Una passeggiata fra i boschi che popolano molti libri. Alla scoperta di forme, rigogliosità e simboli che rispecchiano emozioni, desideri, paure di tutti noi
Si fa presto a dire albero: basta entrare in ogni casa per essere accolti in questi giorni da un albero, vero, finto, stilizzato, verde, bianco o colorato. Comunque un albero. Ma per riscoprire il significato di questa parola avremmo bisogno di allontanarci da luci e addobbi, e andare per boschi a interrogare la natura. Un tempo gli uomini chiedevano alle piante protezione e conforto, illuminazione e consiglio, e intorno ad esse sono fioriti miti e leggende, come quella dell’abete di Natale. Ma, oggi, pochi conoscono la lingua degli alberi e senza grammatica non è possibile comunicare. Per questo ci siamo rivolti alla letteratura, uno specchio per cogliere il legame fra il paesaggio e noi che lo abitiamo con le nostre paure, passioni, desideri e i sogni.
≈ Classicismi e simbolismi
Da L’albero di Natale, in I racconti di Fantasmi, di Charles Dickens (Mondadori): “C’era di tutto e anche di più. Una variopinta collezione di oggetti strani era appesa all’albero di Natale come frutti magici. Una materializzazione delle fantasie dell’infanzia. Tutto questo mi faceva pensare al fatto che tutti gli alberi e tutte le cose che esistono sulla terra avevano le loro decorazioni naturali, in quei tempi tanto belli da ricordare. Ora che sono a casa di nuovo e da solo, i miei pensieri vanno indietro a quel tempo, non riesco a resistere al fascino della mia stessa infanzia”. La nascita dell’albero di Natale, come noi lo conosciamo, con gli addobbi e i regali è un’invenzione della letteratura inglese, per l’esattezza vittoriana, e un contributo cruciale lo ha dato Charles Dickens in cui l’abete sempre verde diventa simbolo di rinascita sociale.
Da L’uomo che piantava gli alberi di Jean Giono (Salani): “Prima di partire, il mio amico azzardò soltanto qualche suggerimento a proposito di certe essenze alle quali il terreno sembrava adattarsi. Non insistette. «Per la semplice ragione» mi spiegò poi, «che quel signore ne sa più di me». Dopo un’ora di cammino, dopo che l’idea aveva progredito in lui, aggiunse: «Ne sa di più di tutti. Ha trovato un bel modo di essere felice!» Altri alberi, altri simbolismi: un classico della letteratura contemporanea fa della quercia il simbolo della pazienza e della tenacia. Un silenzioso pastore, ghianda dopo ghianda, trasforma una landa desolata in una vivissima foresta di querce: anche noi, pur restando nell’anonimato, possiamo trasformare un piccolo gesto in una grande impresa di vita.
Da Casa Howard di Edward M. Foster (Mondadori): “…E’ vecchia e piccola, e nell’insieme deliziosa – in mattoni rossi…guardandola dal giardino sul davanti ha nove finestre. C’è poi un grandissimo olmo riccio – a sinistra della facciata – che si piega un poco sulla casa e sorge al limite tra il giardino e il prato”. Un altro esempio di simbolismo è il babelico olmo di Casa Howard. Quell’olmo non è un semplice albero: è il simbolo stesso dell’Inghilterra di nobili tradizioni, che combatte contro la volgare modernità della civiltà commerciale.
≈ Poetici dizionari
Da Le voci del bosco di Mauro Corona (Biblioteca dell’immagine): “Ma gli alberi, in fondo, non hanno nessuna colpa e, se non vengono provocati dall’uomo, che li toglie a volte brutalmente dal luogo di nascita, le loro miserie le tengono ben piantate nella terra. Gli uomini, invece, portano sovente e volentieri la loro cattiveria in giro per il mondo”. Ogni albero ha la sua personalità, proprio come gli uomini. A spiegarcelo è Mauro Corona in un libro che risale al 1998 e che ha avuto numerose ristampe. Un breve romanzo che come un dizionario ci guida fra i protagonisti del bosco: l’alacre faggio un manovale sempre all’opera, il tasso duro e prezioso, il carpino cocciuto, il maggiociondolo che sembra forte e sicuro di sé, invece è fragile. E poi ci sono il cirmolo, il viburno, la betulla, l’abete bianco e altri ancora.
Da Il Canto degli alberi di Herman Hesse (Guanda):
«Un albero parla:
in me si cela un granello, una scintilla, un pensiero,
io sono vita della vita eterna»
«Chi ha imparato ad ascoltare gli alberi,
non desidera più essere un albero.
Desidera soltanto essere ciò che è.
Questa è patria. Questa è felicità»
E di voci, anzi di canti, parla anche Herman Hesse, per il quale la natura è sempre stata luogo d’invito alla meditazione, alla contemplazione, alla rigenerazione spirituale.
≈ Piccoli gioielli
Da Attraverso l’albero di Tullio Pericoli (Adelphi): “Mi piaceva molto l’idea: disegnare i cambiamenti della forma dell’albero nella storia della pittura, dal Rinascimento ad oggi. La retrodatai un po’, e cominciai da Giotto”. Attraverso tronchi e chiome, Tullio Pericoli traccia un suo personalissimo prontuario della storia dell’arte. Un gioiellino da tenere in tasca senza accorgersene, da sfogliare a caso, per caso, per ammirare il tratto leggero e a volte nevrotico, attento e sognatore.
Da L’albero di Shel Silverstein (Salani): “Mi dispiace – disse l’albero – io non ho soldi. Ho solo foglie e mele. Prendi le mie mele ragazzo, e vendile in città. Così avrai dei soldi e sarai felice” Il libricino è per bambini, ma la storia no: un albero si innamora di un bambino, gli regala i suoi frutti, lo fa giorcare sui suoi rami, lo protegge con la sua ombra. Il bambino cresce, diventa sempre più esigente. L’albero invece è sempre lì, immutabile e disponibile.
≈ Boschi contemporanei
Da Alberi erranti e naufraghi di Alberto Capitta (Il Maestrale): “Anche quel paesaggio ora tace: trova la pianta spoglia e senza più lingue. Giuliano vi si avvicina, prova a incoraggiarla, la accarezza, la scuote, la friziona, ma nessuna voce si sveglia, allora il ragazzo riprende la sua via, si allontana, solitario e camminante, lasciandosi alle spalle l’albero chiuso come un racconto abbandonato” La natura si anima e accompagna i personaggi di Alberto Capitta, sassarese, fra i più interessanti scrittori emersi negli ultimi anni. Sostenuta da una scrittura elevatissima, la storia di Piero e Giuliano Arca è una parabola moderna sul Bene e sul Male.
Da Niente di Janne Teller (Feltrinelli): “Nel giardino, accanto alla strada, c’era un susino. Era un albero alto e vecchio e storto e si sporgeva oltre la siepe… Gli altri anni saltavamo per coglierle. Quell’anno no. Perre Anthon aveva lasciato la scuola per appolaiarsi sull’albero e tirarci i frutti ancora acerbi ” . Ma la natura non rappresenta soltanto luogo di pace, ispirazione e tranquillità. Alla ricerca del senso della vita, un ragazzino si ritira su un albero. I compagni lo vogliono dissuadere e inventano un gioco. Che trascende e si trasforma in una gara crudele. Dalla favola moderna del “barone rampante” emergono le paure irrazionali e i comportamenti asociali di un novello “Signore delle mosche” che mettono a nudo gli aspetti più repressi della natura umana.
Illustrazione di Federico Maggioni, tratta da Charles Dickens, Canto di Natale, Corraini editore