Decisione coraggiosa quella di Cristian Urzino che da pochi mesi ha aperto a Milano uno store dedicato al vinile e non solo. Gli abbiamo chiesto di raccontarci quella che appare una scelta controcorrente
Da una decina di anni a questa parte, i dischi in vinile sono tornati alla ribalta. Le vendite, dopo una esplosione iniziale, si sono assestate e alimentano tutt’oggi un mercato che comunque rimane di nicchia. Da qualche mese ha aperto in Porta Romana, Milano, un negozio, Dissonanze, che ha una sua filosofia per uscire da un concetto di musica elitario. Abbiamo conosciuto Cristian Urzino, uno dei fondatori di questo interessante progetto.
A Milano hanno chiuso negozi di dischi storici come Buscemi con la motivazione che i dischi non si vendono più. Cosa vi ha spinto a lanciarvi in questa avventura?
Pensa che noi saremmo dovuti subentrare nello spazio di Buscemi (ride ndr), perché in concomitanza della loro decisione di chiudere il negozio nacque la nostra intenzione di portare avanti il guilty pleasure che tenevamo nascosto da anni. Alla fine, per coincidenze temporali che non si sono verificate non si è fatto più nulla. Col senno di poi posso dire che Porta Romana è stata una scelta giustissima: forse il quartiere ci rappresenta di più. L’elemento invece scatenante che ha portato a lanciarci nell’esperienza di Dissonanze è stata la risultante di una serie di situazioni che si sono incrociate: noi abbiamo un’etichetta discografiche che si chiama Overdrive Records – lavoriamo con Uzeda, Teatro degli Orrori e Bunuel per farti qualche nome – che precedentemente al nostro negozio aveva già il suo e-commerce. Durante la pandemia tutti, noi compresi, credevano che gli e-commerce sarebbero stati il futuro, sembrava non ci fossero alternative. Post covid ci siamo resi conto, in realtà, che gli acquisti online cominciavano ad essere sempre più bassi in relazione anche all’esplosione di e-commerce molto più grandi di noi: basti pensare a mondi come Universal e Sony. Il nostro investimento pubblicitario online rapportato a questi colossi veniva sommerso e quindi siamo diventati sempre più invisibili. Abbiamo così cominciato ad intrecciare i dati con le vendite fisiche che facevamo: festival, concerti e fiere del disco e abbiamo scoperto da quanto raccolto che la vendita fisica ci dava ragione! Giunti a questo punto ci siamo detti: perché non apriamo un negozio? In questo impeto di follia e passione, abbiamo trovato per puro caso l’annuncio del luogo in cui siamo adesso. L’abbiamo bloccato subito ed eccoci qua con Dissonanze!
Da dove deriva la scelta del nome “Dissonanze” per il vostro negozio di dischi?
Il nome Dissonanze è prima di tutto un tributo alla musica che ci piace, l’alternative rock e il noise rock su tutto. Ci piaceva anche l’idea di superare il cliché del negoziante di dischi spocchioso e poco disponibile. Vogliamo fare in modo che nel nostro piccolo cubo di mattoni tutti possano sentirsi in qualche modo dissonanti, perché comunque a Milano è tutto molto pettinato, pieno di hype sul design, la moda e per eventi a cui se non partecipi ti senti in qualche modo un passo indietro rispetto agli altri. Ci siamo detti: quanta gente si sforza a Milano di appartenere a una casta? Nel nostro negozio questa logica non deve esistere; se non hai mai ascoltato una canzone in vita tua o un disco per noi vitale, siamo disponibili a farti ascoltare ciò che vuoi, senza sentirti giudicato e senza dover fingere di essere un collezionista con pezzi rari in casa. Noi vendiamo musica! Punto! A prescindere da tutti i cliché. La crisi degli ultimi anni della musica su supporto ha portato all’aumento dei prezzi: comprare i dischi è diventata una faccenda ormai elitaria, se facciamo anche gli antipatici non portiamo a casa veramente nulla.
Cristian, perché il vinile continua a essere acquistato in un tempo in cui domina lo streaming?
Il vinile da qualche anno a questa parte ha avuto un periodo di forte riscoperta e quindi di ascesa. Oggi possiamo dire che questo fenomeno si sia un po’ assestato, ciononostante è raro, rispetto a qualche anno fa che si rimanga sorpresi rispetto alla nostra scelta imprenditoriale. Che la gente acquisti il vinile nonostante la possibilità di ascoltare la musica gratis online può essere un modo per dimostrare a se stessi che si sta impiegando del denaro per qualcosa di concreto rispetto allo streaming, che comunque devi pagare: penso all’account di Spotify Premium. Aggiungo che, probabilmente, la diffusione di queste piattaforme può avere senz’altro aiutato in un certo senso i consumi: per la legge dei grandi numeri, più grande è la fetta di coloro che ascoltano, più grande sarà la nicchia di coloro che prima o poi compreranno la musica su supporto perché non ne possono fare proprio a meno o perché si sono affezionati a un disco in particolare.
