L’ultima commedia del Bardo e la Sonata di Beethoven al Nuovo Teatro Ariberto in una lettura audace del Charioteer Theatre
Pare che la tipica colazione del primo ‘600 inglese prevedesse pane, carne o pesce freddi e birra Ale (caffè, tè e cioccolata giunsero nella terra di Shakespeare intorno al 1650): ringrazio vivamente Breakfast with Shakespeare per essersi mantenuta, domenica 8 marzo al Nuovo Teatro Ariberto, su brioche e bevande classiche per la gradita formula “colazione più spettacolo”.
È questo il secondo dei quattro appuntamenti mattutini dedicati appunto a Shakespeare in una insolita rassegna curata dal Charioteer Theatre – compagnia teatrale internazionale e centro di formazione attivo dal 2005 tra Edinburgo e l’Italia – in una sala sì parrocchiale ma dalla ricca attività: dopo A Midsummer Night’s Dream va in scena The Tempest, ultimo lavoro del Bardo.
Non crediate che i titoli in inglese siano vezzo da anglofili o nostalgici delle Elisabette: le vicende di Prospero, Ariel, Miranda e l’allegra combriccola giunta sull’isola sono infatti interpretate dall’attrice Benedetta Borciani nella loro lingua originale – sebbene un attempato e ritardatario spettatore mi spiazzi commentando, a mezza voce, «Ma parlano in tedesco?» – con accento peraltro godibilissimo.
Insolito, oltre la scelta linguistica, è anche l’abbinamento con musiche attinenti al testo teatrale: sul palco completamente spoglio un pianoforte – digital piano, a voler esser precisi – su cui Claudia Schirripa, pianista lecchese appassionata di teatro, esegue estratti dalla Sonata op. 17 n. 2 in Re minore del sempiterno Beethoven, composizione poi intitolata proprio La tempesta pur senza contenere riferimenti all’omonima commedia.
La drammaturgia dello spettacolo prevede infatti l’alternanza di musica beethoveniana e testi dalla commedia, scelti dalla curatrice del progetto Laura Pasetti con le due interpreti per rappresentarne i momenti salienti.
Ecco la peculiarità della formula di Breakfast with Shakespeare: scommettere su un incontro teatro–musica dove l’effetto è ben lontano dalla musica di scena o dal commento alle azioni. Beethoven è qui una suggestione – forte, per la stratificazione culturale che lo caratterizza e la sua intrinseca pregnanza musicale – per narrare gli eventi tralasciati dalle parole recitate.
L’inizio si apre sulla Tempesta pianistica, e il primo passo shakespeariano in scena è il dialogo tra Prospero e Ariel con la bella interpretazione di Benedetta Borciani nel dare vita a tutti i personaggi e solo un velo bianco a mimare i guizzi dello spiritello dell’aria.
Alla brava Claudia Schirripa, oltre che evocare al pianoforte alcuni momenti della storia esclusi dalla recitazione, spettano anche due riepiloghi orali della trama che però, per quanto funzionali, hanno l’effetto di diminuire una tensione ben creata dal dialogo tra le due performance, teatrale e musicale, e svelare l’attitudine educativa del Charioteer Theatre.
Della Tempesta teatrale incontriamo poi Miranda, figlia di Prospero, lo schiavo deforme Caliban e Trìnculo, buffone ubriacone, fino a giungere al IV atto: celebre il monologo di Prospero (quello di «We are such stuff / As dreams are made on» inflazionato sulle t-shirt) che porta alla conclusiva liberazione di Ariel da parte del mago.
La musica di Beethoven non è diegetica né ispirata alla commedia di Shakespeare, ma l’originale accostamento può funzionare se affidato alla scoperta e all’immaginazione dello spettatore, ben stimolate dalle capacità delle giovani artiste – coraggiose in una proposta oltre i canoni.
Ciò fa pensare che si potrebbe osare di più: non tanto in termini di messinscena quanto di lunghezza dello spettacolo e ricchezza degli episodi.
Appuntamento al 22 marzo per un’altra Breakfast with Shakespeare, inedita lettura de Le allegre comari di Windsor con le musiche del verdiano Falstaff.
Foto: William Hogarth, A Scene from “The Tempest”