottesima edizione dal 6 al 10 febbraio – porterà, come ogni anno, otto giovani artisti sul palco dell’Ariston. Sei di loro sono stati selezionati da una giuria tecnica, insieme al televoto, nel corso di una trasmissione andata in onda 15 dicembre su RaiUno, mentre due sono stati scelti tra i partecipanti a Area Sanremo. Gli otto pretendenti alla vittoria finale si muovono essenzialmente tra pop e rap, gli altri generi sono assenti, creando una proposta musicale abbastanza piatta. Ciò non toglie che tra questi artisti ce ne siano di originali e meritevoli, a partire da Mirkoeilcane, cantautore romano classe ’86 che, ancora prima di esibirsi, può sentirsi già in tasca il premio della critica. La sua Stiamo tutti bene è una canzone parlata in cui viene raccontato il viaggio in mare dei migranti tramite gli occhi di un bambino in maniera cruda, disincantata e senza inutile retorica. Molti lo accusano di aver presentato una canzone furba, su un tema di forte attualità, ma di cosa dovrebbe parlare un cantautore se non di quello che gli sta attorno?
La candidata principale alla vittoria finale è invece Eva Pevarello, in arte Eva. La tatuatrice figlia della scorsa edizione di X-Factor si presenta a Sanremo con una canzone scritta dalla penna di Dimartino con le musiche di Antonio Filippelli. Cosa ti salverà ha un testo molto dolce e un arrangiamento delicato che con l’orchestra sanremese darà il suo meglio nell’intreccio di archi finale. Eva però interpreta il brano in maniera molto classica e scolastica dando la sensazione di puntare più sullo stile dato dai contrasti tra tatuaggi e abiti eleganti che sulla canzone in sé. Peccato, perché la canzone è molto bella, e cantata dal suo autore avrebbe avuto sicuramente un diverso impatto.
I principali outsider per la vittoria finale possono essere considerati Lorenzo Baglioni e Ultimo.
Il primo con Il congiuntivo descrive ironicamente i problemi degli italiani con i tempi verbali e in particolare, appunto, con il congiuntivo. È una canzone orecchiabile e alla portata di tutti che sicuramente andrà bene nelle classifiche radiofoniche, ma che non ha altri intenti se non quello di far divertire.
Il ballo delle incertezze di Ultimo è l’opposto. Un brano viscerale che mischia cantautorato e rap in maniera efficace e racconta tutti i vent’anni del suo autore, con la maturità e le incertezze insiti in questa età. Il cantato, che avevamo già potuto apprezzare nel suo primo lavoro Pianeti, è scarno e diretto, senza gli inutili “yeah” e “ah ah” che vediamo spesso inseriti qua e là nelle canzoni rap per riempire il vuoto.
E, a proposito di rap, la delusione più grande tra gli otto partecipanti è senza dubbio rappresentata da Mudimbi. L’italo-congolese che aveva ben impressionato con il suo primo album e si era fatto notare nella schiera dei più giovani con la canzone trap Supercalifrigida, porta a Sanremo Il mago, un brano con un bel significato, ma che emula Caparezza in tutto, dalla base, al cambio di tonalità nel cantato, fino a alcuni riferimenti nel testo (all’esclamazione della parola “cipresso”, il pensiero vola immediatamente a La mia parte intollerante del cantante di Molfetta). Ritmo reggae e voce che viaggia tra rap e soul per Giulia Casieri, cantante del ’95 di Sesto San Giovanni. Come stai è un brano senza grosse pretese poetiche ma che ha il pregio non da poco di riuscire a far muovere spalle e gambe alla gente, spiccando rispetto al resto delle canzoni.
Passando ai due cantanti selezionati da Area Sanremo la domanda sorge spontanea: ma davvero non c’era di meglio da poter portare sul palco dell’Ariston?
Leonardo Monteiro ha partecipato come ballerino ad Amici di Maria De Filippi una decina di anni fa e ce lo ritroviamo a Sanremo con la canzone Bianca. Una canzone senza capo né coda, monotona e con un ritornello ripetuto che arriva a nauseare, così come l’interpretazione del cantante brasiliano, inutilmente straziante e con cambi di tonalità fini a se stessi che non risultano in linea a evidenziare i passaggi emotivi del testo.
La seconda scelta di Area Sanremo è Alice Caioli con Specchi Rotti, una canzone già sentita e risentita nell’ambito italiano e musicalmente molto vicina agli ultimi Matia Bazar (un brano tutt’altro che fresco insomma). L’intento dichiarato della cantautrice siciliana è quello di descrivere il suo rapporto con la figura assente del padre, ma ascoltando il brano, colmo di parole vaghe e banali, si percepisce solo un susseguirsi di sensazioni difficilmente riconducibili alla storia che Alice vuole raccontare. (sogno/non torno/mi perdo/mi spoglio dei dubbi/dei passi sbagliati che ho fatto/sogno i tuoi occhi/non c’è più un confine).