Come selezionate i titoli da offrire nel vostro negozio di dischi? Avete criteri particolari?
Siamo partiti con l’idea di aprire il negozio di dischi ideale che avremmo voluto vicino a casa e che in qualche modo incarnasse maggiormente il nostro gusto. Il criterio che applichiamo è legato ai suoni che più ci appassionano: dall’alternative rock degli anni ottanta passando per grunge, noise-rock, elettronica e i classici dell’hip hop dei novanta per arrivare poi ai giorni nostri cercando di dare maggiore spazio a ciò che ci rappresenta di più. Sulle novità discografiche che arrivano da tutto il mondo si innesca un effetto domino che non puoi controllare. Dato che l’offerta è ormai più ampia della domanda sei letteralmente sopraffatto da materiale di cui senti di non poter fare a meno e che vuoi avere in negozio in tempi record. Altra cosa per noi importantissima nella scelta del catalogo: portare in negozio materiale di cui possiamo parlare e che possiamo consigliare. Mi piace l’idea di indirizzare clienti che magari non sono soddisfatti del nostro assortimento verso altri negozi di Milano che sono fornitissimi su un genere in cui noi siamo magari più deboli. La rete, in una città come la nostra, deve essere fondamentale.
Quali sono gli album speciali o senza tempo che non possono mai mancare? Vi è mai capitato di aprire una discussione su questo con i vostri clienti?
In negozio cerchiamo di avere sempre tutti i classiconi che si rispettino ma capita che qualcuno entri e ci faccia notare che manca qualcosa: non puoi che prenderne atto e dare ragione! Pensa che tempo fa ci siamo resi conto di non avere in negozio The Dark Side Of The Moon dei Pink Floyd, una cosa folle! Un disco che fu in top ten per migliaia di settimane (ride nda). Può capitare di perdersi qualcosa per pura dimenticanza ma anche per la poca disponibilità di dischi tra i distributori italiani. Ci sono album che per il mercato italiano non sono sempre disponibili, quindi gli acquisti da parte nostra si fanno più cauti e contingentati. Ci sono etichette americane nate negli anni novanta che producono cose fantastiche e da cui acquistiamo dischi senza passare dai fornitori italiani o europei per andare sul sicuro.
Guardando al futuro, avete in mente eventi speciali (mi viene in mente il record store day), collaborazioni con artisti o etichette discografiche?
L’evento più importante dell’anno sarà sicuramente lo showcase dei Ritmo Tribale previsto per il 20 dicembre in cui presenteremo qui in negozio la ristampa con Overdrive Records dell’album Criminale per la collana Ottime Annate, etichetta speciale che applichiamo ai dischi che per noi hanno fatto la storia. Per quanto riguarda il resto, già da inizio 2025 ci saranno delle novità discografiche che usciranno per la nostra etichetta e che potrete poi trovare anche qui in negozio. Al momento non possiamo spoilerare troppo (ride nda). Le sorprese anche per tutti gli amanti della musica live non finiranno ovviamente qui.
Cosa pensate di eventi come la Milano Music Week? Muovono persone e vendite?
La Milano Music Week purtroppo ha un taglio molto digital e non muove granché per noi; sarebbe bello che questa manifestazione si aprisse un po’ ai suoni su supporto raccontando magari i retroscena della musica indipendente. La manifestazione che ci sorride di più è invece il Record Store Day: nell’ultima edizione abbiamo fatto suonare in negozio i Six Minutes War Madness, la band composta da Paolo Cantù e Xabier Iriondo già degli Afterhours in occasione della loro reunion. Per noi è stato un onore perché la band milanese, con il disco Vuoto Elettrico ha sdoganato certe sonorità americane che nel nostro paese hanno dato vita a band come Afterhours, appunto, Marlene Kuntz, Karma e i “nuovi” Ritmo Tribale. Non oso immaginare le vibrazioni della Milano di quegli anni, con un fermento underground forse senza precedenti per la città.
Cristian, un gioco mainstream ma sempre rivelatore: a partire dagli anni sessanta fino a oggi, c’è un disco per ogni decade che porteresti con te su un’isola deserta?
Per quanto riguarda gli anni ottanta sicuramente tutto ciò che hanno fatto i Devo. Degli anni novanta direi Different Section Wires degli Uzeda, mentre sugli anni duemila mi costringi ad optare per due scelta: Dude Incredible degli Shellac e Long Distance dei Three Second Kiss.
In copertina: foto @ Luca Stillo