Extravaganza! Lo Spamalot dei Monthy Python dopo i trionfi a Broadway arriva in Italia con un protagonista d’eccezione
In scena in tutto il mondo dopo il debutto a Chicago nel 2004, il musical Spamalot era stato considerato un oggetto misterioso del nonsense britannico – alla base i Monty Phyton e il loro spiritosissimo film del ’75 – in quanto difficile da tradurre.
Non solo è slang, ma pure i riferimenti a volte sono difficili per il nostro pubblico. Eppure il riduttore, adattatore, traduttore Rocco Tanica insieme col regista Claudio Insegno sono riusciti nell’impresa. La versione nostrana di Spamalot, una parodia dell’epica della Tavola Rotonda che ha ispirato tanto cinema partendo dalla letteratura di Walter Scott, è riuscita.
Una scommessa vinta. Alla grande. Quello che sembrava intraducibile diventa per noi accessibile proprio nella confusione dei generi, degli stili, dei bersagli che vanno dai terreni ai religiosi, mescolando qualche frate disperso agli eroi che spesso e volentieri diventano gay.
Una farsa che ha momenti alti e bassi, nelle intenzioni, gag triviali e momenti raffinati di ironia come nel lungo pezzo sugli ebrei che non possono mancare nella scrittura e nella produzione di un musical. È la verità per Broadway, dove la preponderanza è chiara nella storia, un poco misteriosa per noi: ma non è un attacco di razzismo, se mai è un gag che sembra proprio di Mel Brooks (ricordate Springtime for Hitler da Producers?).
Per il resto si passa, in una scenografia giocata al ribasso, dal re Artù che Elio interpreta con misura e passione, inserendosi e staccandosi dal gruppo come in un esempio di teatro brechtiano, ai cavalieri alle donne del sogno (la dama del Lago per essere precisi, Pamela Lacerenza), Robin (Umberto Noto) che fu Sean Connery in un film di Richard Lester con Audrey Hepburn ma qui è tutt’altra pasta, fino al Lancillotto del bravissimo Thomas Santu che si scopre gayo fino al midollo.
Una gran confusione ben organizzata con una ottima, allettante direzione musicale (dal vivo) di Angelo Racz che sfrutta tutti i pezzi del musical firmato da Eric Idle e John Du Prez, insignito ai tempi di tre Tony Awards. È uno spettacolo divertente proprio nel paradosso di non seguire schemi, di ribaltare ogni convenzione come nei comandamenti dei gloriosi Monty Python il gruppo inglese che fece dell’irriverenza la sua forza.
Nella rivisitazione dei Cavalieri della tavola rotonda ci sono le radici di tutte le risate, ingenue e feroci insieme. Si va dal nonsense al gioco di parole al gag dissacrante “ateo” alla Buñuel, da Brancaleone (viene in mente, non poco), alla parodia epica del coniglio di Troia, attorcigliando il tempo come carta di caramelle e mandando a quel paese sir Lloyd Webber e Grease, proprio dal palco del Nuovo da cui prese il via. Si fa per ridere. Uno show grottesco (al Nuovo, appunto, fino al 6 gennaio) che prevede anche la voce di Lassù, proprio come in Aggiungi un posto a tavola) e comprende un song ottimista e orecchiabile alla Garinei e Giovannini: un po’ cielo, viene sempre la primavera, domenica è sempre domenica, la speranza organizzata su larga scala.
La compagnia di re Artù Elio, straordinario pezzo unico dentro e fuori al gioco, è magnifica per coesione, impeto, virtù singole e di gruppo e si vede che si divertono, sono simpatici e tutto questo diventa contagioso in uno spettacolo di 2 ore e mezzo senza un attimo di noia, extravaganza che sfrutta di prodigioso affiatamento arricchita da un gioco luminoso di prima qualità.
Spamalot, al Teatro Nuovo fino al 6 gennaio