Una solitudine troppo rumorosa, a cura di Angela Madesani alla Nuova Galleria Morone: nove artisti dalla assai differente portata poetica.
Lo spazio espositivo di Una solitudine troppo rumorosa, una stanza e un corridoio, costringe le opere a una vicinanza troppo rumorosa, fin quasi stonata. Roman Opalka (Abbeville-Saint-Lucien, 1931 – Chieti, 2011), pittore polacco che per più di quarantacinque anni ha dipinto i numeri da zero a infinito e che ha scattato quotidiani autoritratti fotografando il proprio incanutimento, e Francesca Woodman (Denver, 1958 – New York, 1981), giovane suicida newyorkese venerata da generazioni di fotografi, si confermano dei giganti. Da solo, l’incontro tra il vecchio e la fanciulla, tra il matematico e la poetessa, avrebbe potuto intonare una romanza sullo scolorire degli anni.
All’immersione esistenziale e violenta nella fotografia di Opalka e Woodman, la curatrice, che pure, nel catalogo, prova di averne inteso il senso, accosta i sentimentalismi ingenui degli altri artisti. I lavori di Inés Fontenla (la parola «solitudine» in materiale specchiante su un muro di mattoni), di Francesco Diluca (un uomo acefalo in polvere di ferro sul cui polpastrello poggia una farfalla), di Paola Risoli (la miniaturizzazione di un appartamento da bidonville all’interno di un bidone intitolato Bidonville 3) sono troppo lontani da quelli del polacco e dell’americana. Per tutta la loro lunga e breve vita, questi hanno ribadito che dalla solitudine dipendono la grandezza e la riuscita narcisistica dell’artista, e che, soprattutto, la solitudine non ha niente a che fare con la malinconia. La solitudine, piuttosto, si staglia nell’enigma del tormento e non tollera definizioni.
La differente ispirazione tra i due maestri e gli altri nomi evidenzia un equivoco frequente nell’arte contemporanea: la convinzione che il processo artistico equivalga a trovare il giusto materiale al fine di rappresentare un concetto o un sentimento. Occorre altro: la materia (pittorica, filmica, fotografica, scultorea) si discosta dal materiale (mattoni, bidoni ed altro). La materia è l’anima stessa dell’opera d’arte, l’origine e l’originalità, mai il suo strumento.
“Una solitudine troppo rumorosa”, Nuova Galleria Morone, fino al 15 novembre 2014.
Foto: Roman Opalka, Opalka 19651-oo Detail 5436012 e 3120472. Courtesy of the Gallery.