Si addentra nel territorio delle differenti identità, con molte testimonianze e prospettive d’indagine, il volume a più mani dell’Odg lombardo ‘Parole o-stili di vita. Media e persone LGBTQIA+’. Uno strumento di lavoro per giornalisti, ma più in generale una guida contro il pregiudizio e la disinformazione, più che mai utile come hanno mostrato i resoconti di cronaca sulla tremenda vicenda di Ciro Migliore e Maria Paola Gaglione, la diciottenne di Caivano morta nell’incidente stradale causato dal fratello che inseguiva la coppia in scooter perché voleva interrompere la relazione della ragazza con il giovane transessuale
«Se le dico transessuale, le può venire in mente un architetto, un giudice, un sindaco?». Mi sono sentita fare questa domanda – a cui ho risposto onestamente di no – dalla persona che stavo intervistando, in un momentaneo ribaltamento di ruoli: l’avvocato Gianmarco Negri, sindaco di un piccolo paese del pavese, Tromello, uomo trangender e attivista Lgbt. C’è uno stigma implicito nell’uso di quella parola e nella sua abbreviazione, trans, che racchiude un immaginario scadente da bar sport e puttan tour, un immaginario maschile che imprigiona una condizione in un cliché: “il” trans è un uomo vestito da donna, talvolta operato talvolta no, che si prostituisce per soddisfare un desiderio maschile. È uno stereotipo che ancora affiora nel racconto del complesso mondo Lgbtqia+ da parte dei media, lenti o talvolta refrattari ad adeguarsi e ad aggiornare il proprio vocabolario e quindi la propria visione, nel rispetto delle vite e delle identità delle persone raccontate. La tremenda storia della settimana, quella di Maria Paola e Ciro, lo ha illustrato in modo esemplare, con risvolti pure grotteschi, data l’evidente incapacità dei giornalisti di usare le parole giuste, o meno sbagliate, per parlare di qualcosa che sfugge: di volta in volta, e spesso nello stesso giornale, con correzioni e aggiustamenti, abbiamo letto di una coppia lesbica, di Cira donna transessuale, sottolineando il sesso di partenza e non quello di arrivo, fino a che dopo qualche giorno di assestamento si è finalmente arrivati a Ciro, ragazzo transessuale.
È un’utile coincidenza che proprio in questi giorni l’Ordine dei giornalisti della Lombardia abbia pubblicato un volume a più mani, Parole o-stili di vita. Media e persone LGBTQIA+, a cura di Gegia Celotti, consigliera per le pari opportunità dell’ordine lombardo, che si propone come una bussola per i giornalisti in un mondo complicato, per eliminare il pregiudizio dalla mente e dal vocabolario, ma anche per capire e sapere di cosa si parla, con un utilissimo glossario a cura della pedagogista Barbara Mapelli. Esperienze come quella di Gianmarco Negri o di Monica J. Romano, donna transessuale, storie di famiglie arcobaleno vissute da Maria Silvia Fiengo, Claudio Rossi Marcelli e Francesca Vecchioni, testimonianze come quella dello scrittore Jonathan Bazzi che della sua condizione di omosessuale in una periferia difficile ha parlato nel suo romanzo d’esordio Febbre, finalista allo Strega, offrono una chiave preziosa per addentrarsi nel territorio polimorfo dell’identità, anzi delle diverse identità, “spiegate bene” dai diretti interessati. Per imparare cose solo apparentemente banali e spesso malamente confuse nel linguaggio della cronaca, come per esempio la differenza tra genere, sesso e orientamento sessuale.
Un tema che va di pari di passo con quello dei diritti: nel libro intervengono esperti, giuristi, psicologi, si parla di marketing dedicato, di discriminazioni sul lavoro, nello sport, in carcere; di cinema e di fotografia. Si analizza la storia del movimento dagli esordi, anche con un protagonista del peso di Franco Grillini, fondatore dell’Arcigay, da sempre indomito ed effervescente sostenitore del punto politico che la battaglia sulla libertà e sui diritti individuali non debba essere posta in alternativa a quella per i diritti sociali. Un tema ancora attualissimo: dopo le vittorie dei sovranismi vari, da Trump, a Bolsonaro fino a Salvini, abbiamo effettivamente trascorso una stagione in cui la sinistra sconfitta si è chiesta se non avesse sbagliato parlando di più, o comunque troppo, di matrimoni gay invece che di salari o di lavoro, come se uno escludesse l’altro. L’attualità non sempre esaltante del dibattito politico ci dice che questo meccanismo, forma sottile del benaltrismo, si può articolare in modi sempre nuovi: per esempio contrapponendo il diritto sacrosanto alla libertà di espressione al diritto delle persone omosessuali e trans a non essere insultate, diffamate o aggredite, come previsto dal disegno di legge Zan contro l’omo-transfobia e la misoginia che introduce delle aggravanti, in discussione perenne in Parlamento. Contro la presunta dittatura liberticida del politicamente corretto continuano a levarsi voci da destra e da sinistra, quando la vera emergenza è, semmai, il dilagare esponenziale dell’hate speech sui social contro categorie ben definite: donne, migranti, omosessuali e persone transessuali come raccontano, anche in questo libro, le mappe dell’odio di Vox Diritti.
Il libro Parole o-stili di vita. Media e persone LGBTQIA+, si può scaricare gratuitamente qui https://www.odg.mi.it/wp-content/uploads/2020/09/Parole-o-stili-di-vita.-Media-e-persone-LGBTQIA-2020.pdf
Foto di Steve Johnson/Unsplash