Così si mette in scena un’opera corale sul lavoro, figlia di tante storie raccolte in Italia. Il diario di Elisabetta Vergani
Due anni fa dall’incontro con Nino Baseotto, ora componente della segreteria nazionale della Cgil è nata l’idea. Scrivere e mettere in scena uno spettacolo sul lavoro oggi in Italia, perché era urgente parlarne con altri e differenti linguaggi. Il teatro, se è buon teatro, arriva diritto al cuore, alla mente e alla pancia dello spettatore. È il luogo per eccellenza della riflessione collettiva. Le notizie tragiche di fabbriche che chiudono, imprese che licenziano, multinazionali che delocalizzano, enti che esternalizzano sono ormai la triste colonna sonora delle nostre giornate. Non dico che ci siamo assuefatti, ma quasi. Attraverso radio, giornali, televisioni, internet, ci arrivano in ogni momento le statistiche, i dati, i numeri della crisi e si abbattono su di noi come una mannaia. Il teatro da millenni racconta l’umano, ciò che lo definisce e rappresenta e il lavoro, almeno nella nostra cultura d’occidente, è uno dei fattori che ci definisce e rappresenta. Senza il lavoro l’identità personale e sociale, la percezione di sé, il ruolo sono parole vuote. Da qui siamo partiti.
Buon lavoro – questo il titolo del nostro spettacolo prodotto da Farneto Teatro e Cgil è nato dall’incontro con le persone, dalle loro aspirazioni e desideri, dalle esperienze di identità e felicità spesso negate. Abbiamo raccolto moltissime storie di lavoro e non lavoro. In giro per l’Italia col registratore in mano – come degli insipienti reporter – abbiamo incontrato il lavoro precario, nero, flessibile, sommerso, gli esodati, gli schiavi dell’agricoltura, i gruppi di autoaiuto, il lavoro stabile, quello a progetto, le partite Iva; abbiamo conosciuto dal vivo, in carne e ossa, le multiformi categorie in cui oggi si declina il lavoro precario. Abbiamo intervistato donne, uomini, giovani, anziani, stranieri, e poi abbiamo scritto una drammaturgia basata sui loro racconti ma anche – come faceva Danilo Dolci – su ciò che restava impresso a noi delle loro storie. Un’osservazione partecipata la nostra.
La drammaturgia dello spettacolo è dunque il frutto dell’elaborazione in forma teatrale delle testimonianze dirette raccolte sul campo e insieme delle sollecitazioni che testi letterari, poetici, diari e saggi critici ci hanno fornito come base culturale per affrontare il tema del lavoro. Il metodo di lavoro che ha portato alla composizione dello spettacolo ha coinciso con la sua forma: un report che ha come fine l’onestà della restituzione e non l’utilizzo dei materiali a supporto di una tesi precostituita. Una grande narrazione collettiva: tante piccole storie per disegnare una storia grande, che ci riguarda tutti e in cui ci si possa riconoscere. L’elemento fondativo del progetto è l’apertura alla compartecipazione di tutti coloro che hanno voluto e vorranno portare il contributo della propria storia.
Buon lavoro ha intercettato davvero un bisogno primario: gli spettatori sono sempre tanti e si riconoscono nelle storie che andiamo raccontando e la voglia di condividere e dire noi è quello che ci muove. Buon Lavoro ci ha cambiato lo sguardo. Nella scrittura scenica abbiamo contrapposto il punto di vista di chi ama il proprio lavoro al punto di vista di chi è umiliato per la sua alienazione o mancanza, e ci siamo accorti di quanto è urgente e necessaria per noi e per la maggior parte dei lavoratori intervistati l’affermazione di un’altra via di sviluppo alternativa a quella dell’oggi.
In scena siamo in 8- 7 sono attori giovani- capitanati dalla sapiente e partecipata regia di Maurizio Schmidt, in regia ci sono 2 tecnici e la nostra squadra si avvale anche di un’assistente alla regia e di un organizzatore. Lo spettacolo ha debuttato a marzo 2014 allo spazio Mil di Sesto San Giovanni, come scenografia il Maglio della Breda, e poi è arrivato al Piccolo Teatro di Milano – in scena le bobine su cui si avvolgono i cavi elettrici- siamo stati in tournèè, poi di nuovo a Milano alla palazzina Liberty lo scorso 3 novembre. Accanto alle repliche stiamo organizzando incontri, dibattiti con scuole università, associazioni, differenti realtà che si occupano di lavoro. Intanto continuiamo a raccogliere storie, incontrare lavoratori e scrivere. Perché Buon lavoro possa diventare davvero lavoro Buono, per tutti.
Prossimo appuntamento: dal 26 febbraio al 15 marzo 2015 al Teatro Verdi di Milano
Foto gentilmente concessa da Elisabetta Vergani