Seo, nostro signore della rete

In Weekend

Come sopravvivere e continuare a scrivere bene sotto la dittatura degli algoritmi di Google. Non è banale, sappiatelo, ma si può fare

SEO, questo sconosciuto. C’era una volta la bella scrittura, fatta di periodi ben costruiti ed eleganti figure retoriche. C’erano una volta le buone penne: giornalisti abili nel muoversi con disinvoltura tra raffinati giochi di parole, sottili allusioni sarcastiche e avvincenti narrazioni dei fatti. Poi, fu la volta del web, dei giornali online e dei motori di ricerca. Nel giro di pochi anni tutto cambiò e nulla fu più come prima.

Oggi, la quotidianità di ogni buon redattore online è inesorabilmente popolata di tag, keyword e link. A dettare le regole di scrittura non sono più solo grammatica, sintassi e buon lessico. Tutto ruota attorno a Google e ai suoi algoritmi.

La rete è la prima lettrice di ogni articolo e il suo giudizio ha un ruolo più determinante di quello espresso dal più temuto dei critici. Se Google apprezza il contenuto di ciò che hai scritto, il tuo pezzo otterrà grande visibilità e sarà letto da molte persone. In caso contrario, se il pollice virtuale sarà rivolto verso il basso, le tue parole sprofonderanno nella voragine di internet e di loro non ci sarà più traccia.

Come fare, allora, per piacere a Google? Per prima cosa, dovrai avere confidenza con il Seo (Search Engine Optimization) e conoscere i meccanismi che regolano l’indicizzazione dei contenuti sui motori di ricerca. Buona parte dell’abilità di un Seo copywriter sta nella scelta del titolo.

Formulazioni allusive, esperimenti creativi e frasi d’effetto: tutto ciò che funziona sulla carta stampata può rivelarsi pericolosissimo se ti confronti col web. Su internet, infatti, non si può prescindere dalla parola chiave. Un articolo che tratta il tema del jobs act, per esempio, dovrà per forza contenere queste due parole nel titolo.

Altrettanto importante è l’attacco. Nelle prime battute del pezzo si gioca gran parte della partita. Vecchia regola del giornalismo, potrebbe pensare qualcuno. Vero, ma ai tempi di internet cominciare in modo accattivante non basta.

La parola chiave, quella attorno a cui ruota l’intera stesura del testo, deve essere presente sin dalle prime battute. Poi, la questione si fa semantica: se scrivi di uno sciopero dovrai essere bravo a non ripetere a oltranza questa parola, ma a disseminare la tua prosa con il maggior numero di vocaboli che hanno a che fare con questo concetto.

Altri ingredienti molto graditi al palato di Google sono l’abbondanza di link, il numero di condivisioni ottenuto da un pezzo sui social network e la buona funzionalità del sito su cui è stato pubblicato. Tutto qui? Potresti obiettare che, in questo modo, la scrittura si riduce a una sterile messa in pratica di tecniche. Eppure, proprio quando stai per abbandonare le speranze, Google ti sorprende: il freddo calcolo dei suoi algoritmi premia anche chi sa scrivere contenuti originali e ricchi di informazioni affidabili.

Una volta ottenuto l’apprezzamento del motore di ricerca, però, ricorda che hai raggiunto solo la prima tappa. Grazie all’ottimo posizionamento che Google ti ha assegnato, infatti, in moltissimi leggeranno ciò che hai scritto. Per conquistare i tuoi lettori in carne e ossa, però, saranno metafore e giochi di parole a tornare in tuo soccorso.

In fondo la scrittura è una pratica umana, troppo umana.

Foto: Search Influence

(Visited 1 times, 1 visits today)