Tante sorprese interessanti e stimolanti nella rassegna di musica contemporanea organizzata da mdi ensemble. Dal giovane berlinese Kaspar Querfurth al canadese Quentin Lauvray e poi l’italiano Gabriele Batia. Da non perdere il concerto del 15 dicembre con tre composizioni inedite di Niccolò Castiglioni e una prima di Simone Movio
I passi rimbombano nel silenzio che domina l’ampia scalinata marmorea di Villa Belgioioso. Di tutte le sale da concerto disponibili a Milano quella da ballo della GAM è tra le più suggestive, appariscente nel suo stile decorativo di età napoleonica, con grandi lampadari che pendono dal soffitto e ampie finestre che affacciano sul parco altrettanto sfarzoso. Il terzo appuntamento di Sound of Wander (la rassegna di musica contemporanea curata da mdi ensemble) si è svolto sotto lo sguardo attento delle dame ritratte da Hayez, oltre che quello del pubblico.
Va detto, a onor del vero, che una volta iniziato il concerto ben pochi si sono lasciati distrarre dall’incanto architettonico e artistico: con quattro prime italiane e una assoluta, il programma dell’edizione 2019 del concorso internazionale Call for Scores indetto dall’ensemble ha catturato l’attenzione, in un profluvio di musiche nuove e interessanti.
La rassegna a cura di mdi è giunta ormai al quarto anno e grazie alla straordinaria abilità dei suoi musicisti fa già parte degli appuntamenti di primo piano per gli amanti della contemporanea. Oltre alle esecuzioni di ottimo livello si distingue da sempre per il repertorio originale che propone al pubblico, portando alla ribalta giovani compositori italiani e internazionali e maestri già affermati – quest’anno, per esempio, figurano Francesco Filidei e Marco Momi, a cui è stato dedicato il concerto del 23 novembre con il ciclo di Iconica. Ma la rassegna si occupa anche di divulgazione offrendo prima di ogni concerto la possibilità di partecipare a delle “chiacchierate” con i compositori, con l’obiettivo di favorire il rapporto tra pubblico e artisti.
La varietà è stata la sorpresa più gradita del concerto. La questione dell’identità è di grande interesse al giorno d’oggi anche in ambito musicale e qualche volta, per veicolare un’immagine chiara e ben distinta di un evento vengono concepiti programmi a tal punto omogenei da risultare noiosi. All’opposto, i sei brani presentati al concerto del 29 novembre cercano di rappresentare le numerose direzioni che la musica contemporanea sta prendendo oltre alla più celebre “post-sciarriniana”, molto in voga tra le nuove generazioni italiane e francesi. In un mondo che sembra correre verso la globalizzazione scopriamo come le differenze geografiche corrispondano ancora a specificità culturali e che l’aver convocato compositori provenienti da diversi paesi abbia conferito un fascino particolare al concerto. Con varietà si intende: per esempio, il brano per pianoforte, violino e field recording di Kaspar Querfurth, giovane berlinese, in cui una brevissima registrazione di suoni al parco (uccellini e macchine per intenderci) viene ripetuta più volte accompagnata dagli strumenti che eseguono piccole variazioni su un materiale musicale semplicissimo. Dal momento che ogni ripetizione era separata dall’altra da una fase di silenzio, questo brano è parso come un mosaico di realtà, la contemplazione di un breve momento di vita con tutti i se e ma che in esso possono trovare spazio. Questa sorta di arte povera musicale porta in sé una connotazione rituale e religiosa che non è facile trovare nelle nostre sale da concerto.
Diverso nel genere ma ugualmente sorprendente è stato il brano di Quentin Lauvray per pianoforte solo, a detta del compositore il suo incubo. Al giorno d’oggi scegliere di scrivere per pianoforte servendosi solo dei tasti e dei pedali può sembrare una sfida: la ricerca timbrica anche con questo strumento, infatti, è fondante nella musica contemporanea. Ciononostante, il giovanissimo compositore ha scritto un brano che, come le pennellate del quadro da cui è stato ispirato (Trust in the future di Ali Banisadr si legge nel programma), si mostra ricco e complesso sotto una superficie apparentemente più semplice e sfumata. I gesti rapidi e gli improvvisi cambi di registro danno l’impressione di nervosismo ed estemporaneità ma più il pezzo procede e più si scorgono geometrie ben studiate e un ottimo bilanciamento formale. Così come l’inizio, la fine del brano è quieta e sommessa e lascia spegnere nel silenzio le note dello strumento. Soltanto un altro brano dei sei proposti è concepito per strumento solo, quello di Damian Scholl, violinista dall’età di sette anni, che ha composto nell’ormai lontano 2013 …est un fleuve tranquille, per il suo strumento. Il brano ostenta una sorta di semplicità di linguaggio che è parte integrante del suo fascino, simile a quello naive dei quadri di Ligabue, in cui la stilizzazione delle forme evoca immagini forti come quelle reali. Le note lunghe e le semplici dissonanze dell’inizio lasciano poi spazio a un’esplorazione timbrica attraverso la pressione dell’archetto che, aggiunta al naturale e semplice scorrere formale, rende il brano interessante e piacevole.
Oltre ai vincitori della Call for Scores ha partecipato al concerto anche il primo premio del concorso di composizione della Civica Scuola di Musica “Claudio Abbado”, Gabriele Batia. Il suo brano Komorebi per ensemble ed elettronica ha sfruttato appieno le potenzialità timbriche dell’organico ricordando a volte le sonorità elettriche di Fausto Romitelli. Il brano ha chiuso la prima metà del concerto con un’energia a dir poco formidabile e fornendo un altro esempio di quante variabili sono possibili in musica . Oltre ai già citati hanno partecipato Andrea Mattevi e Emre Sihan Kaleli con due brani per ensemble forse un poco meno efficaci degli altri. Insomma, un concerto a dir poco interessante, un quadro della musica d’oggi esemplare, in cui l’esecuzione dell’mdi ensemble ha spiccato per la qualità, eccezionale come sempre d’altronde.
Rimane un ultimo appuntamento della rassegna, ma imperdibile. Domenica 15 dicembre allo spazio BASE verranno eseguiti tre brani, di cui due inediti, del compositore milanese (che torna piano piano ad avere il giusto spazio nei cartelloni) Niccolò Castiglioni e una prima italiana di Simone Movio, giovane compositore che cavalca le scene della stessa città già da qualche anno. Ospite d’onore poi sarà nientemeno che Beat Furrer, in veste però di direttore d’orchestra (!). Imperdibile davvero.