I sottotitoli rendono liberi

In serieTV, Weekend

Dite grazie a Italian Subs Addicted e a tutti i team che in tempo reale fanno i sottotitoli delle serie più amate. Perché lo fanno gratis e soprattutto bene

A me l’inglese piace assai. L’amore per Mr Darcy e per i Beatles unito a un buon orecchio ha fatto sì che in tutti questi anni abbia raggiunto una discreta conoscenza della lingua che mi permette di guardare quello che voglio in originale. Detto questo ci sono delle volte che non capisco una mazza. Quando ci si mettono dentro protagonisti con la pronuncia del Wyoming o che usano lo slang di Detroit, trame con termini medici del primo novecento o con cenni di diritto marziano del 3715 D.C. resto a terra come tutti gli altri. Ma in questi casi: ta-daaaa. Come Superman con i suoi superpoteri, arrivano i sottotitoli a stendersi a piè di schermo come un mantello di salvataggio.

Quindi ci tengo a dire che l’unica ragione per la quale le serie tv hanno raggiunto l’attuale diffusione è dovuta a chi tutti i giorni si sbatte per sottotitolarle. È importante che tutti capiscano questo concetto base. Se siete di quelli che si sdilinquiscono ogni volta che vedono Orange is the new black, dovete capire che tutte le parlate semi incomprensibili delle carcerate le seguite solo grazie ai sottotitoli. Se fate i fighi in giro ripetendo le battute scientifiche di The Big Bang Theory lo fate perché avete letto i sottotitoli.

 

Ma i sottotitoli non hanno solo la funzione di farvi comprendere i dialoghi di una qualsiasi serie straniera. Vi permettono di seguirla contestualmente alla sua uscita negli Stati Uniti o in Gran Bretagna. E soprattutto vi permettono di guardare quel che volete senza dover sottostare alle campagne acquisti delle reti televisive che scelgono questa o quella serie a seconda della loro convenienza, che non è sempre la vostra. In parole spicce, il sottotitolo vi rende liberi.

Ancora non vi basta? Rimane il piccolo dettaglio della recitazione. Perché se uno sente Martin Freeman recitare in Fargo o Kevin Spacey in House of Cards poi difficilmente torna a seguirlo doppiato. E questo non perché i doppiatori italiani siano necessariamente il male. Sappiamo tutti che in Italia la qualità è alta. Ma non più come una volta. Perché siamo di fronte a un sistema perverso che investe per le serie tv budget sempre più bassi e tempi sempre più stretti che si traducono innanzitutto in adattamenti mediocri. Poi, una volta in sala di registrazione, spesso il doppiatore registra la sua parte da solo senza incontrarsi con gli altri personaggi della stessa scena, con risultati a volte miserini.

Tutti questi fattori fanno sì che oggi i sottotitoli siano l’unica opzione possibile per chi è un fan delle serie tv. Non è un caso che i “fansub” e cioè i sottotitolatori siano i primi appassionati. Di solito s’inizia proprio per amore di una in particolare, com’è successo a Francesco “Zefram Cochrane” uno degli administrator di Italian Subs Addicted, la principale community di sottotitoli italiana, che è entrato a farne parte per amore di Lost. O di Tutor Girl, altro administrator ItaSa che l’ha fatto per One Tree Hill e da allora, era un freddo gennaio del 2007, si prodiga anonimamente per quei quasi 500mila utenti affamati di sottotitoli.

Non esiste solo ItaSa (è l’abbreviazione) nel panorama delle community sulle serie tv, ma il sito è uno dei più longevi, vasti e accurati. Attualmente ci lavorano fra le 250 e le 300 persone, divise fra administrator, revisor e traduttori. Schiere di studenti, spesso in Lingue che in questo modo si tengono in esercizio, o di impiegati appassionati che ogni giorno dedicano una o due ore del loro tempo alla sottotitolazione.

La catena lavorativa è ferrea: quando un nuovo episodio è disponibile, un team già organizzato lo prende in consegna. Il revisore divide il testo in parti uguali e lo passa ai traduttori, in genere quattro se si parla di un episodio che dura circa 20’ o anche più di sei per quelli da 45’. Quando tutti sono pronti con la loro traduzione, il revisore la ricontrolla, l’uniformizza e fa in modo di sincronizzarla con il video. Poi il tutto viene caricato sul sito e messo a disposizione degli utenti.

Insomma, parliamo di geeks, anzi, ubergeeks. Consumatori di programmi televisivi che non sono più i famosi passivoni su un divano che s’infossa sempre più a ogni puntata dell’ultimo show della Clerici, ma trasformano le loro conoscenze tecnologiche al servizio dei desideri di molti. E’ una nuova generazione di persone che ha gusti non omologati (a meno che non ci mettiamo a fare le pulci sui serialisti che sono tutti ugualmente noiosi) e soprattutto ha una partecipazione proattiva nei confronti di ciò che guarda, capace di organizzarsi in una community se c’è bisogno di trovare una risposta a un problema. Tutto il contrario del telespettatore passivo.

 

In fondo i fansub a modo loro sono degli altruisti. Fanno sì che le loro passioni siano il motore per una condivisione senza ritorno, una forma di generosità tecnologica che non conosce guadagno. Qui nessuno prende una lira (non che gli dispiacerebbe, per carità, ma nella loro timetable serratissima non c’è ancora uno spazio per la questione) e le uniche soddisfazioni arrivano dalla consapevolezza che la serie amata sta diventando famosa, che il passaparola ne sta migliorando, e di molto, gli ascolti.

Negli anni questo intenso legame fra chi produce una serie tv e chi ne usufruisce, spesso in modo attivo come abbiamo visto, è sempre più riconosciuto: la sottotitolazione diventa una sorta di garanzia che la visione della serie possa espandersi oltre il suo naturale confine televisivo.

E se ancora servono prove sull’importanza dei sottotitoli, rivolgetevi alla Ca’ Foscari, l’università di Venezia, dove l’anno scorso Francesco “Zefram Cochrane” di Itasa ha tenuto un laboratorio pratico proprio su come sottotitolare i film. Forse, anche senza raggiungere le vette del giovane vincitore del concorso, promosso sempre da Ca’ Foscari, per la migliore sottotitolatura di un film russo (no, non La corazzata Potemkin, con buona pace di Fantozzi), potrebbe venirvi voglia di unirvi all’allegra brigata dei funsub e fare del bene a chi l’inglese di Jane Austen proprio non lo sa.

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