Sfrattatori e sfrattati

In Letteratura

Cronache di un ufficiale giudiziario in tempi di crisi. Una lotta quotidiana e personale per conservare un briciolo di umanità

Se Sfrattati fosse un film molti assegnerebbero a Giuseppe Marotta la parte del cattivo. Uno di quei cattivi che finiscono per esserlo non per volontà, ma per l’inerzia con cui continuano ad eseguire gli ordini ricevuti dall’alto. Giuseppe Marotta è un ufficiale giudiziario e lavora per il tribunale di Milano. Da quando la crisi colpisce più duramente notifica soprattutto ingiunzioni di sfratto.

Si pensa che siano i giudici i custodi della legge, ma la realtà dei fatti è che senza il lavoro quotidiano di persone come lui la legge resterebbe solo una teoria con cui riempire i faldoni negli archivi. Un conto è pronunciare una sentenza, un altro è eseguirla, ed eseguire uno sfratto significa andare dal diretto interessato dalla sentenza e guardarlo negli occhi mentre si pronunciano poche frasi in grado di stravolgergli la vita. Significa entrare nella casa di un uomo, intuire dettagli sulla sua vita da come parla, da come ha arredato la casa o da come cerca di giustificare l’insolvenza, e poi dirgli che dovrà andarsene nell’arco di qualche mese. E’ un lavoro duro.

Giuseppe Marotta l’ha fatto per tanti anni lottando per conservare la propria umanità. Nel suo libro descrive i salti mortali escogitati per mediare tra le ragioni della legge e i bisogni delle persone travolte dai debiti, tra i proprietari che non vedono da mesi un affitto e gli inquilini ai quali non rimane altra scelta che pagare. Certo, come sempre ci sono i furbi che sfruttano i mille cavilli della legge e della burocrazia per restare in case di cui non hanno mai pagato l’affitto, ma sono una piccola minoranza. La crisi economica degli ultimi anni non è solo il mantra dei telegiornali e dei politici in periodo di campagna elettorale. La crisi economica sono i 180mila sfratti che aspettano di essere eseguiti in Italia nel corso del 2015.

L’autore ha scelto di raccontare alcuni casi emblematici tra i tanti affrontati nel corso di oltre vent’anni di lavoro. Esordisce raccontando che da giovane vedeva nel suo futuro una carriera da scrittore affermato, circondato da donne adoranti, e schiere di critici gelosi del suo talento, come un nuovo Bukowski o un futuro Hemingway. Sognare non costa nulla, ma pagare le bollette si. Un vero peccato. Marotta sa come raccontare ciò che vede tutti i giorni e lo fa così bene che chi legge a tratti può far fatica a ricordarsi che non si tratta di finzione, ma della quotidianità di Milano e soprattutto delle sue periferie.

Giudicare Marotta, e con lui i proprietari che è costretto a difendere, come i cattivi di queste cronache, è troppo facile e sbrigativo. Sfrattati non è un romanzo sbrigativo e ci ricorda che la realtà non  può essere compresa giudicando i buoni e i cattivi ma considerando, caso per caso, diritti e responsabilità. La vera e unica battaglia che ci rimane da fare, allora, è con noi stessi. Una battaglia quotidiana per conservare un briciolo di umanità, nonostante tutto.

Giuseppe Marotta, Sfrattati (Corbaccio, pp. 152, 15€)

Immagine: (Egalité is) Closed for Holidays di Nicholas “Lord Gordon” Fiorentini

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